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EURASIA

A Samarcanda interessi divergenti di Cina e Russia

Al vertice della SCO di Samarcanda, i principali Paesi euroasiatici si sono incontrati per stabilire i loro interessi. La Cina inizia a scalpitare per la fine delle ostilità in Ucraina, come la Turchia e l'India, perché ha tutto l'interesse a commerciare con un'Europa ancora ricca. La Russia ha l'interesse opposto perché punta alla crisi dell'Europa. 

Esteri 19_09_2022
Xi Jinping e Vladimir Putin

Chiudendo il summit dell'Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO), il presidente dell'Uzbekistan, Shavkat Mirziyoyev, padrone di casa del vertice di Samarcanda, ha sottolineato che dall'evoluzione dell'organizzazione dipende anche la garanzia della sicurezza regionale e mondiale.

Affermazione quanto mai significativa se si considera che agli 8 stati membri (Russia, Cina, India, Pakistan, Uzbekistan, Tagikistan, Kazakhistan e Kirghizistan) che rappresentano oltre metà della popolazione mondiale e un terzo della ricchezza prodotta del mondo si è aggiunto l’Iran e presto si aggiungerà la Turchia (unica nazione membro della NATO) mentre tra partecipanti e osservatori si contano anche diversi stati del Medio Oriente. La SCO, nata nel 2001 come organizzazione multinazionale per la sicurezza, diventa sempre di più un polo d’attrazione politico-economico alternativo alle potenze occidentali, anche se gli Stati che la compongono hanno al loro interno confronti e dissidi non indifferenti.

Oltre a India e Pakistan, acerrimi rivali dalla loro costituzione come stati indipendenti, non si possono dimenticare le tensioni tra Cina e India (almeno in parte in via di risoluzione sul fronte caldo dell’Himalaya) o i recenti scontri di confine tra Tagikistan e Kirghizistan. La SCO assume quindi un valore crescente sul fronte della cooperazione geopolitica ed economica e non a caso la Turchia rivendica l’obiettivo di entrare a farne parte, puntando anche sul ruolo di mediazione ricoperto nell’attuale crisi ucraina. Ankara è decisa a mantenere una posizione equilibrata nel conflitto tra Russia e Ucraina e la sua mediazione costituisce «la risposta a Occidente e soprattutto all’America», ha detto il presidente turco Recep Tayyip Erdogan di rientro da Samarcanda.

La posizione turca, tesa a far terminare al più presto il conflitto in Ucraina, è condivisa anche dall’India (il premier indiano, Narendra Modi, ha detto che “oggi non è il tempo di fare la guerra”) e soprattutto dalla Cina, come è emerso nel colloquio tra Vladimir Putin e Xi Jimping in cui il presidente russo ha ammesso “le preoccupazioni” cinesi pur confermando gli impegni militari assunti con “l’operazione speciale” in Ucraina e il mantenimento degli obiettivi prefissati. Benché in Occidente siano state enfatizzate queste divergenze aggiungendovi che la Cina non è disposta a fornire aiuti militari a Mosca (che peraltro non sembra averne chiesti a Pechino) ed evidenziando il progressivo isolamento di Mosca anche in Asia, il dibattito tra le potenze dello SCO va probabilmente interpretato in un’ottica più pragmatica e meno “militante”, alla luce dei diversi interessi in gioco.

L'obiettivo strategico di russi e cinesi resta quello di arginare il sistema unipolare statunitense (che ha inglobato anche un’Europa incapace di assumere il ruolo di soggetto geopolitico) puntando a contrastare la penetrazione occidentale, anche con rafforzate intese militari e a potenziare la cooperazione finanziaria e commerciale su modelli basati sulle valute dei paesi dello SCO per rafforzare la “de-dollarizzazione” dell’economia globale. Ciò detto non c’è dubbio che la guerra stia determinando nuovi equilibri anche tra le principali potenze dello SCO, cioè Russia e Cina.  

L’impegno militare in Ucraina sta sbilanciando la Russia anche se Putin ha confermato che «stiamo combattendo solo con una parte delle forze armate» favorendo l’apertura di nuovi focolai di tensione nell’ex URSS. Dai citati scontri tra tagiki e kirghizi a quelli tra armeni e azeri alle pressioni degli ambienti nazionalisti georgiani per un’azione militare tesa a prendere il controllo dell’Ossezia del Nord (protetta dai russi), si moltiplicano i segnali inequivocabili di turbolenze che cercano di approfittare dell’impegno russo in Ucraina. La Cina intanto conferma la volontà di penetrare non solo economicamente, ma anche politicamente e militarmente nelle repubbliche ex sovietiche dell’Asia Centrale garantendo la sicurezza da “interventi esterni” (cioè russi) del Kazakistan, lo stato ex sovietico distintosi più di ogni altro nel mostrare freddezza per l’intervento militare russo contro Kiev.

Di fatto Pechino sostiene la Russia contro gi Stati Uniti e i loro alleati, percepiti come una minaccia anche dai cinesi, ma questo non significa che le due potenze non abbiano anche interessi divergenti che riguardano pure la guerra in atto e soprattutto le sue conseguenze macro-economiche. Se la guerra si protrae l’unica a uscirne sicuramente sconfitta è l’Europa, che a causa della crisi energetica rischia tra pochi mesi di non essere più la principale potenza economica mondiale né una potenza industriale. Per la Cina e l’India, che hanno rilevanti interscambi commerciali e investimenti con l’Europa questo significherebbe un danno non irrilevante anche tenendo conto che il tracollo europeo determinerebbe con ogni probabilità una recessione mondiale che minerebbe la crescita dei due giganti asiatici. Per questo Nuova Delhi e Pechino premono su Putin per fermare le ostilità, elemento che ingigantisce ulteriormente il ruolo della Turchia, anche se alle aperture di Mosca a un possibile negoziato per ora Kiev non sembra voler rispondere positivamente, puntando forse a ottenere nuovi successi militari.

La Russia ha invece tutto l’interesse a proseguire la guerra non solo perché è consapevole che l’Europa non può sopravvivere economicamente senza ampie forniture del suo gas, ma anche perché valuta che la crisi energetica farà traballare questo inverno molti governi europei con conseguenze che potrebbero minare la capacità e la volontà di continuare a sostenere con le armi l’Ucraina e la stabilità interna della NATO con possibili fratture tra gli Stati Uniti e i loro alleati da questa parte dell’Atlantico. La valutazione strategica di Mosca sembra puntare sul fatto che l’inverno accentuerà le frizioni tra Stati Uniti e i loro alleati europei, favorite peraltro dalla notizia che gli USA non intendono aumentare la produzione di gas per rifornire l’Europa per non far calare i prezzi compromettendo gli attuali super ricavi delle loro società del comparto energetico.

Su questo fronte non mancano poi già da ora le frizioni interne all’Europa e che colpiscono in modo particolare l’Italia dopo l’annuncio che la Francia sospenderà per due anni le forniture elettriche alla Penisola, iniziativa che potrebbero presto assumere anche Svizzera e Slovenia. La Russia ha quindi tutto l’interesse a prendere tempo sui fronti ucraini e non a caso Putin, a Samarcanda, ha detto ai giornalisti che l'operazione militare continuerà e che Mosca «non ha fretta di raggiungere i suoi obiettivi, che rimangono inalterati».