«A Gaza la più grande distruzione che abbia mai visto»
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Suor Nabila Saleh, religiosa egiziana da 13 anni a Gaza, descrive la tragedia per gli abitanti della Striscia, cristiani compresi, colpiti dalla reazione israeliana benché estranei ai gruppi terroristici. «Molti muoiono senza sapere il perché», dice alla Bussola.
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«Guardando fuori dalla porta della nostra casa non vedo altro che macerie e distruzioni. Case rase al suolo, abitazioni sventrate, palazzi abbattuti; mobili, suppellettili e tanti vestiti giacciono irrecuperabili sulle rovine. Una vera desolazione». Suor Nabila Saleh appartiene alla Congregazione delle Suore del Santo Rosario, un ordine religioso fondato nel 1880 da Joseph Tannous Yammin, un sacerdote del Patriarcato di Gerusalemme. Parla con voce pacata, ma con le lacrime agli occhi. È di origine egiziana, di Asyut, città che si affaccia sul Nilo. Da tredici anni è a Gaza assieme ad altre due consorelle e segue i ragazzi della scuola parrocchiale che porta il nome di Zahwa Arafat, una delle prime bambine ad averla frequentata. È stato il padre Yasser, l’ex presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, a donare il terreno alle suore per la costruzione di una scuola a Gaza. «Quella che stiamo vivendo è la più grande distruzione che abbia mai visto in vita mia. Non mi sarei mai aspettata tanto orrore». Suor Nabila vive nella struttura dell'unica chiesa cattolica dedicata alla Sacra Famiglia di Gaza. «In strada, vicino alla nostra parrocchia, c'erano tanti ragazzi che giocavano. Oggi non ci sono più. Molti di loro sono morti o si trovano ancora sotto le macerie, mentre i loro genitori scavano con le mani per tentare di ritrovarli».
A Gaza non vivono solo palestinesi musulmani. Ci sono anche cattolici e ortodossi. Quando gli israeliani sganciano i missili dagli aerei o lanciano razzi dai mezzi corazzati dal confine non considerano che a morire ci possano essere civili innocenti, compresi i cristiani, che non hanno nulla a che fare con i gruppi terroristici. Molti muoiono senza sapere il perché; mentre dormono o si trovano in strada. Quando vado a trovarli oppure li incontro spesso mi sento dire: "Perché il Signore ci sta punendo così? Perché il Signore non porta pace in questa terra martoriata?".
E lei cosa risponde?
In questa situazione è molto difficile far comprendere che non si tratta di una punizione divina. Siamo invitati, in questo momento, a saper cogliere da questi eventi tragici e dolorosi un ammonimento che riguarda tutti, siamo chiamati alla conversione.
E loro, come reagiscono?
Con tanta fede. Alla mattina o nel tardo pomeriggio partecipano alla messa con tanta intensità, e con molta devozione recitano il rosario. Rivolgendosi alla Madonna sanno di invocare una di loro, una che è nata e vissuta in questa terra.
E i bambini della sua scuola?
Quando incontrano le suore si avvicinano e baciano il rosario che tengono nella mano. Ci dicono di pregare per loro, per le loro famiglie oppure ci chiedono di recitare assieme un'Ave Maria.
Suor Nabila, i giovani come stanno reagendo?
Purtroppo molti sono morti. In un recente bombardamento hanno perso la vita ben diciannove ragazzi che frequentavano un nostro progetto, ideato e fortemente voluto dal Patriarcato. Un programma per prepararli a svolgere un lavoro e assicurare loro un futuro. Noi non abbandoneremo mai chi rimane a Gaza.
Ma esiste, per loro, un futuro nella Striscia?
Sfortunatamente, penso proprio di no. Un gran numero di giovani, quando ha la possibilità, scappa da questa terra, si sposta in Egitto, o in altre nazioni, per lavorare e studiare insieme.
Attualmente nelle strutture della chiesa vengono ospitate 730 persone. Molti gli anziani e i bambini. La situazione, giorno dopo giorno, diventa sempre più pesante. Manca l'acqua e i viveri iniziano a scarseggiare.
L'acqua mancava anche prima; veniva razionata. Ora invece non ci viene più fornita e siamo costretti a comperarla al mercato nero. Lo stesso per la corrente elettrica ...
Non avete un generatore?
Sì. Era stato installato nella scuola primaria. L’abbiamo preso e portato in parrocchia. Siamo stati avvertiti dai ragazzi che sorvegliano le nostre strutture che i miliziani di Hamas avevano l’intenzione di rubarlo. Per fortuna siamo arrivati in tempo.
Tra le persone ospitate nella struttura della parrocchia ci sono feriti?
Molti. Noi prestiamo le prime cure e poi ci affidiamo alla Provvidenza. Le medicine, infatti, non si trovano facilmente; l'ospedale funziona soltanto per i casi più gravi e per gli interventi chirurgici. Immediatamente dopo l’operazione i degenti vengono rimandati a casa per dare la possibilità ad altri di essere curati.
Suor Nabila, ma perché la gente ha scelto di restare?
E dove dovrebbe andare? Me lo chiedo ormai da due settimane. È tutto distrutto. Il novanta per cento delle abitazioni non esiste più. Ma anche gli abitanti di Gaza, come tutti, hanno dei diritti, sono delle persone in carne ed ossa. Noi viviamo nel distretto di Al-Zeitun, in una zona vicina all’ospedale anglicano Al-Ahli al-Arabi, dove sono morte 471 persone per l’esplosione di un razzo. È stato un grande boato. In quella struttura sanitaria c'erano rifugiati e tantissimi feriti. Ora, tutto intorno, non ci sono che macerie e distruzione.
Perché colpire un ospedale?
Difficile dare una risposta. Ogni giorno ci sono bombardamenti e sempre più intensi. I bambini ospiti nelle nostre strutture ci chiedono quando terminerà questo scempio. Vogliono ritornare nella loro scuola. Giocare. Sorridere. Per ora – conclude suor Nabila – è un sogno. Un'illusione. Ma siamo certi che il Signore e la Madonna non ci abbandoneranno.
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