16 morti e una chiesa incendiata in Congo
È il bilancio di un attacco a un villaggio attribuito al gruppo armato jihadista Adf di origine ugandese che da anni opera nell’est della Repubblica democratica del Congo
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Il gruppo armato Allied Democratic Forces (Adf) la mattina del 14 febbraio ha attaccato il villaggio di Ndalya, nella provincia orientale dell’Ituri, Repubblica democratica del Congo, uccidendo 14 civili e ferendone una decina, due dei quali sono deceduti in seguito per le ferite riportate. Era domenica, molte persone erano in chiesa per la messa ed è lì che i miliziani le hanno raggiunte e uccise. Poi hanno dato fuoco alla chiesa e, prima di essere messi in fuga dall’esercito sopraggiunto in serata, hanno saccheggiato molte proprietà. L’Adf è un gruppo formatosi nel vicino Uganda nel 1995, attivo anche nell’est del Congo. Nasce dall’unione di elementi radicali della setta islamica Tabliq e di combattenti Bakonjo del movimento secessionista Rwenzururu rinominatisi National Army for the Liberation of Uganda (Nalu). Nel 2013 si stima che ne facessero parte da 1.200 a 1.500 combattenti, da 1.600 a 2.500 membri includendo donne e bambini, e si era da tempo insediato a nord est di Beni, nella provincia orientale congolese del Nord Kivu. In seguito all’offensiva lanciata dall’esercito congolese e dai caschi blu della missione Onu Monusco nel 2013 e 2014 l’Adf di si è diviso in molte piccole cellule e ha trasferito donne e bambini a ovest di Beni e lungo il confine tra le province di Ituri e Nord Kivu. Da circa tre anni è diventato il gruppo forse più attivo e violento della regione, responsabile della morte di centinaia di persone. È compreso nell’elenco dei gruppi armati jihadisti. Benché non ci sia conferma di rapporti tra lo Stato Islamico e l’Adf, l’Isis nell’aprile del 2019 ha rivendicato un loro attacco come la sua prima azione terroristica nel paese, proclamando il Congo “Provincia centro africana del Califfato”.