Zan in aula il 13, tra numeri incerti e rischio tradimenti
M5s, Pd e Leu respingono la mediazione sul Ddl Zan, che arriverà in aula al Senato il 13 luglio. Lega e Fi accusano Letta di aver forzato la mano. Il leader dei Dem rischia con il voto segreto lo scacco di Renzi. I numeri sono incerti, ma nella forzatura giallorossa può aver pesato il sapere che qualcuno nel centrodestra tradirà, votando pro-Zan.
Come prevedibile, non è stata sufficiente la settimana voluta dal presidente Andrea Ostellari per trovare un accordo di maggioranza in Commissione Giustizia, al Senato. Il Ddl Zan arriverà direttamente in aula il 13 luglio, dopo che M5s, Pd e Leu hanno respinto la mediazione proposta e anche la richiesta di Forza Italia e Lega (appoggiata da Italia Viva) di spostare di 24 ore il voto sulla calendarizzazione. Bocciata la linea del dialogo tentata da Italia Viva e supportata dal centrodestra di governo.
Una prova muscolare dei giallorossi che hanno fatto orecchie da mercante di fronte all’appello di Matteo Renzi ad evitare la conta e trovare un accordo per rimuovere dal testo i passaggi più controversi. Pd, M5s e Leu sono convinti di avere i numeri al Senato per portare a casa la legge così com’è e superare agevolmente le forche caudine del voto segreto. Dem e pentastellati hanno continuato a bollare come “irricevibili” le modifiche proposte dai renziani Davide Faraone e Giuseppe Cucca e recepite dal leghista Ostellari e hanno blindato il discusso riferimento all’identità di genere.
Per le forze politiche il fallimento della mediazione è stato l’occasione per rinfacciarsi le responsabilità su un eventuale affossamento del testo a Palazzo Madama. Anna Maria Bernini, capogruppo di Forza Italia al Senato, ha accusato Enrico Letta di aver politicizzato il provvedimento, sottolineando come questa forzatura metta in difficoltà i berlusconiani disponibili a “parlarne facendo qualche piccola modifica” e che però, ora, non possono “obbedire al leader del Pd”. Secondo Matteo Salvini, se dovesse saltare “il nome e il cognome di colui che ha impedito che il Parlamento approvasse una legge per la tutela della libertà dell’amore e dei diritti civili è il signor Enrico Letta”. Toni decisamente più morbidi rispetto a quelli di Fratelli d’Italia per cui il Ddl Zan è “una legge liberticida” contro cui il partito della Meloni ha intenzione di utilizzare “tutti gli strumenti che il regolamento consente” perché “va modificata nella sostanza e non certo con un compromesso al ribasso”.
Per l’approdo in aula già si scalda Roberto Calderoli, veterano del Carroccio ed esperto dei regolamenti parlamentari, a cui ha fatto riferimento lo stesso Renzi per mettere in guardia il resto del centrosinistra dalla possibilità che, senza un accordo, la legge non abbia i numeri. Mago dell’ostruzionismo, il senatore leghista arrivò a far depositare più di 80 milioni di emendamenti alla proposta di riforma costituzionale Boschi nel 2015. È probabile che a Palazzo Madama, così come avvenuto a Montecitorio su richiesta di Fdi, la votazione finale sul provvedimento arriverà a scrutinio segreto.
Davvero il voto segreto può favorire un affossamento della legge, così come prospettato dagli esponenti di Lega, Forza Italia e Italia Viva? I numeri al Senato per l’ex maggioranza giallorossa sono incerti, come testimoniato dall’ultima fiducia last minute incassata dal Conte II lo scorso gennaio. In quel caso, però, mancavano all’appello i voti dei 17 renziani che questa volta, almeno ufficialmente e nonostante la mediazione ricercata, dovrebbero unirsi a quelli di M5s, Leu e Pd. Se facesse mancare allo scrutinio segreto i voti decisivi dei suoi, Renzi darebbe l’ennesimo scacco matto politico all’eterno rivale Letta: in uno scenario simile, infatti, il leader di Italia Viva avrebbe gioco facile per attribuire al segretario del Pd la responsabilità del fallimento di uno dei cavalli di battaglia di Largo del Nazareno.
Tra i senatori Dem, inoltre, non manca chi è scontento del Ddl Zan e anche chi ha il dente avvelenato con Letta (l’ex capogruppo Andrea Marcucci, costretto alle dimissioni con la scusa delle quote rosa) e potrebbe approfittarne per vendicarsi. La balcanizzazione del Movimento 5 Stelle, invece, non dovrebbe essere determinante a far pendere l’ago della bilancia a favore dei no. Quei pochi eletti tra le file grilline sensibili alle istanze del mondo cattolico hanno già lasciato il gruppo guidato da Ettore Licheri e si sono già accasati nel centrodestra. In realtà, non è da escludere che i voti mancanti nell’ex maggioranza giallorossa possano essere compensati dal soccorso di qualcuno dall’altra parte.
Il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, pur avendo personalmente tenuto sempre una linea coerentemente contraria al Ddl Zan, non ha potuto fare a meno di ricordare ieri che il partito “non è una caserma” e che “chi vuole votare per motivi di opinioni differenti lo faccia”, nella consapevolezza che la linea del presidente Berlusconi è quella del “no” a una legge con cui - ha detto l’ex presidente dell’Europarlamento - “la sinistra limita gli spazi di libertà, si obbligano le famiglie a fare determinate scelte”. Il paragone con la caserma è obbligato perché all’interno del gruppo di senatori berlusconiani c’è stato già chi ha dichiarato pubblicamente di supportare il Ddl Zan: lo hanno fatto Barbara Masini e Gabriella Giammanco, mentre la posizione favorevole della capogruppo Anna Maria Bernini - tradizionalmente vicina alle battaglie della comunità Lgbt - appare più sfumata dopo gli ultimi risvolti.
Spulciando tra i ‘cespugli’ del centrodestra c’è poi il caso di Coraggio Italia che non ha i numeri per formare un gruppo ma tra le sue file ha l’ex fedelissima di Berlusconi, Maria Rosaria Rossi, già protagonista della clamorosa fiducia al governo Conte II e della fallita esperienza di Europeisti. La senatrice ex FI è stata per anni vicinissima a Francesca Pascale, l’ex compagna del Cavaliere impegnata in piazza e sui social a favore del Ddl Zan. Già nel 2016, Rossi si dichiarò disponibile a votare per la Legge Cirinnà.
Insomma, dando un’occhiata alla composizione dei gruppi a Palazzo Madama non è da escludere che nella forzatura di ieri dei giallorossi abbia influito la convinzione di potercela fare anche in virtù di un eventuale soccorso di senatori eletti con il centrodestra. Renzi e la sua truppa, per l’ennesima volta durante questa tribolata legislatura, probabilmente saranno nuovamente determinanti. Se dovesse passare il Ddl Zan così com’è, cosa farà la Lega? Indiscrezioni avevano riportato di un ingresso in maggioranza ‘benedetto’ dal cardinale Camillo Ruini anche nella prospettiva di fare da argine contro fughe in avanti su temi più sensibili. Un’eventuale approvazione in scioltezza della legge sulla cosiddetta omotransfobia potrebbe aprire le porte ad un’accelerazione anche sul fronte della legge sull’eutanasia: i giallorossi, d’altra parte, avrebbero i numeri per portare a casa anche quella.