Xenotrapianti e cuore di maiale, risposte ai dubbi etici
Nel Maryland il primo trapianto di cuore di maiale, ma è lecito un cuore animale in una persona? Sì, rispettando alcune condizioni. Non tutti gli organi animali, però, sono moralmente trapiantabili perché, oltre ai possibili effetti negativi, bisogna considerare l’identità del soggetto. Ci viene in aiuto il Magistero.
C’è chi ha il cuor di leone e chi quello di maiale, ma non per questo ha meno coraggio. Come il signor David Bennett, che vive nel Maryland e che, seppur messo alle strette dalla penuria di cuori, ha comunque avuto la fermezza d’animo di farsi trapiantare un cuore espiantato da un maiale. L’alternativa era la morte. Il dottor Bartley Griffith, direttore del programma di trapianti del centro medico di Baltimora e autore dell’intervento, ha dichiarato: il cuore “funziona e sembra normale ma non sappiamo cosa succederà domani, non è mai stato fatto prima”. Il cuore è stato infatti geneticamente modificato soprattutto per evitare rigetti. Si è dovuto ricorrere ad un cuore animale a motivo della penuria di organi umani da cadavere.
La domanda è d’obbligo: è lecito trapiantare un cuore animale in una persona? Sì, nel rispetto di alcune condizioni. Altra domanda: è lecito trapiantare qualsiasi organo animale in una persona? No. Proviamo ad illustrare meglio il senso di queste risposte. In via preliminare ricordiamo che il trapianto, sia da uomo a uomo che da animale a uomo (chiamati, questi ultimi, xenotrapianti) che artificiali (esempio: un cuore artificiale), sono in sé leciti perché perseguono il fine eticamente buono di curare. Però nella valutazione di un’azione in sé buona occorre tenere in considerazione anche gli effetti indesiderati, ossia occorre mettere sul piatto della bilancia gli effetti positivi e quelli negativi, i benefici e i danni. Un caso lapalissiano: se il trapianto, voluto non per evitare la morte, comportasse un peggioramento della qualità della vita globalmente intesa, non sarebbe ragionevole eseguirlo, non sarebbe eticamente lecito sottoporsi allo stesso.
Focalizziamoci ora sugli xenotrapianti. Oltre agli ordinari effetti negativi propri di ogni intervento chirurgico che occorre tenere in considerazione, un limite importante a questo tipo di trapianti è quello che riguarda l’identità del soggetto. La violazione dell’identità personale potrebbe avvenire sia sul piano oggettivo, e qui ci troveremmo di fronte ad un’azione intrinsecamente malvagia, che soggettivo. Partiamo dal primo aspetto: si violerebbe l’identità personale laddove si dovessero trapiantare organi, tessuti o cromosomi legati all’unicum della persona del paziente (oltre al fatto che, nel caso di trapianto delle gonadi, la persona potrebbe generare un figlio biologicamente non proprio: uno strano caso di eterologa realizzata tramite rapporto sessuale). La natura dell’azione cambierebbe: da azione terapeutica a violazione dell’identità personale. Come nei trapianti da uomo a uomo, anche nei trapianti da animale a uomo non è lecito trapiantare organi che interessano l’identità fisica della persona: il cervello, la faccia, le gonadi, i cromosomi sessuali. Alcuni elementi fisici sono necessariamente connessi con la nostra identità, la informano. Ecco perché non tutti gli organi possono essere oggetto di trapianto.
Verrebbe però da chiedersi chi, ad esempio, desidererebbe un cervello da scimmia. Risposta: chi ha già un cervello da scimmia, cioè chi ragiona come una scimmia e vorrebbe perfezionare sul piano fisico questa transizione uomo à scimmia. A parte gli scherzi, gli xenotrapianti in futuro potranno essere l’evoluzione (o l’involuzione) naturale del fenomeno del transessualismo. Se è lecita la transizione tra i sessi perché dovrebbe essere riprovevole quella tra le specie? Se un maschio ora con la chirurgia desidera essere una femmina, nulla esclude che in futuro un uomo, sempre con l’aiuto della chirurgia, vorrà essere una scimmia, un gatto, un cane. C’è già qualcuno che ha modificato il proprio aspetto per assomigliare ad un felino, come la signora Jocelyn Wildenstein.
Ma torniamo agli xenotrapianti per scopi terapeutici. Ci può essere un vulnus alla sfera identitaria anche sul piano soggettivo, ossia psicologico. Il trapianto di cuore, ad esempio, non incide oggettivamente, cioè per sua natura, sull’identità della persona (non sarebbe un’azione intrinsecamente illecita), ma ciò può avvenire sotto l’angolatura soggettiva. E così alcuni trapiantati di cuore - ma altri no - potrebbero avere seri problemi ad accettare l’organo di un’altra persona o di un animale, perché avrebbero la percezione di essere “snaturati”, non più loro stessi, di vivere con un intruso nel proprio corpo. Questo rifiuto però dovrebbe essere superato laddove in gioco ci fosse la vita.
La ratio delle argomentazioni sin qui articolate trova conforto anche nel Magistero. Citiamo innanzitutto uno stralcio del Discorso di Sua Santità Pio XII ai membri dell'Associazione Italiana Donatori di Cornea e dell’Unione Italiana Ciechi del 1956: “Non si può dire che ogni trapianto di tessuti (biologicamente possibile) tra individui di specie diverse sia moralmente riprovevole; ma è ancor meno vero che nessun trapianto eterogeneo, biologicamente possibile, sia vietato o che possa sollevare obiezioni. È necessario distinguere i casi specifici ed esaminare quali tessuti o quali organi devono essere trapiantati. Il trapianto sull’uomo di ghiandole sessuali animali deve essere respinto come immorale; al contrario, il trapianto della cornea da organismo non umano a organismo umano non comporterebbe alcuna difficoltà morale, se fosse biologicamente possibile e indicato. Se l’assoluto divieto morale del trapianto dovesse fondarsi sulla diversità delle specie, bisognerebbe, logicamente, dichiarare immorale la terapia cellulare, attualmente praticata con frequenza crescente ogni giorno. Le cellule vive sono spesso prelevate da un organismo non umano e trapiantate in un organismo umano, dove esercitano la loro azione”.
Giovanni Paolo II si interessò anche lui del tema e rimandò a quanto già espresso da Pio XII: “in linea di principio, egli [Pio XII] diceva, la liceità di uno xenotrapianto richiede, da una parte, che l’organo trapiantato non incida sull’integrità dell’identità psicologica o genetica della persona che lo riceve; dall’altra, che esista la provata possibilità biologica di effettuare con successo un tale trapianto, senza esporre ad eccessivi rischi il ricevente” (Discorso del Santo Padre Giovanni Paolo II al 18° Congresso Internazionale della Società dei Trapianti del 2000).
Citiamo infine il Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II ai partecipanti al Convegno di studio organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita circa la liceità dello xenotrapianto del 2001 che mette l’accento sia sulle motivazioni che spingono allo xenotrapianto sia sul fatto che gli animali sono al servizio dell’uomo, seppur nel doveroso rispetto del creato: “La finalità del vostro lavoro è prima di tutto d’interesse umano, perché è suggerita dalla necessità di risolvere il problema della grave insufficienza di organi umani validi per il trapianto: si sa che tale insufficienza comporta la morte di un’alta percentuale di malati in lista d’attesa, i quali potrebbero essere salvati con il trapianto, prolungando così una vita ancora valida e sempre preziosa. Certamente il passaggio di organi e tessuti dall’animale all’uomo mediante il trapianto comporta problemi nuovi di natura scientifica e di natura etica. Ad essi voi avete portato attenzione con responsabilità e competenza, avendo a cuore contemporaneamente il bene e la dignità della persona umana, i possibili rischi di ordine sanitario non sempre quantificabili e prevedibili, l’attento riguardo per gli animali che è sempre doveroso anche quando si interviene su di essi per il bene superiore dell’uomo, essere spirituale creato ad immagine di Dio. […] La riflessione razionale, confermata dalla fede, scopre che Dio creatore ha posto l’uomo al vertice del mondo visibile”.