Woelki e Cordes: cardinali contro la deriva tedesca
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L'Arcivescovo di Colonia Woelki e la "tirata d'orecchie" ai confratelli per il Cammino sinodale che sta portando avanti in Germania l'agenda ultra progressista. Anche il cardinal Cordes, in un articolo di prossima pubblicazione, boccia l'assise che si sta avviando alla conclusione con la contrarietà di Roma.
Dell'Assemblea plenaria primaverile della Conferenza episcopale tedesca tenutasi a Dresda la scorsa settimana rimarrà soprattutto il sermone dell'arcivescovo di Colonia, il cardinale Rainer Maria Woelki, che ha invitato i suoi confratelli vescovi a tornare all'essenziale e a riprendere a predicare «la necessità di convertirsi a Dio e alla sua volontà». Nel testo pronunciato dal porporato era difficile non leggere una critica alla linea maggioritaria nell'episcopato tedesco che ha trovato espressione nel Cammino Sinodale in procinto di conclusione. Le riforme propugnate nell'assise, infatti, sono stata presentate sin dall'inizio come una risposta necessaria alla crisi degli abusi nella Chiesa.
Tuttavia, questo punto di partenza non ha impedito ai lavori del Cammino di affrontare temi ed arrivare a conclusioni che poco hanno a che vedere con il problema reale delle violenze commesse da chierici. Contro queste posizioni si sono alzate in queste anni le voci di chi ha accusato il percorso sinodale di utilizzare la lotta contro gli abusi per ridisegnare la dottrina e la Chiesa in generale seguendo l'agenda ultra-progressista.
Woelki ha tirato le orecchie ai suoi confratelli, esortandoli a cercare di «prendere coscienza dei nostri peccati non per odio verso noi stessi, ma per amore a Dio». Il sermone del cardinale ha inchiodato la Chiesa tedesca alla sua responsabilità di aver trascurato il compito di «rispondere sempre meglio e sempre di più alla volontà e alle intenzioni di Dio».
Nonostante le rassicurazioni del presidente della Conferenza episcopale, monsignor Georg Bätzing, il Cammino Sinodale tedesco verrà ricordato soprattutto come un tentativo di smarcamento da Roma con l'intento di lanciare una sorta di Chiesa nazionale liquidato da Francesco con una battuta piuttosto efficace: «In Germania c’è una Chiesa evangelica molto buona. Non ce ne vogliono due». Che i lavori del percorso siano andati oltre i binari ammessi da Roma lo dimostra il fatto che pochi mesi fa l'allora prefetto del Dicastero dei vescovi, il cardinale Marc Ouellet, avesse chiesto senza successo la sospensione dei lavori.
Tra i punti d'attrito con la Santa Sede, la proposta approvata sulla creazione di un consiglio sinodale permanente per la Chiesa in Germania, composto da vescovi e laici. In una lettera del 16 gennaio i cardinali Parolin, Ouellet e Ladaria hanno confermato a cinque vescovi tedeschi la non obbligatorietà a partecipare al gruppo di lavoro che dovrà preparare il terreno all'istituzione di quest'organismo. I tre capi dicastero, con l'approvazione di Francesco, avevano spiegato in quella missiva che «nè il Cammino sinodale, né un organismo da esso istituito, né una conferenza episcopale hanno la competenza di istituire il Consiglio sinodale a livello nazionale, diocesano o parrocchiale».
Ora, contro la realizzazione di quest'organismo votato nelle sessioni del Cammino si è schierato apertamente un cardinale tedesco residente in Vaticano da decenni, il presidente emerito di Cor Unum Paul Josef Cordes. Il porporato, molto vicino a Joseph Ratzinger, ha motivato la sua contrarietà in un articolo che sarà pubblicato ad aprile sulla rivista - già cara a Benedetto XVI - "Klerusblatt" e che La Nuova Bussola Quotidiana ha potuto visionare in anticipo.
In esso, Cordes ha denunciato come «l'identità mutilata del vescovo (...) emerge anche nel cammino sinodale tedesco» da cui appare «privato di specifici mezzi di grazia» e perdendo «la sua speciale responsabilità e autorità nella diocesi». Il cardinale ha criticato la proposta del consiglio sinodale ritenendo che «ancora più deplorevole della riduzione del ministero spirituale a categorie politico-empiriche» sia «l'autosecolarizzazione ecclesiastica attraverso il nuovo modello che viene offerto» dove «si omette un riferimento formale a Dio per l'istituzione e la guida della comunità di fede» mentre, invece, «nella liturgia dell'ordinazione episcopale, (...) la Chiesa chiede per il candidato “la potenza che viene da te, o Padre, il tuo Spirito che regge e guida" attraverso l'imposizione delle mani e la preghiera».
L'articolo dell'ex sodale di Benedetto XVI ricorda che «secondo la fede della Chiesa, tuttavia, tale richiesta è più di un pio desiderio» perché «in essa si celebra un sacramento», concludendo dunque che «la leadership della Chiesa ha formalmente bisogno dell'aiuto di Dio». Una bocciatura senza se e senza ma dell'idea di un consiglio sinodale permanente dove il parere dei vescovi potrebbe persino essere ribaltato in caso di voto contrario di 2/3 della maggioranza.