«Vivevo come un uomo: le terapie mi salvarono»
Il governo Trudeau vuole criminalizzare le terapie riparative e gli aiuti per chi soffre di problemi di identità sessuale e desidera riconciliarsi con il proprio sesso. Kathy Duncan ai legislatori: «Ho vissuto come un uomo per 11 anni e soffrivo, i sostegni della Chiesa mi hanno riconciliata con me stessa, ora sono in pace. Vietando questi percorsi sopprimete la libertà di scelta».
«Sono nata femmina ma prima di compiere 5 anni ho cominciato a pensare che fossi nata nel corpo sbagliato e volevo essere un maschio, mentre crescevo volevo essere un maschio e soffrivo per la disforia di genere». Comincia così il video di Kathy Grace Duncan, una donna canadese vissuta per undici anni fingendo di essere un uomo. La sua testimonianza, lanciata da Lifesitenews, è diretta ai governatori del suo Pese che, in nome della libertà e della tolleranza, in questi giorni sono chiamati a votare un disegno di legge liberticida.
Infatti, dopo aver voluto l’eutanasia selvaggia, senza possibilità di obiezione di coscienza, il governo di Trudeau, fra i più progressisti dell’Occidente, ha annunciato che inasprirà il disegno di legge C-8 che criminalizza le terapie ripartire, ossia qualsiasi aiuto psicologico o spirituale offerto a chi soffre di attrazioni per persone dello stesso sesso o di disforia di genere e vuole riconciliarsi con il proprio sesso di nascita. Non solo, perché nella norma si parla di nuovi reati. Le sanzioni peggiori sono per chi sottopone un minore a terapia riparativa, ma anche per chi portasse fuori dal Paese un minore per permettergli di sottoporsi a tale terapia (si va dai 2 ai 5 anni di carcere). Viene poi autorizzata la censura di annunci dei percorsi di sostegno dai sistemi informatici o da Internet.
Secondo il governo infatti un aiuto in questo senso «danneggia e stigmatizza le persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender, queer…mina la loro dignità e incide negativamente sui loro diritti di uguaglianza». "E i diritti degli altri?", verrebbe da chiedersi. E infatti Duncan afferma il contrario parlando di una grande sofferenza dentro il disagio di non riuscire ad accettare la propria femminilità e di una grande pace grazie alle cure, non dei sintomi, ma delle cause del suo malessere.
«Sono nata femmina - ribadisce ai legislatori - ma prima dell’età di 5 anni ho pensato che fossi nata nel corpo sbagliato e volevo essere un maschio…La mia vita era anormale assistevo agli abusi di mio papà verso mia madre e cominciai a credere al messaggio per cui le donne sono odiate, vulnerabili e deboli». Quando Duncan aveva 7 anni nacque suo fratello, coccolato e adorato da padre, motivo per cui pensò che «come donna potevo essere rimpiazzata da un maschio». A ciò si aggiunse il fatto che «dall’età di 10 fino a quella di 12 anni fui molestata da un membro della mia famiglia e ciò confermò la bugia sul fatto che le donne erano odiate, vulnerabili e deboli». Perciò, «non volendo essere nessuna di queste cose» e «all’età di 19 anni cominciai a prendere gli ormoni maschili, cambiai il mio nome e cominciai a vivere come un uomo».
Più tardi però dei conoscenti le parlarono di Gesù, a cui «chiesi di diventare il mio Signore e Salvatore», ma «non sapevo ancora rispondere alla sua volontà sulla mia vita». Inoltre, «mentre continuavo a vivere come un uomo, caddi nella dipendenza da pornografia e in relazioni malate che mi facevano male…ma una notte il Signore mi chiamò e mi disse: “Vuoi ora?”. Sono convinta che il Signore mi stava chiedendo di tornare a Lui. A quel punto non avevo più nulla da perdere e dissi: “Sì Signore, lo voglio”. Dopodiché fui liberata dalla dipendenza da pornografia…incontrai Gesù e capii che dovevo tornare la donna che il Signore aveva creato».
Duncan ha spiegato chiaramente quanto sia ingiusto vietare a quanti lo desiderano di ricevere tali terapie, perché «ho trovato speranza e guarigione nella Chiesa…trovai un ministero di discepolato (un percorso di fede per guarire dalle ferite dell’identità, ndr) di guarigione, di ricostruzione e di grande pace», senza cui oggi «non riuscirei a vivere il mio sesso biologico in salute e pienezza». Ma la donna ha aggiunto anche la falsità delle “terapie” che, al contrario, assecondano la confusione: «Dare ormoni a chi soffre di disforia di genere è dare solo una terapia per i sintomi, non una cura». E appellandosi alla coscienza dei politici ha continuato: «Votando no (al disegno di legge, ndr) lascerai che la speranza continui per chi come me cerca una consulenza o un ministero o un aiuto nella Chiesa», mentre vietando tutto ciò «il diritto della persona di scegliere il percorso che vuole sarà negato…Ho vissuto come un uomo per 11 anni e ne sono uscita 27 anni fa. Il cambiamento è possibile, lo so, perché sono cambiata».
È così che Duncan ha mostrato il vero volto, tirannico, del progressismo che parla di libertà e di diritto della persona a fare ciò che gli pare e piace, mentre vieta qualsiasi possibilità di scegliere una strada che sbugiardi la sua tesi. Quella per cui non c’è nulla di oggettivo e tutto è opinabile e relativo. A dire la forza di repressione di un sistema che teme ogni dimostrazione che si possa vivere nella verità. E quindi liberi dal potere.