Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Luigi Maria Grignion di Montfort a cura di Ermes Dovico
IL CASO

Vietato il Gay pride. Ma succede in Uganda

Ogni anno, in Uganda, la comunità Lgbt celebra non un Gay Pride day, ma una Gay Pride Week, un’intera settimana di manifestazioni che si conclude con una sfilata. Ma non quest’anno. Il 4 agosto, due giorni dopo l’inizio della Gay Pride Week 2016, la polizia ha arrestato i partecipanti con l’accusa di raduno illegale. 

Esteri 14_08_2016
Il Gay pride in Uganda

Quando nel 2014 ha adottato una legge che inaspriva le pene nei confronti degli omosessuali, l’Uganda ha subito severe sanzioni. Gli Stati Uniti e diversi Stati europei hanno subito congelato parte dei loro aiuti finanziari al Paese. La Banca Mondiale, tra l’altro, ha sospeso un prestito di 90 milioni di dollari destinato al servizio sanitario. 

Tuttavia il governo ugandese ha resistito denunciando  l’«imperialismo sociale» dell’Occidente e affermando il proprio dovere di rappresentare la volontà e i sentimenti della popolazione. Qualche mese prima una ricerca svolta dal Pew Reaseach Center aveva rivelato che il 96% degli ugandesi considerano l’omosessualità inaccettabile. Come unica concessione, nel 2015 l’Uganda ha eliminato il divieto di promozione della omosessualità» e la condanna all’ergastolo per il reato di «omosessualità aggravata». In effetti, però, la legge non deve essere così temibile o forse c’è un certo margine di tolleranza sia da parte delle forze dell’ordine che della popolazione. 

Sta di fatto che ormai da cinque anni la comunità Lgbt ugandese celebra non un Gay pride day, ma una Gay Pride Week, un’intera settimana di eventi e manifestazioni che si conclude con una sfilata.  Ma non quest’anno. Il 4 agosto, due giorni dopo l’inizio della Gay Pride Week 2016, la polizia ha fatto irruzione in un club ordinandone la chiusura e fermando i presenti con l’accusa di partecipazione a raduno illegale perché nel locale si stavano celebrando dei matrimoni tra omosessuali che la legge vieta. Il giorno successivo il ministro dell’Etica e dell’Integrità, Simon Lokodo, ha poi proibito ogni altro evento gay in programma nel resto della settimana e ha cancellato la sfilata conclusiva che per la prima volta si sarebbe svolta nella capitale Kampala e alla quale si calcolava avrebbero partecipato circa 300 persone provenienti anche da Stati vicini. 

Il ministro Lokodo che, come molti mass media hanno tenuto a sottolineare, è un sacerdote cattolico scomunicato nel 2006 quando ha deciso di intraprendere la carriera politica, ha così motivato la propria decisione: «nella nostra cultura tutto ciò che riguarda la sessualità è riservato, la vita sessuale si svolge in privato, confidenzialmente, nascosta alla vista da quattro pareti. È inaccettabile che l’omosessualità venga invece ostentata e praticata dove quando e con chi si vuole». Con o senza l’approvazione internazionale e sfidando le lobby Lgbt, il governo ugandese sembra deciso a difendere il Paese da influenze che reputa pericolose. 

Il 10 agosto ha annunciato un altro provvedimento destinato a far discutere. Janet Museveni, ministro dell’Educazione nonché first lady, ha ordinato la chiusura di una catena di scuole elementari private, le Bridge International Academies, sostenendo che non rispettano gli standard richiesti. Lo ha fatto in seguito alle denunce di alcuni parlamentari secondo i quali le Bridge International Academies promuovono l’omosessualità e altri comportamenti riprovevoli. La direzione della scuola non ha replicato per ora alle accuse, ma ha fatto osservare che la chiusura degli istituti oltre a lasciare senza lavoro 800 persone compromette il futuro di 12.000 bambini ugandesi. Le Bridge International Academies, aperte in molti paesi africani, sono, infatti, scuole poco costose, pensate per i figli di famiglie povere. 

Un’altra iniziativa del governo non riguarda direttamente gli Lgbt, ma è comunque criticata da molti come un’ulteriore ingerenza nella sfera privata, in violazione delle libertà personali. Su segnalazione di alcuni genitori indignati, il 10 agosto è stato ordinato il sequestro in una scuola elementare, la Greenhill Academy, di tutte le copie di un romanzo di Jacquelin Wilson, popolare scrittrice inglese di libri per l’infanzia. Il romanzo si intitola “Love lessons”, lezioni d’amore, e racconta la storia di un ragazzo di 14 anni che si innamora della propria insegnante. Contiene scene di sesso giudicate inadatte per bambini di scuola elementare.   

Proprio in questi giorni, infine, il governo ha riferito che finalmente è stato possibile mettere nel bilancio un fondo per la creazione di un comitato antipornografia e inoltre che è stata acquistata un’apparecchiatura antipornografia che, una volta installata, dovrebbe individuare materiale pornografico pubblicato su cellulari e computer e consentirà di perseguire chi lo produce e lo diffonde. Queste e altre iniziative del governo ugandese vanno considerate ricordando che il Paese sta combattendo, come può e come sa, anche con mezzi che non tutti approvano, una guerra che non può permettersi di perdere: quella contro il virus Hiv e l’Aids. È stato il Paese più colpito dalla malattia a livello mondiale, ma è quello che ha ottenuto i risultati migliori passando dall’oltre 21% di sieropositivi negli anni 80 all’attuale 7,4%. 

Molto si deve alla scelta, resa fattibile grazie alla convinta adesione del governo, di combattere l’Aids con un metodo difficile, ma dai risultati più concreti e duraturi: il cosiddetto metodo Abc, dall’acronimo inglese. A come Abstinence, astinenza o dilazione del primo rapporto sessuale, B come Being faithfull, fedeltà ovvero riduzione del numero dei partner e C come uso corretto e continuato del Condom, una strategia secondaria per chi non vuole o non può praticare astinenza o fedeltà.