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UN NUOVO CASO

Via Omero e Virgilio, Oxford si unisce al suicidio culturale

L’Università di Oxford vuole che lo studio dei classici latini e greci sia solo opzionale. Aiuterebbe, dicono, «ad affrontare la disparità di genere». Omero e Virgilio sessisti? Alcuni studenti insorgono, e a ragione. L’iniziativa dell’ateneo inglese è figlia di quel pensiero moderno occidentale che odia le sue radici, e quindi la cultura greca, romana e cristiana.

Attualità 10_03_2020

Omero e Virgilio sono persone non più gradite presso l’Università di Oxford. Si fossero laureati lì, avrebbero tolto loro la laurea. Il prestigioso ateneo inglese vuole rendere lo studio dei classici latini e greci non più obbligatorio, ma solo opzionale. E questo dopo che, per 900 anni, l’Iliade, l’Odissea e l’Eneide erano stati testi obbligatori nel piano di studi dei discenti. Togliere Omero e Virgilio dai corsi obbligatori è come eliminare gli esami di Analisi 1 e 2 dal curriculum studiorum degli ingegneri, come ritenere facoltativo lo studio della tavola periodica degli elementi nelle facoltà di Chimica. Per fortuna alcuni studenti sono insorti contro tale decisione.

Il motivo che avrebbe indotto a considerare i classici come elementi opzionali per la formazione dei futuri letterati è plurimo. Da una parte ciò aiuterebbe «ad affrontare la disparità di genere», fanno sapere da Oxford. Tradotto: Omero e Virgilio sarebbero sessisti, misogini e affetti da machismo. In secondo luogo Oxford già da tempo aveva aderito alla campagna “Perché il mio curriculum è bianco?”. In breve, proporre l’Odissea e l’Eneide sarebbe una scelta eurocentrica. L’Unione nazionale degli studenti aveva appoggiato tale campagna dichiarando che «l’educazione che riceviamo è stata ampiamente modellata dal colonialismo e pone scrittori e pensatori bianchi eurocentrici al di sopra degli altri senza molta preoccupazione». Il solito cliché: sei bianco, maschio ed eterosessuale? Allora rappresenti la feccia della umanità. La campagna aveva dato i suoi frutti: ecco un bell’esame obbligatorio sulla storia africana, mediorientale, indiana e asiatica. Dunque vi diamo un Omero e in cambio ci prendiamo un Chinualumogu Achebe.

L’iniziativa dell’ateneo inglese non è nuova nel panorama universitario. Alla fine degli anni Ottanta l’università di Stanford mise al bando Dante, Omero, Platone, Aristotele, Shakespeare e altri giganti del pensiero occidentale. Il motivo? Secondo alcuni docenti, che giganteggiavano invece per insipienza, questi autori erano «razzisti, sessisti, reazionari». Ecco dunque praticare iniezioni agli studenti di letteratura minore e alternativa, ma politicamente corretta.

Cinque anni fa il Comitato universitario sul multiculturalismo istituito presso la Columbia University applicò alle Metamorfosi di Ovidio un trigger warning, ossia un avviso di pericolosità, come quello che trovate sui pacchetti di sigarette, perché il testo «contiene materiale offensivo e violento che marginalizza le identità degli studenti nella classe». Insomma Ovidio nuoce gravemente alla salute mentale. Qualche giorno fa Yale ha mandato in soffitta il corso di “Introduzione alla Storia dell’arte, dal Rinascimento a oggi” e verrà sostituito da un corso più attento a «genere, classe e razza».

Molte le riflessioni che si potrebbero applicare a queste vicende. Ne scegliamo due. La prima: l’occidentale odia se stesso, le proprie radici, le proprie tradizioni. C’è una volontà lucida di suicidarsi culturalmente, di cancellare la propria identità. Ecco il livore profondo verso qualsiasi posizione che voglia tutelare il portato culturale e storico di una nazione, di un popolo. Tutto deve essere liquefatto nell’acido del “genere”, dell’inclusività, del pluralismo. In realtà il multiculturalismo, il femminismo, l’etnofilia non sono fini, bensì mezzi. Dietro questi sforzi di impiccare Dante e Omero con la corda del politicamente corretto non c’è una vera adorazione del diverso, del lontano, bensì si nasconde la volontà di uccidere l’identità occidentale, di sottoporre ad eutanasia la cultura cristiana-greca-romana. Guerra quindi alla religione cristiana, al pensiero filosofico greco e al diritto romano che, guarda caso, era tutto fondato sul diritto di famiglia (quindi guerra alla famiglia).

Uscendo dall’ambito letterario e filosofico, questo diffuso cupio dissolvi si cristallizza nella volontà di uccidere il non nato e il non morto, di uccidere la famiglia con divorzio e unioni omosessuali, di uccidere l’amore sponsale con la fecondazione artificiale. Omero, Virgilio, Dante, Shakespeare sono i nostri avi, nel nostro sangue scorre la loro visione del mondo che è diventata la nostra, sono entrati nel nostro DNA culturale e sociale, fanno parte della storia di ciascuno di noi. Non ci serve la contaminazione culturale di qualche sconosciuto autore cambogiano per essere più noi stessi.

Questo ultimo inciso ci aiuta ad articolare un secondo pensierino. Quando Stanford, come ricordato, pensò bene di gettare nella fossa Dante e Shakespeare, il Premio Nobel per la Letteratura Saul Bellow ammise di ignorare «l’esistenza di un Tolstòj tra gli zulù o di un Proust in Papuasia». Affermazione che gli avrebbe meritato un secondo Nobel, a parer nostro.

Ci rendiamo conto che l’argomento che vorremmo qui di seguito esporre è quanto mai urticante: se dobbiamo ammettere che non tutte le persone hanno il medesimo tasso di cultura - forse che lo scrivente può vantare una profondità e sensibilità pari a quella di Shakespeare? - perché non ammettere anche che non tutte le popolazioni hanno il medesimo tasso di cultura, ossia che non tutte le culture sono qualitativamente uguali in termini di profondità, di articolazione del pensiero, di sensibilità artistica, cioè in termini di verità sull’uomo, sul mondo e su Dio (contenuto) e in termini di capacità di esprimere questa verità (forma)?

Ciò non significa che anche le culture non occidentali siano prive di altissime espressioni artistiche e filosofiche, ma la cultura occidentale, nelle sue radici e non certo per i frutti odierni, è  - bestemmia a dirsi - superiore ad esse non solo alla prova dei fatti - un Michelangelo, un Bach e un Socrate sono figure introvabili altrove - ma anche perché il cristianesimo ha informato la cultura greca-romana. E la cultura (autenticamente) cristiana è migliore delle altre perché trova la sua genesi in Cristo, che è Dio. Cristo che, proprio per i motivi prima esposti, è da un pezzo che nelle università ha fatto la stessa fine di Omero e Virgilio.