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ELEZIONI

Vescovi al traino del Pd, l'Abruzzo insegna

In vista delle elezioni regionali una nota del vescovo di Chieti presenta un programma politico a base di immigrazioni, poveri e ambiente; e il suo confratello di Pescara ancora più esplicito nell'invitare i suoi preti a votare Pd. Ma è tutto qui ciò che la Chiesa sa proporre? Oppure è soltanto una passerella per fare bella figura con il Papa?

Editoriali 28_01_2019
Monsignor Bruno Forte

Viene proprio da chiedersi: se avevano tanta voglia di fare politica, perché hanno scelto la strada del sacerdozio? Oppure è che nel centenario del famoso “Appello ai liberi e forti” di don Luigi Sturzo, anche tanti vescovi si sono montati la testa?

Abbiamo parlato nelle scorse settimane delle tante manovre per un partito dei vescovi (clicca qui e qui), ora abbiamo anche vescovi che si impegnano direttamente nelle elezioni regionali, ovviamente a sostegno del Pd ma soprattutto contro la Lega. Stiamo parlando dell’Abruzzo, di monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto e teologo molto vicino a papa Francesco. Nei giorni scorsi ha pubblicato una nota in vista delle regionali e delle comunali che per l’Abruzzo sono previste il prossimo 10 febbraio. I partiti non sono mai nominati ma il messaggio è chiaro: in cima alle priorità ovviamente gli immigrati: o si accoglie tutti senza se e senza ma oppure non si è buoni cristiani, ci dice in sostanza monsignor Forte. E poi, l’impegno per i poveri, il lavoro dei giovani, la sanità – «che non va gestita secondo una logica aziendale» -, e l’ambiente, con il problema dei rifiuti, la gestione delle acque e l’incentivazione delle fonti rinnovabili.

Monsignor Forte è anche il presidente della Conferenza episcopale di Abruzzo e Molise e quindi la sua nota ha un valore che va oltre la sua diocesi. E infatti il vescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti, si è subito esposto entusiasta a sostegno della presa di posizione di monsignor Forte. Di più, Valentinetti è stato ancora più esplicito parlando ai vicari foranei della sua diocesi durante il ritiro mensile del clero lo scorso 15 gennaio a Montesilvano: «Si deve votare Partito Democratico», ha detto senza mezzi termini. Come se qualcuno potesse dimenticare.
Magari sono gli stessi che a suo tempo criticavano il cosiddetto “collateralismo” nei confronti della Democrazia Cristiana.

Ora, quello che però un semplice fedele è portato a chiedersi è: ma davvero davanti a un evento come le elezioni amministrative l’unica cosa che hanno da proporre i vescovi sono un elenco di rivendicazioni politiche, di cui peraltro – lo si capisce dal modo in cui scrivono – hanno una competenza pari a zero? La testimonianza cristiana si riduce soltanto ad accogliere i migranti, proporre la raccolta differenziata e mantenere la gestione dell’acqua nelle mani dello Stato? Fosse così, sarebbe davvero inutile frequentare la chiesa e andare a messa, tanto vale andare direttamente ad iscriversi al Pd.

Oltretutto nel testo di monsignor Forte si fa riferimento alla Dottrina sociale della Chiesa, ma è soltanto una foglia di fico perché in realtà dei princìpi della Dottrina sociale non troviamo granché in queste frasi che sembrano più che altro slogan appiccicati l’uno all’altro. Pensiamo solo alla ossessione sui migranti: monsignor Forte inizia dal dovere di rispettare la «dignità di ogni persona umana, quale che sia il colore della sua pelle, la sua storia, la sua provenienza. Da un tale rispetto conseguono i doveri di solidarietà verso i più deboli e di accoglienza verso chi bussa alle nostre porte, fuggendo spesso da fame o violenza alla ricerca di un futuro migliore per sé e i propri cari». Ma il “dovere di solidarietà” non implica l’eliminazione dei confini nazionali, come questi vescovi vorrebbero, né la cancellazione della distinzione tra migranti regolari e irregolari; e la Dottrina sociale della Chiesa non ha nulla a che vedere con la condanna dell’«atteggiamento identitario». Al contrario, una identità chiara è la precondizione per un’accoglienza che punti all’integrazione di quanti sono ammessi a immigrare.

Cosa farebbe monsignor Forte se un giorno gli comparisse nel suo episcopio di Chieti, che so, il povero vescovo di San, in Mali, che pretende di condividere la guida della diocesi di Chieti, perché a San si soffre la fame? Gli direbbe davvero «Prego, si accomodi, resti con me e consideri questa la sua diocesi?».

E poi, il rispetto per la «dignità di ogni persona umana» deve restringersi soltanto agli immigrati e ai poveri? In Abruzzo ci sono già circa 90mila stranieri, pari al 6.5 della popolazione, e non risultano maltrattamenti o peggio nei loro confronti. Ma tra Abruzzo e Molise – ci dicono i dati diffusi la settimana scorsa dal ministero della Salute – nel 2017 ci sono stati 2.014 aborti, il 54% dei quali da donne nubili. Oltre duemila morti in un anno in Abruzzo e Molise, in un contesto di disgregazione della famiglia. La dignità che si deve a ogni persona umana non dovrebbe riguardare anche queste vittime innocenti? Ma di questa ecatombe guai a dire nulla, è un argomento troppo divisivo. Come nulla si dice della denatalità, causa importante della stagnazione economica attuale: si parla di mancanza di lavoro, ma non si menziona la causa.

Ma ecco il problema: questi vescovi cercano l’applauso del mondo; cercano l’amicizia dei politici immigrazionisti e poco importa se sono gli stessi che parlano di “aborto come diritto” e cercano di cancellare la possibilità ai medici di fare obiezione di coscienza; e soprattutto questi vescovi vogliono fare i bravi davanti al Papa, che sugli immigrati martella ogni giorno: chissà che non ci scappi qualche promozione al prossimo giro.