Vescovi africani denunciano la corruzione dei loro governi
I vescovi di Kenya, Sudafrica e Nigeria denunciano la corruzione dei loro governi. L'occasione è fornita dalla gestione degli aiuti internazionali per affrontare la pandemia di Covid-19. In Kenya i vescovi ed esponenti di altre confessioni denunciano il furto di aiuti medici e finanziari. In Sudafrica il cattivo utilizzo dei fondi. In Nigeria una corruzione onnipresente che mina la sanità locale. Colpa dell'Occidente?
I vescovi italiani dovrebbero ascoltare i colleghi africani quando denunciano la corruzione come la prima emergenza da combattere in tutto il continente invece di fidarsi di quel che dicono le cooperative e le organizzazioni non governative che continuano ad accusare dei problemi africani il resto del mondo, a descrivere un’Africa vittima dell’Occidente, sfruttata e depredata dalla globalizzazione.
Nei giorni scorsi sono stati i vescovi di Kenya, Sudafrica e Nigeria a prendere la parola per protestare contro i danni della corruzione nei rispettivi paesi, per raccomandare soprattutto ai governanti e alle persone che ricoprono cariche pubbliche di combatterla. L’occasione in Kenya è stata la scoperta che un notevole quantitativo di materiale sanitario – termometri, mascherine chirurgiche, guanti… – donato al paese è stato rubato e che parte dei fondi ricevuti per far fronte all’epidemia di COVID-19 sono spariti. “Siamo sconvolti dalla spirale folle della corruzione incontrollata nella nostra nazione – si legge nella dichiarazione che è stata condivisa dai rappresentanti delle principali confessioni religiose del paese e il cui testo è pervenuto all’agenzia di stampa Fides – tutto ciò è immorale ed è contrario agli insegnamenti di Dio, e lo condanniamo totalmente. Sappiamo che il Paese ha ricevuto più di 190 miliardi di scellini keniani (circa 1.482.000.000 euro) per far fronte alla pandemia di Covid-19. Tuttavia si riscontra una mancanza di trasparenza e responsabilità nella spesa di questi fondi, che ha dato credito alle accuse secondo cui la maggior parte del denaro è stata sottratta. È inconcepibile per noi che un keniano possa tramare per rubare denaro destinato a salvare le vite dei propri compatrioti! Le denunce di corruzione che toccano i fondi Covid-19 sono una condanna dell'Esecutivo e del Parlamento, che hanno giurato di proteggere le vite e le risorse dei kenyani. Vi ricordiamo che ogni volta che favorite la corruzione non esercitando il vostro mandato di supervisione, state infrangendo il vostro giuramento”.
I fondi ricevuti dal ministero della sanità in realtà sono molti di più. Dalla sola Banca Mondiale sono arrivati 30 milioni di dollari per l’emergenza coronavirus eppure il personale sanitario lamenta la mancanza di dispositivi protettivi e di tamponi. Il ministro della sanità Mutahi Kagwe ha dovuto ammettere l’esistenza di “soggetti corrotti” e ha promesso di portare tutti i colpevoli davanti alla giustizia. Ma i kenyani non ci hanno creduto dal momento che lui stesso è implicato in casi di uso quanto meno improprio di denaro pubblico.
Anche i vescovi del Sudafrica sono scesi in campo dopo la rivelazione che i fondi stanziati dal governo per l’emergenza COVID-19 sono stati spesi male e in parte, cosa altrettanto deplorevole, ancora non sono stati utilizzati. Si tratta di una cifra che è stata definita “spaventosa”: 26 miliardi di dollari pari al 10 per cento del Pil del paese. Il revisore generale dei conti Kimi Makwetu sostiene di avere le prove di frodi, costi gonfiati, acquisti di materiale scadente, accordi sospetti tra funzionari governativi e ditte produttrici di presidi sanitari, persino irregolarità nella distribuzione dei pacchi di aiuti alimentari ai poveri.
Il 28 agosto monsignor Sithembele Sipuka, vescovo di Mthatha e Presidente della Conferenza dei vescovi cattolici dell’Africa meridionale, ha pubblicato una nota durissima: “dobbiamo farci carico della ‘pandemia’ della corruzione. C'è la sensazione che il Sudafrica sia ormai conosciuto solo per essa. Dobbiamo rifiutare che il Sudafrica sia definito il paese della corruzione, oltre che degli abusi sessuali e delle violenze sulle donne”. Pochi giorni prima i vescovi della Conferenza avevano rivolto un appello al presidente della repubblica Cyril Ramaphosa: “anche se siamo profondamente sconvolti – vi si legge – la notizia del saccheggio di risorse pubbliche durante la pandemia non è una grande sorpresa. Esortiamo i nostri leader a prendere attentamente nota del modo in cui hanno consentito alla cultura dell'impunità nei confronti della corruzione di svilupparsi e così creare un ambiente favorevole alla malversazione dei fondi per COVID-19. Negli anni precedenti, nonostante gravi accuse, non ci sono stati arresti, procedimenti giudiziari per i politici e le loro famiglie”. I vescovi hanno quindi chiesto al presidente atti concreti: il ripristino della unità speciale anticorruzione e il potenziamento dei tribunali specializzati nei casi di corruzione.
In Nigeria la corruzione pervade ogni settore della vita pubblica. Medici e infermieri sono addirittura scesi in sciopero nei mesi scorsi per protestare contro la mancanza di presidi sanitari e le enormi difficoltà in cui erano costretti a lavorare: questo nel paese primo produttore di petrolio e prima economia in Africa. Gli appelli dei vescovi cadono nel vuoto. A fine luglio persino il capo della Commissione per i crimini economici e finanziari è stato sospeso dall’incarico perché a sua volta accusato di corruzione. Il 25 agosto, durante una visita pastorale a Makurdi, la capitale dello stato federale del Benue, monsignor Wilfred Chipka Anagbe ha parlato della situazione: “l’alto livello di corruzione tra i politici e i funzionari governativi – ha detto – lacera il paese e lo manderà in pezzi. L’economia nazionale e il bene della popolazione sono stati sacrificati agli interessi egoistici di chi ha l’opportunità di ricoprire posizioni di comando. La corruzione è un biglietto per l’inferno, peggiore del COVID-19 e di tutte le altre sfide che la Nigeria deve affrontare”.
Altri vescovi si sono uniti a monsignor Anagbe, tra cui l’arcivescovo della capitale Abuja, monsignor Ignatius Ayau Kaigama. La diffusione della corruzione in Nigeria, ha detto di recente durante una omelia trasmessa in televisione, è sconvolgente, terribilmente preoccupante a fronte della “pandemia della povertà” che devasta il paese. In Africa “la brama dei politici e persino di qualche leader religioso per il potere e i maneggi per ottenerlo sono sconvolgenti. Assistiamo a minacce alla vita, sentenze giudiziarie ingiuste, compravendita di voti, corruzione di funzionari elettorali e addetti alla sicurezza, clientelismo… e, conquistato il potere, all’accumulo astronomico di ricchezza a spese della gente comune”.