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IL VERTICE

Ventotene, due visioni dell'Europa a confronto

Renzi riunisce il vertice con Francia e Germania sulla Garibaldi, al largo di Ventotene, l'isola in cui fu redatto il manifesto per gli Stati Uniti d'Europa. Un documento importante solo per la tradizione statalista, contrapposta all'Europa immaginata dai cattolici Adenauer, Schuman e De Gasperi.

Editoriali 22_08_2016
Manifesto di Ventotene

Il caso dell’incontro tra Merkel, Hollande e Renzi, che avverrà oggi a bordo della portaerei Garibaldi in navigazione nelle acque dell’isola di Ventotene, si presta a vari commenti. Per diversi aspetti infatti dice tante cose di Renzi, della sua filosofia e del suo progetto politico. Sulla scena politica del nostro Paese l’attuale premier è il meglio del peggio, quindi al momento ce lo dobbiamo tenere. Però comunque del peggio si tratta; e il vertice ce lo conferma.

Sfruttando l’effetto, per il momento assai più psicologico che sostanziale, del futuro esodo della Gran Bretagna dall’Unione Europea, Renzi sta cercando di farsi ammettere da Angela Merkel e da François Hollande in quel vero o presunto “direttorio” europeo fino ad oggi costituito solo dalla Germania e dalla Francia. Lo scenografico vertice di Ventotene rientra in questo piano, essendo tra l’altro preliminare alla riunione informale dei capi di Stato o di governo dell’Ue in programma a Bratislava il 16 settembre prossimo. E’ questa a nostro avviso un’ambizione vana. Il fortissimo e privilegiato legame sviluppatosi tra la Germania e la Francia dal trattato dell’Eliseo (1963) a oggi non lascia spazio a nuovi arrivati. Dalla parte di tale legame c’è il peso di una realtà che non può di certo venire scalfita da un giorno di mini-crociera al largo delle coste napoletane sulla nostra modesta portaerei Garibaldi.

Invece di rincorrere Germania e Francia, il nostro Paese avrebbe tutto l’interesse a porsi in sede europea come capofila di tutti quegli Stati membri e di tutti quei legittimi interessi che escono penalizzati dall’intesa franco-tedesca. Germania e Francia sono poi interlocutori primari inevitabili; diverso tuttavia è presentarsi da soli a chiedere “Vengo anch’io?”, col rischio di sentirsi rispondere “No, tu no!”, oppure arrivare avendo alle spalle i Paesi mittel-europei e danubiani, nonché una politica mediterranea non subalterna a chi ha interessi opposti ai nostri.

Accanto a questi aspetti di attualità immediata ci sono poi gli aspetti simbolici che Renzi ha voluto dare all’incontro. In origine voleva avesse luogo a Ventotene; essendosi poi la cosa dimostrata impossibile, si è rassegnato a spostarlo sulla partaerei Garibaldi in navigazione nelle acque della piccola isola tirrenica. Tutto ciò per celebrare col massimo risalto possibile il “Manifesto di Ventotene”. Scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed altri che vivevano nell’isola dove erano stati confinati dal regime fascista, il documento, nel quale si auspicava la nascita degli Stati Uniti d’Europa, è molto celebrato dalla cultura di sinistra italiana ma in effetti largamente ignoto altrove. Non a caso in questi giorni la stampa francese e tedesca ha per lo più parlato di Ventotene, quando ne ha parlato, o trascurando il motivo della scelta dell’isoletta e delle sue acque quale sede del vertice, oppure dandone notizia ma come di qualcosa che ha “un valore simbolico per l’Italia”.

Ormai da almeno un anno invece, ma a quanto pare senza grande successo, Renzi fa campagna per il Manifesto di Ventotene come se fosse davvero la pietra angolare delle istituzioni europee; e parla dei suoi autori come se fossero davvero i padri dell’Europa. Il motivo è presto detto: redatto da intellettuali di sinistra, futuri co-fondatori del Partito d’Azione, il documento è un vessillo di quell’idea d’Europa molto “laica” e molto statalista, ispirata alla filosofia di Kant, che in effetti all’inizio ebbe ben poco peso. Prevalse più tardi, dagli anni ’80 del secolo scorso in avanti, fino a condurre l’attuale Unione Europea nella situazione in cui si trova adesso.

In realtà le istituzioni europee erano infatti nate con tutt’altra ispirazione per principale impulso di tre statisti, il francese Robert Schuman, il tedesco Konrad Adenauer e l’italiano Alcide De Gasperi, tutti e tre cattolici, i quali avevano preso le mosse dalle comuni radici cristiane dell’Europa e assunto come riferimento simbolico il Sacro Romano Impero (ciò spiega, notiamo per inciso, perché tuttora il massimo riconoscimento europeo sia un premio intitolato a Carlo Magno). Beninteso, il filone “laico” era già allora presente, ma  aveva i suoi antesignani nel francese Jean Monnet e nel belga Paul-Henri Spaak, e non certo negli autori del Manifesto di Ventotene e nella loro Unione dei Federalisti Europei. Perché allora Renzi insiste tanto su tale episodio e ha in programma di condurre Merkel e Hollande a rendere omaggio alla tomba di Altiero Spinelli, sepolto a Ventotene? Perché la sua cultura, e quindi il suo progetto politico, sono del tutto subalterni proprio a quei circoli politico-culturali, eredi del mondo da cui proviene il Manifesto di Ventotene, che ci hanno ridotto nella situazione in cui siamo adesso: incapaci di uscire da una crisi economica che è in primo luogo una crisi morale; e  disorientati e incerti di fronte alla sfida del terrorismo islamista e alla sfida del disordinato afflusso di migranti dall’emisfero Sud, sintomi drammatici di una crisi epocale delle relazioni internazionali.