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Dopo le elezioni

Venezuela, oggi nuove proteste contro il regime di Maduro

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Previste oggi nuove manifestazioni delle opposizioni, che lamentano i brogli elettorali di Maduro. Gli Stati Uniti riconoscono González come vincitore. Anche l’Osa e i vescovi denunciano le manipolazioni del regime socialista. Che è sempre più isolato e risponde con la violenza. Ambigua l'Ue.

Esteri 03_08_2024
Manifestazione con González e Machado, 30/07/2024 (Ap via LaPresse)

Nuove e per nulla buone notizie da Caracas, mentre l’Unione europea scivola verso la complicità con Nicolás Maduro. Oggi, sabato 3 agosto, contro il regime socialista venezuelano si abbatterà una nuova ondata di manifestazioni, per volere delle opposizioni che hanno sostenuto il candidato che ha vinto le elezioni di domenica scorsa Edmundo González Urrutia, secondo i verbali dei registri elettorali, pubblicati dalle stesse opposizioni e che hanno convinto il governo degli Stati Uniti a riconoscere ufficialmente González come vincitore.

Giovedì, anche Brasile, Colombia e Messico hanno chiesto, con un comunicato congiunto, una completa trasparenza dei verbali e dei risultati elettorali. Mercoledì, la riunione dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) si è conclusa con la denuncia di «uno schema repressivo integrato da azioni volte a distorcere completamente il risultato elettorale», un forte schieramento di Paesi a favore delle opposizioni e della trasparenza, nonostante le proteste e i distinguo di Cuba, Colombia, Nicaragua e Honduras. Sempre mercoledì, i vescovi venezuelani avevano diffuso sui social network il loro reiterato appello a «far risplendere la volontà espressa alle urne».

A fronte del progressivo isolamento, il regime di Maduro si arrocca e dà seguito alle minacce dei giorni scorsi: ieri una banda di sei malavitosi incappucciati ha vandalizzato gli uffici di Caracas del coordinamento politico delle opposizioni. La leader politica María Corina Machado, firmando un articolo sul Wall Street Journal, ha annunciato di essersi dovuta confinare nella clandestinità per timore della propria vita e di attentati nei suoi confronti. La stessa Machado ha convocato manifestazioni in tutto il Paese per oggi, allo scopo di dimostrare ancora una volta che il popolo venezuelano vuole il rispetto del voto democratico e l’abbandono del potere da parte di Maduro e della sua cricca.

Ieri, venerdì 2 agosto, mentre i diplomatici dell’ambasciata cilena e argentina rientravano in patria, dopo essere stati espulsi dal governo Maduro, lo stesso tiranno, il suo braccio destro Diosdado Cabello e il capo dell’esercito Vladimir Padrino Lopez assicuravano non solo la costruzione di nuove carceri ma anche che tutti gli oppositori sarebbero stati condotti nelle carceri di massima sicurezza di Tocorón e Tocuyito, dopo aver già arrestato più di 1.200 persone e in procinto di catturarne altre mille. Non poteva tuttavia mancare, come in ogni farsa di regime totalitario, la sceneggiata della “Camera Elettorale della Corte Suprema di Giustizia” che ha accolto l'appello del presidente Maduro di avviare un'indagine che verifichi i risultati delle elezioni presidenziali del 28 luglio, con la convocazione per le audizioni di tutti i 10 candidati presidenziali, il “proclamato vincitore” Nicolás Maduro e i “perdenti”, tra cui il vincitore reale Edmundo González Urrutia.

A presiedere l’indagine sulla trasparenza e correttezza elettorale è stata chiamata Caryslia Beatriz Rodríguez Rodríguez che da gennaio di quest'anno è presidente della Corte Suprema di Giustizia del Venezuela, donna conosciuta non per i propri meriti e scienza giuridica, ma piuttosto per non aver mai nascosto la sua affinità con il chavismo e la sua fedeltà, prima, al comandante Hugo Chávez e, da un decennio, a Maduro.

Un’ultima chiosa è indispensabile sulla prolungata ambiguità europea, rimanendo in attesa delle novità che emergeranno dalle manifestazioni odierne e dalle eventuali e ulteriori azioni repressive di Maduro. In questi giorni, gli uffici della Commissione europea e dell’Alto rappresentante per gli affari esteri, Josep Borrell, complice la testata liberal-socialista Politico, hanno accusato l’Ungheria di impedire l’approvazione di un documento comune dei Paesi membri dell’Ue contro il regime di Maduro e i suoi soprusi antidemocratici, di impedire sanzioni e persino il riconoscimento della vittoria elettorale delle opposizioni. Ma da Budapest è stata data una ferma smentita alle accuse: l'Ungheria «non ha posto il veto» alla dichiarazione congiunta dell'Unione europea che condannava i brogli elettorali in Venezuela, ha dichiarato martedì 31 luglio il Ministero degli Esteri ungherese, precisando di aver «aderito alla dichiarazione congiunta dell'Unione europea». Dunque, la verità che emerge con sempre maggiore forza è un'altra: purtroppo è la furba partigianeria di Bruxelles e dei suoi burocrati politicizzati a contraddire e svuotare di ogni significato i tanto sbandierati valori democratici europei, abbandonare il popolo venezuelano e configurarsi come complicità con Maduro.



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