Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico
L'INTERVENTO

Vatileaks, le responsabilità di cui nessuno parla

Dietro lo scandalo di Vatileaks 2, si sono diversi protagonisti e livelli di responsabilità. Ora, la sensibilità mediatica resta alta solo sul chi ha fatto cosa, ma non sul perché lo ha fatto e sul perché sia stato possibile farlo. Sembra proprio che si voglia concentrare l’attenzione sul dito, anziché su ciò che esso indica.

Ecclesia 26_11_2015
Il cupolone della basilica di San Pietro

Avendo avuto personalmente una esperienza, molto sofferta, nel 2012 su temi assimilabili (Vatileaks 1) e molto simili nello svolgimento a quelli di Vatileaks 2, desidero fare un paio di osservazioni per i lettori, al fine di contribuire alla comprensione di questi fatti senza far vacillare il nostro amore per la Chiesa.

La prima osservazione riguarda i fatti che sono stati considerati “scandalosi” (l’uscita e pubblicazione dei documenti). Qui ci sono quattro attori che hanno differenti responsabilità, ma solo i primi due attori sono imputati e oggetto di attenzione. Il primo attore è composto dai giornalisti che hanno pubblicato nei libri i documenti, prendendosi coscientemente, o no, la responsabilità di farlo. Il secondo attore è composto da tre persone accusate di aver fatto uscire detti documenti, esse dovranno spiegare perché lo hanno fatto. Gli altri due attori che seguono appaiono esser vittime dei primi due. Il terzo attore è composto da quelli che con il loro comportamento personale hanno originato quelli che sono definiti scandali o illeciti, o persino solo “errori”. 

Il quarto attore è chi ha permesso questo comportamento, contribuendo a “smontare” le norme, le procedure e i sistemi di controllo che furono voluti a realizzati da papa Benedetto XVI nel 2010. E qui la responsabilità sale di grado e vuole attenzione. Ora, la sensibilità mediatica resta (come fu nel 2012) alta solo sul chi ha fatto cosa, ma non sul perché lo ha fatto e sul perché sia stato possibile farlo. Sembra proprio che si voglia concentrare l’attenzione sul dito, anziché su ciò che esso indica e va guardato. Ma sembra anche emergere il rischio che si pensi che nella Chiesa taluni sappiano vedere la pagliuzza nell’occhio del vicino e non la trave nel proprio. Se poi si volesse esser più approfonditi nella valutazione, si potrebbe persino sospettare che (come fu nel 2012 per i cambiamenti della Legge antiriciclaggio) si voglia distrarre l’attenzione pubblica da altri problemi importanti (quali la gestione del post-Sinodo). 

La seconda osservazione si riferisce alle mie preoccupazioni per la Chiesa, essendo convinto che questi avvenimenti non devono far vacillare il nostro amore per lei. Cristo è morto per la Chiesa per renderla con il Suo sangue “bella e pura da ogni macchia” (Ef5,27), ma questa preoccupazione non sembra esser comune a tutti, nonostante la Chiesa sia la nostra ricchezza ed il presupposto della nostra ricerca di santità. Perciò vorrei ricordare in proposito ciò che scrisse Romano Guardini (Il senso della Chiesa, Morcelliana) «Anche sulla Chiesa incombe la tragedia di tutto ciò che è uomo e quindi difettoso. L’assoluto e perfetto si fonde con il limitato e imperfetto». E ancora scrive: «Per quanto possa sembrare paradossale, la imperfezione appartiene alla natura della Chiesa terrena. Si potrebbe quasi osare di riproporre l’equazione: le manchevolezze della Chiesa sono la croce di Cristo. É stato detto che noi ci faremo una ragione dei difetti della Chiesa solo quando ne intenderemo il senso. Forse il senso è questo: essi devono crocefiggere la nostra fede affinché cerchiamo veramente Iddio e la nostra salvezza e non noi stessi. Cosa avverrebbe di noi se davvero le debolezze umane sparissero dalla Chiesa? Chissà, forse diverremmo orgogliosi, egoisti e prepotenti. Non saremmo più fedeli per il solo motivo giusto, cioè per trovar Dio. Le manchevolezze della Chiesa sono la Croce, purificano la nostra fede. Dobbiamo amare la Chiesa così come è, solo allora la ameremo davvero».