Vaccini Covid a bimbi: fuori dal mondo e contro l'etica
Il Governo spinge per le vaccinazioni ai bambini, ma ci sono scienziati che si oppongono. L'epidemiologo Rainisio alla Bussola: «L’idea di vaccinare i bambini per salvare i vecchi è scientificamente fuori dal mondo ed è anche un insulto all’etica». «Fino ai 29 anni la probabilità di morire di Covid è irrilevante». Dubbi anche sulla sicurezza: «Le sperimentazioni di Pfizer sono su appena mille ragazzi: impossibile notare un evento avverso con quel campione». E c'è anche chi preferirebbe che i bambini si facessero il Covid: «Per sviluppare una resistenza anche per il futuro e far diventare il virus endemico».
«L’idea di vaccinare i bambini per salvare i vecchi, oltre che scientificamente fuori dal mondo, è anche un insulto all’etica». Maurizio Rainisio, epidemiologo e statistico, è coautore, assieme a Sara Gandini e altri scienziati italiani, dello studio decisivo che ha riportato i ragazzi a scuola dopo aver convinto il governo che tra i banchi non si sviluppavano focolai. La sua opinione sulla vaccinazione in età pediatrica è tranchant: «Potrebbe non essere una buona idea». Ancor più contraria sull’obbligatorietà.
Rainisio è stato ospite della puntata de i Venerdì della Bussola, col legale Alessandro Fusillo (in foto), dedicata proprio al tema dell’obbligo vaccinale e non ha lesinato critiche alle attuali strategie governative che stanno spingendo sempre più verso una campagna di vaccinazione estesa anche ai bambini e agli under 15. Ieri la commissione Ue ha dato il via libera al vaccino Pfizer per la fascia 12-15 anni, mentre a breve arriverà l’autorizzazione per l’Italia secondo quanto dichiarato ieri dal ministro Speranza.
«Non sono contrario alla vaccinazione - ha esordito Rainisio ai nostri microfoni venerdì -, io stesso che ho più di 70 anni mi sono vaccinato con AstraZeneca, ma qui sta il punto chiave: bisogna sempre tenere conto dei rischi e dei benefici». Rainisio ha mostrato i dati sulla mortalità che evidenziano come l’età e i fattori di rischio siano decisivi nella scelta di vaccinarsi e non ne esistano altri.
«Prediamo il mio caso: ho 70 anni e sono maschio, quindi da questi dati ho una probabilità di morire a causa di Covid in rapporto di 1 a 130, cioè una persona su 130 tra i 70 e i 79 anni è morta di Covid». E così andando avanti con l’età: «Se prendiamo il dato sui novantenni è spaventoso: 1 su 26 è morto di Covid. A questa gente il vaccino non può fare che bene perché i benefici supererebbero i rischi».
Diverso invece il caso dei bambini: «Un bambino tra 0 e 9 anni ha una probabilità di morire per Covid talmente bassa da essere del tutto irrilevante: 1 su 600mila per i maschi e 1 su 400mila per femmine. E simili valori si hanno fino ai 29 anni».
Il dato si abbassa, ma resta irrilevante anche se prendiamo in considerazione la categoria dei quarantenni, oggi presa di mira dalle indagini europee: «Un maschio quarantenne ha una probabilità su seimila di morire di Covid. Da questo si evince che quando parliamo di rischio/beneficio dobbiamo sempre considerare che il rischio è dato dall’età e dalla situazione patologica, purtroppo i dati forniti dall’ISS non disaggregano le patologie correlate all’età. Ma è chiaro che un obeso o un cardiopatico rischiano molto di più. Però un soggetto sano non corre rischi».
Dunque, esporre i bambini alla vaccinazione di massa sarebbe un errore? «Potrebbe non essere un’ottima idea perché la sicurezza dei vaccini è stata dimostrata con dati deboli, a differenza dell’efficacia: negli esperimenti clinici c’erano 15/20mila adulti nel ramo trattato, ma Pfizer che ha avuto l’approvazione per la sperimentazione sui bambini dai 12 ai 15 anni ne ha trattati appena mille. Ebbene: il dato di mille ragazzi non consente nessuna valutazione sulla sicurezza in relazione agli eventi avversi anche frequenti.
Prendiamo – ha proseguito Rainisio – un evento avverso con frequenza inferiore a 1 su 500, non verrebbe neanche visto in un campione di queste dimensioni. Quindi, il rapporto rischio-beneficio per i giovani non è detto che sia a favore del beneficio».
L’epidemiologo ha poi citato uno studio pubblicato sul British Medical Journal (qui la traduzione in italiano), secondo il quale «non è necessariamente una buona cosa l’idea di vaccinare i bambini. Ha portato tre argomenti».
Il primo è quello della prevenzione: «I giovani non hanno bisogno di prevenzione perché non si ammalano della malattia da Covid». Il secondo è quello della trasmissibilità: «Ci sono parecchi studi che dicono che non sono i bambini che trasmettono agli adulti, ma si è visto che sono gli adulti che a casa lo trasmettono ai ragazzi. Lo si è visto ad esempio in Norvegia dove le scuole primarie sono state sempre aperte».
L’ultimo argomento che il BMJ porta per sostenere la tesi dell’inopportunità della vaccinazione ai bambini è che «non è chiaro quali possano essere le conseguenze del vaccinare i bambini. Anzi, i ricercatori hanno sostenuto l’idea che sarebbe meglio che i bambini fossero esposti al Sars Cov 2 in un momento in cui non rischiano nulla, perché sviluppino le resistenze a questo virus che porteranno avanti nel tempo. È il concetto dell’endemicità del virus: far diventare un’epidemia un fatto endemico è proprio quello di lasciare che i bambini si infettino».
Infine Rainisio affronta l’ormai mitologica immunità di gregge: «È la stessa Ema a dire che una volta vaccinati si può essere ancora infettivi e a non avere certezze circa la sterilizzazione del vaccino. L’evidenza empirica c’è, ma manca la certezza scientifica».
Eppure, in Italia si parla di campagne vaccinali per i bambini con lo scopo di proteggere i vecchi. «Questa è un’aberrazione etica - conclude Rainisio -, non è neanche legalmente consentito di obbligare a un trattamento medico una persona per salvarne un’altra. Il trattamento medico deve sempre essere indirizzato alla persona che lo riceve. Per questo l’idea di vaccinare i bambini per salvare i vecchi è fuori dal mondo. Se l’obiettivo è salvare i vecchi, si vaccinano i vecchi, non i bambini che neppure potrebbero trasmettere il virus».