Vaccinare i bambini, ci risiamo. Ma la logica dice di no
La presidente della Società italiana di pediatria insiste nel vaccinare i bambini perché «fanno da serbatoio del virus». Un’affermazione smentita dalla logica, oltre che dai dati scientifici.
L’autunno è arrivato, e con esso le comuni affezioni respiratorie di sempre: raffreddori, faringiti, sinusiti. Niente di strano, se non che viviamo ancora sotto la cappa mediatica opprimente del Covid, e così al primo starnuto si rinnova il rito del tampone, e se positivo poco importa se si tratta di sintomi similinfluenzali: riemerge la paura, anzi il terrore. E non solo: ci sono ambiti dove le misure limitative e coercitive sono ancora attive, e tra questi in particolare le scuole, dove si impongono quarantene e mascherine.
Ma non solo: la presenza di casi ha fatto nuovamente invocare da qualche parte la discussa vaccinazione anti-Covid dei bambini. Sebbene in paesi come Svezia, Norvegia, Danimarca e Gran Bretagna si sia smesso di vaccinare i minori, anche in base agli eventi avversi riscontrati, in Italia la presidente della Società Italiana di Pediatria (Sip), la dottoressa Annamaria Staiano, osservando che da quando si sono riaperte le scuole i contagi tra i bambini hanno rappresentato il 14,9% di quelli totali e ricordando la bassa copertura vaccinale nella fascia di età 5-11 anni (38%), ha invitato alla vaccinazione di massa perché i bambini «rappresentano un serbatoio per il virus: possono sviluppare l’infezione e anche trasmetterla».
L’affermazione è smentita dalla logica, oltre che dai dati scientifici; non si adatta al bambino sano non infettato, che non può essere contagioso per definizione, né al bambino infettato dal SARS-CoV-2, che potrà essere contagioso dai due giorni che precedono i sintomi fino circa al quinto giorno dalla loro comparsa. Una risposta a questa presa di posizione della presidente della Società Italiana di Pediatria è arrivata da una lettera redatta da alcune organizzazioni di sanitari, tra cui l’Assis (Associazione Studi e informazione sulla salute) e ContiamoCi. Il documento confuta la Staiano a partire da evidenze ormai assodate, ma che purtroppo continuano a trovare ostacolo alla loro diffusione. Innanzitutto la vaccinazione anti-COVID-19 dei bambini non comporta benefici diretti per loro stessi perché la SARS-CoV-2 provoca ai bambini forme patologiche di gran lunga meno gravi che negli adulti e negli anziani.
Le poche forme gravi sono limitate a bambini con co-patologie importanti. In particolare le varianti Omicron che circolano da mesi hanno un decorso clinico più lieve. Inoltre hanno interessato anche bambini vaccinati, il che dimostra ancora una volta la scarsa efficacia di questo tentativo di immunizzazione anche nei più giovani. C’è poi il discorso del “Long Covid” infantile che viene ventilato dai pediatri mainstream come una minaccia, ma secondo gli esperti di ContiamoCi e dell’Assis si tratta in gran parte di una forzatura: se misurate in una revisione sistematica con gruppi di controllo appropriati, la durata e la gravità dei sintomi sono simili a quelle di comuni patologie virali.
La vaccinazione anti-COVID-19 dei bambini, inoltre, non comporta benefici indiretti per la popolazione generale, perché è ormai noto che la protezione anticorpale vaccinale si riduce velocemente, sino ad azzerarsi circa 5 mesi dopo l’inoculo e a invertirsi dopo circa 7 mesi negli adulti, e nei bambini di 5-11 anni anche prima. Significa che sono i vaccinati a essere a quel punto più a rischio di infezione e quindi di contagiare altri rispetto ai non vaccinati. Le ultime ammissioni della Pfizer sulla mancanza di documentata efficacia sulla trasmissibilità del virus stanno facendo crollare il castello della cosiddetta immunità di gregge. Eppure quanti genitori hanno fatto vaccinare i figli “per non contagiare i nonni”, che magari erano vaccinati anche loro e quindi teoricamente già immuni.
In quanto all’allarme lanciato dalla dottoressa Staiano sul numero di bambini positivi (e non malati) l’elevata circolazione virale e la notevole diffusibilità di Omicron hanno certamente determinato una maggiore frequenza di infezioni tra i bambini, prevalentemente asintomatiche (sino al 75% dei casi, senza sostanziali differenze nella proporzione tra non vaccinati e vaccinati con doppia o tripla dose), quindi non diagnosticate, o lievi: ciò rafforza la convinzione che, in generale, sia controproducente impedire l’infezione da SARS-CoV-2 nei bambini sani, perché li espone al rischio di contrarre la malattia in età più avanzate, con maggiori possibilità di decorsi più gravi; inoltre l’infezione naturale produce un’immunità naturale persistente. Il SARS-CoV-2 sta diventando endemico e vanno ridiscusse, in base a dati scientifici, le strategie che consentano lo sviluppo dell'immunità naturale nei gruppi a minimo rischio di forme gravi di COVID-19, poiché allo stato delle conoscenze l’immunità acquisita con l’infezione naturale è più robusta e duratura di quella vaccinale, mentre vaccinare un guarito sembra ridurre la durata dell’immunità.
Questo sarebbe il fare l’interesse individuale del bambino, della sua famiglia, dei nonni e dell’intera comunità. Tutto il resto è propaganda.