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EMILIA ROMAGNA

Utero in affitto, il Pd cede alla lobby gay

Ritorna in commissione il testo contro la cosiddetta «omotransnegatività», ma il fronte (maggioritario) del Pd più vicino ai gruppi Lgbt mira a riportarlo in aula per il 24 luglio. Dagli emendamenti di aprile scompare la parte che prevedeva il contrasto alla pratica dell’utero in affitto, segno che i dem si sono piegati alla linea delle associazioni gay. E che la legge voluta è mera ideologia.

Vita e bioetica 10_07_2019

Alla fine c’è stato il rinvio, che è di per sé una buona notizia, sebbene non possa lasciare tranquilli i cittadini dell’Emilia Romagna. Il progetto di legge contro la cosiddetta «omotransnegatività», che ieri era approdato nell’aula del Consiglio regionale, ritorna in commissione - e precisamente alla commissione Parità - dove il testo verrà riesaminato già domani, 11 luglio, insieme ai 24 emendamenti proposti dal Pd. A favore del rinvio hanno votato il partito che lo ha proposto, il Pd appunto (che detiene la maggioranza, con 28 consiglieri su 49), nonché - con una strategia diversa dai piddini - Fratelli d’Italia e Lega. Contrari al rinvio, anche in questo caso con motivazioni differenti, Sinistra Italiana, Movimento Cinque Stelle e Forza Italia.

Com’era in parte emerso alla vigilia dell’approdo in aula, il Pd ha ceduto sostanzialmente su tutta la linea alla lobby gay, ‘correggendo’ (in peggio) gli emendamenti presentati ad aprile sull’utero in affitto, quando era affiorato lo scontro interno tra i cattodem e l’ala più radicalmente arcobaleno. Risultato? Via l’emendamento n° 25 e fortemente ridimensionato l’emendamento 24 (che prevede modifiche alla legge regionale 6/2014), di cui rimane solo il no ai finanziamenti verso associazioni «che nello svolgimento delle proprie attività realizzano, organizzano o pubblicizzano la surrogazione di maternità».

Nella versione originaria dell’emendamento si menzionava «la dignità della donna e delle persone». Dicitura scomparsa. Curioso, per una legge che si dice ispirata da parità e diritti. Inoltre, sempre in tema di finanziamenti a organizzazioni pro utero in affitto, si prevedeva che «la Regione […] qualora i contributi siano già stati concessi provvede alla loro revoca». Anche questa parte è completamente scomparsa nella nuova versione dell’emendamento 24.

Ma non è tutto. Cancellato, di netto, l’intero punto dell’emendamento che prevedeva il contrasto di attività lesive della dignità umana come ancora l’utero in affitto, gli abusi sui minori, eccetera. Si tratta del punto f), che recitava così: «[La Regione] opera per prevenire e sostenere il contrasto, nell’ambito delle proprie competenze, anche avvalendosi della rete di protezione sociale di cui all’art. 11, di ogni forma di sfruttamento della donna e violazione della dignità della persona, con particolare riferimento a violenza sessuale, abuso di minori, sfruttamento della prostituzione, maltrattamenti in famiglia, stalking, surrogazione di maternità».

Un paio di considerazioni. La prima. Tutta questa sceneggiata sull’utero in affitto, che in Italia rimane un reato (sebbene certi sindaci e giudici se lo dimentichino), mette ulteriormente a nudo i veri obiettivi che si celano dietro i vari disegni di legge contro l’«omofobia», la «transfobia» e affini. Vengono pompati da una larga fetta del sistema politico e mediatico come lotta alle «discriminazioni», quando invece hanno il fine primario di silenziare chi afferma pubblicamente la verità sul matrimonio e la famiglia. Chi osa affermare tale verità viene automaticamente etichettato come «omofobo». Basti ricordare l’invito al boicottaggio che era stato lanciato da Monica Cirinnà (tra i piddini più furenti, insieme a Sergio Lo Giudice, per gli emendamenti di aprile) nel 2016 contro il circuito di Uci Cinemas, responsabile di aver trasmesso, a dire della senatrice del Pd, «spot omofobi»: si trattava di un normalissimo spot per sensibilizzare contro la barbarie dell’utero in affitto. Il corollario è che l’intera legge sull’«omotransnegatività» è inaccettabile.

Seconda considerazione: è doppiamente raccapricciante che una proposta di legge di questo tipo venga presentata nella stessa regione in cui appena pochi giorni fa è emerso lo scandalo affidi della Val d’Enza, figlio di un sistema di potere impregnato di militanti Lgbt e prono alla loro agenda anti-famiglia.

Tornando ai 24 emendamenti piddini, si può notare che la relatrice Roberta Mori, presidente della commissione Parità, li ha firmati tutti tranne il 24°, quello appunto edulcorato ma comunque contrario a finanziare le associazioni pro utero in affitto. La Mori ha insistito perché il testo tornasse all’esame della commissione da lei presieduta già domani, in quanto l’obiettivo è quello di riportarlo al voto in aula per il 24-25 luglio, che dovrebbero essere gli ultimi giorni di assemblea regionale prima della pausa estiva. È nota la vicinanza della Mori all’associazionismo gay (vedi il sostegno all’evento «Affido e adozioni nel mondo Lgbt+», di cui abbiamo già riferito qui), che evidentemente vuole incassare la legge prima della scadenza della legislatura regionale, essendo l’Emilia Romagna chiamata a votare in una data da stabilire tra ottobre 2018 e gennaio 2019.

Le opposizioni di centrodestra promettono battaglia, che si concentrerà soprattutto in aula, come ha spiegato alla Nuova Bussola Giancarlo Tagliaferri, consigliere regionale di Fratelli d’Italia, il quale è tra l’altro intervenuto per chiedere alla Regione risposte chiare sullo scandalo di Bibbiano. «La nostra posizione è quella di difendere a spada tratta i diritti della famiglia e lottare contro questa mentalità che vuole omologare tutto. Questa è una legge che viene presentata come a difesa di persone che in realtà sono già difese, come tutti, attraverso precise normative, anche penali. Quindi, è una legge completamente inutile e, anzi, di fatto fa pure una discriminazione alla rovescia».