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NUOVI ERODE

Usa, i possibili presidenti dem? Tutti pro infanticidio

Lunedì 44 senatori del Partito Democratico hanno votato contro la proposta di legge che intende rafforzare le protezioni per i neonati sopravvissuti a un tentato aborto. Favorevoli all’infanticidio sono tutti e sei i senatori dem, da Bernie Sanders a Kamala Harris, che hanno annunciato la loro candidatura per le presidenziali del 2020.

Esteri 02_03_2019

C’è uno spettro che si aggira per gli Stati Uniti d’America, ed è l’infanticidio. No, non è il solito stilema usurato per trovare un incipit brillante. È un incubo a occhi aperti sotto forma di legge. Sembrerebbe impossibile che una cosa così possa accadere nel cuore del mondo democratico, ma invece è esattamente quanto sta avvenendo. Ci sono uomini politici e legislatori che positivamente pensano di rendere possibile l’infanticidio, come già riferito da questo quotidiano, e che cercano d’imporre questa bestialità come legge dello Stato voto dopo voto. Come in un sabba mostruoso, come nel più orrido dei pasti della bestia trionfante.

Ora, c’è già l’orrore dell’aborto, ovvio che segua logicamente l’infanticidio. Ma il secondo appare, se possibile, per un verso ancora più terribile: non nella sostanza, ché di sacrificio della vita umana innocente sull’altare più nero sempre si tratta, ma nella devastazione culturale di cui si nutre. Se già è culturalmente, psicologicamente e spiritualmente devastante sopprimere un bambino nel ventre della propria madre prima che venga alla luce, quando il bambino è venuto alla luce tutta la sfacciataggine della malvagità si mostra senza più freni. Se da un lato si cerca di mascherare l’aborto attraverso preparati chimici che, censurando la vista, rendono la cosa apparentemente più facile per tutti, dall’altro si sfida l’universo intero con l’esatto contrario: l’ammazzamento in pieno giorno, sul tavolo operatorio, del bambino, senza possibilità di confondere le menti parlando di “grumo di cellule”. Un sacrificio rotondo, esplicito.

Le forze del male che vogliono la legalizzazione nientemeno che dell’infanticidio spingono ora l’acceleratore agendo di sponda. Mirano ad abbattere una proposta di legge, presentata in modo simile nel 2015, che vuole garantire cure mediche ai bambini sopravvissuti agli aborti non riusciti, il Born-alive abortion survivors protection Act, riproposto quest’anno dal senatore repubblicano Ben Sasse del Nebraska. La si è votata lunedì 25 febbraio nel Senato federale, con 53 voti a favore e 44 contrari: la maggioranza, dunque, ma servivano 60 voti affinché la proposta passasse. Dei 100 senatori tre non hanno votato per impegni inderogabili. Tre repubblicani: Kevin Cramer del North Dakota, Tim Scott del South Carolina, Lisa Murkowski dell’Alaska. Peccato, almeno per i primi due, che sono granitici pro life, un po’ meno per la Murkowski, nota filoabortista in controtendenza totale rispetto al proprio partito. A favore della vita, insieme a tutto il resto del Partito Repubblicano, si sono invece espressi anche tre esponenti del Partito Democratico, che, nonostante il loro schieramento politico si nutra di aborto e infanticidio, vanno a volte meritoriamente controcorrente: Robert Casey Jr. della Pennsylvania, Joe Manchin del West Virginia e Doug Jones dell’Alabama. Grazie a Dio anche Susan Collins, una delle due Repubblicane filoabortiste, stavolta ha votato bene.

Ma un altro dato emerge imperioso e spaventoso dal voto del Senato statunitense di lunedì. Il pool di Democratici che hanno già dichiarato di correre per le presidenziali del 2020 ha votato tutto compattamente per l’infanticidio: Bernie Sanders del Vermont, Kamala Harris della California, Cory Booker del New Jersey, Kirsten Gillibrand di New York, Amy Klobuchar del Minnesota ed Elizabeth Warren del Massachusetts. Ora, l’avversario di tutti loro, il presidente in carica Donald Trump, sarà quel che sarà, ma come dargli torto quando parla di esecuzione dei bambini alla nascita? E come pensare che quei personaggi possano essere meglio di lui?

La domenica precedente il voto in Senato, Alexandria Ocasio-Cortez, la deputata Democratica dello Stato di New York, orgogliosamente socialista ed emblema del nuovo radicalismo nel Congresso americano, si è fatta un video-selfie subito diventato virale. Perché, mentre inforna un cabaret di pietanza nella cucina di casa sua, pontifica, con grande enfasi della voce e body language studiato, sui “cambiamenti climatici” e si domanda se sia etico mettere ancora al mondo dei figli per poi riservare loro il peggio. A parte la risibile scientificità dell’assunto e il moralismo con cui la giovane pasionaria pretende di fare la morale al mondo, c’è da rabbrividire.

Ci siamo distratti un attimo, ed Erode è tornato. La crème della sinistra americana che si candida a governare il Paese più potente del mondo e i suoi corifei sostengono infatti che sia un grande gesto di civiltà lasciare crepare di stenti un piccolino che non si è riusciti a fare letteralmente a pezzi con altri mezzi (facendo così crollare anche l’ultima barriera dell’ipocrisia, quella che vorrebbe l’aborto un atto giusto, giacché quello che le mamme portano in pancia non sarebbe vita umana finché non esce dall’utero) e suggeriscono che l’umanità si sterilizzi per, secondo loro, fare piacere ai ghiacci dell’Antartide e alla foca monaca.

La politica è diventata oramai una questione di sopravvivenza. Del genere umano.