Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Agnese da Montepulciano a cura di Ermes Dovico
Cristiani Perseguitati
a cura di Anna Bono
Islam

Un’altra donna cristiana accusata di blasfemia in Pakistan

È accusata di aver condiviso su una chat di WhatsApp un messaggio offensivo nei confronti dell’Islam e per questo da nove mesi si trova in carcere

 

Il 23 maggio in Pakistan si è svolta la prima udienza del processo a carico di Shagufta Kiran, una donna cristiana arrestata il 29 luglio 2021 e da allora in carcere. Deve rispondere dell’accusa di blasfemia per aver condiviso in una chat di WhatsApp un messaggio dal contenuto offensivo nei confronti dell’Islam. Con lei erano stati arrestati anche i suoi figli, poi rilasciati, e gli agenti avevano confiscato telefoni e computer di casa. Secondo quanto affermano i legali che la difendono, Shagufta non aveva neanche letto il post che ha sventatamente diffuso. All’agenzia AsiaNews, il marito, Rafiq Masih ha confidato la sua ansia: “io e mia moglie vivevamo felici con i nostri figli. Ma l’accusa di blasfemia ha fatto prendere una brutta piega alla nostra vita: ora sono molto preoccupato per il presente e per il futuro”. La coppia ha due figli, Nihaal, 18 anni, e Harrison, 15 anni. Ad AsiaNews confidano il dolore di dover vivere senza la mamma e la pena per le condizioni della sua reclusione: “la tengono in una piccola stanza – racconta il figlio che quando le fa visita in carcere non può neanche stringerle la mano – c’è una barriera di separazione tra detenuti e visitatori. È straziante vederla rinchiusa in una piccola stanza”. Non è la prima volta, ricorda il direttore del Centre for Legal Aid Assistance & Settlement Nasir Saeed, che qualcuno condivide degli sms o dei post inopportuni sui social media e per questo viene denunciato. Può bastare anche meno. A fine marzo tre insegnanti di una madrassa hanno ucciso una collega, Safoora Bibi, perché il giorno prima una loro parente aveva raccontato che Maometto le era comparso in sogno, le aveva detto che Safoora aveva commesso blasfemia e aveva ordinato di ucciderla. A fine 2021 Priyantha Kumara è stato linciato e dato alle fiamme, accusato di blasfemia perché aveva tolto dai muri della sua fabbrica dei manifesti del partito islamista Tehreek-e-Labbaik Pakistan.