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GUERRA ALLA LIBIA

Un tranquillo week-end di guerra

Due giorni d'intensi bombardamenti prima dell'ennesimo "cessate il fuoco" di Gheddafi. Sarà vero?

Attualità 21_03_2011
Mirage francese
Nel momento in cui scriviamo, Muhammar Gheddafi ha annunciato, a sorpresa, l’ennesimo “cessate il fuoco”. Mossa astuta o segno di cedimento?

Dopo due giorni di martellamento, senza dubbio la coalizione militare guidata dai francesi ha raggiunto gran parte degli obiettivi che si era preposta. Anzitutto distruggere i mezzi pesanti dell’esercito libico che tenevano sotto tiro Bengasi, Misurata e altri centri nevralgici della resistenza anti-governativa . Quindi bloccare il ridislocamento sul territorio delle truppe fedeli a Gheddafi. Infine mantenere aperto il “corridoio” che dalla Bengasi dei rivoltosi giunge all’Egitto, permettendo da un lato l’uscita dal Paese di fuggitivi dall’altro l’arrivo di aiuti e di armi.

I bombardamenti hanno infatti distrutto sin da subito alcune delle principali strutture strategiche dell’apparato militare libico, messo fuori uso piuttosto rapidamente i principali mezzi contraerei e quindi bersagliato i bunker dei quadri delle forze armate. Si sono subito segnalati anche attacchi nei pressi alla della caserma-rifugio di Gheddafi.

Per tutta la giornata di domenica sono proseguiti i bombardamenti aerei della coalizione anti-Gheddafi, che durante la notte aveva per la prima volta centrato anche Tripoli.
I tornado britannici, entrati in azione sabato subito dopo gli aerei francesi e assieme a quelli canadesi, hanno aperto il fuoco sulla capitale libica attorno all’1,20 ora italiana. All’alba si sono registrati poi nuovi bombardamenti.

Intanto, con un messaggio trasmesso dalla televisione di Stato, Gheddafi ha annunciato che il popolo è pronto «a una guerra lunga» e nella capitale ha fatto consegnare armi anche ai civili, «un milione di civili». E sempre la televisione di Stato ha comunicato che migliaia di cittadini libici si sono già offerti come scudi umani attorno al bunker di Gheddafi.

Attorno a mezzogiorno la rete televisiva americana Cbs ha affermato che tre bombardieri stealth B-2 Spirit hanno lanciato 40 bombe contro una base aera libica.

Alle 13,45 è salpata da Tolone la Charles de Gaulle, la maggiore portaerei francese, l’unica a propulsione nucleare, di appoggio alle incursioni aeree.

Sopra la Libia sono volati in giornata anche aerei militari del Qatar. L’emirato è la prima nazione araba a supportare la coalizione occidentale, nel momento in cui, dopo un primo silenzio, la Lega Araba ha giudicato eccessivi i raid, la Russia ha trasformato la propria astensione in aperta contrarietà all’intervento armato, la Cina ha espresso «rammarico» per gli attacchi e così pure ha fatto l’India, il Venezuela ha criticato la coalizione e il comitato dell’Unione africana ne ha condannato la fretta chiedendo  lo «stop immediato a tutte le ostilità». L’Iran ha quindi invitato i libici a non fidarsi degli occidentali, il cui «unico obiettivo è quello di conquistare un controllo neocoloniale su una nazione ricca di petrolio», e i talebani dell’Afghanistan hanno condannato le «interferenze dell’Onu e dell’Occidente negli affari interni della Libia» giacché esse «avranno conseguenze che sono contro gli interessi dei Paesi islamici».

Le prime stime delle vittime parlano, stando a fonti sanitarie locali, di più di novanta persone morte negli scontri a fuoco di sabato a Bengasi. Il regime lamenta invece 64 vittime causate dai raid della coalizione e 150 feriti. I morti della capitale sono stati sepolti subito nel cimitero dei martiri del quartiere di al-Hani, a Tripoli, con esequie pubbliche che da parte occidentale qualcuno ha però ritenuto mera operazione di propaganda.

Quanto all’Italia, domenica pomeriggio sono decollati dalla base aerea militare di Sigonella, in Sicilia, sei caccia F16 danesi, giunti nel nostro Paese sabato pomeriggio; destinazione, Misurata. In serata 6 caccia italiani sono invece decollati dalla base di Trapani Birgi, due dei quali sono poi rientrati nelle prime ore della notte mentre alte colonne di fumo si levavano in cielo dalla zona di Bab al-Aziza a Tripoli, dove è ubicata la residenza-bunker di Gheddafi. L’Italia partecipa insomma a pieno titolo alla missione della coalizione internazionale. Il presidente della repubblica Giorgio Napolitano ha citato la Costituzione, sottolineando che il nostro Paese non è in guerra poiché agisce sotto mandato Onu; sotto il mandato dell’Onu che autorizza la guerra… Del resto, all’Angelus in Piazza San Pietro Papa Benedetto XVI ha ricordato le ragioni della giustizia e dell’aiuto ai sofferenti, si è stretto con il popolo libico e ha invocato il rispetto delle misure di assistenza umanitaria per tutti; cose, insomma, che si ricordano - e i pontefici lo fanno saggiamente e bene - quando è in corso una guerra.

È peraltro giallo attorno a un rimorchiatore italiano, l’Asso 22, sequestrato dalle autorità libiche dopo avere lasciato il porto di Tripoli, che per alcune ore è persino comparso dai radar. Intercettato da un elicottero militare di una nave della coalizione internazionale che era nell’area, il suo l’equipaggio non è ancora stato rilasciato.

La coalizione internazionale che nel fine-settimana ha bombardando in Libia le truppe del colonnello Gheddafi, sostenendo i ribelli, mirando al regime-change e ponendo l’ipoteca sul nation-building di domani sono anzitutto la Francia, seguita da Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada, Italia, Danimarca, Norvegia, Belgio, Qatar, Spagna e Paesi Bassi. In quanto tale, la Nato resta in attesa e limitandosi - pare - a svolgere solo un ruolo d’appoggio.

In serata è quindi giunto il nuovo “cessate il fuoco” di Gheddafi. Tutte le azioni belliche libiche sono state sospese.