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Un sì stentato all'UE nella Moldavia spaccata a metà

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Vincono i sì per un soffio al referendum nella piccola (e divisa) repubblica ex sovietica. E Bruxelles soffia sul fuoco delle tensioni.

Esteri 22_10_2024
La Presse (AP Photo/Vadim Ghirda)

I cittadini della Moldavia, ex repubblica sovietica all’estremo est dell’Europa, hanno votato ieri per un referendum costituzionale e approvato per un soffio l’inserimento nella Costituzione di una clausola che definisca l'adesione all'UE come un obiettivo da raggiungere, con il 50,3% che ha votato a favore della modifica della Costituzione e il 49,7% che ha votato contro. Durante l'annuncio dei risultati preliminari, i "no" hanno avuto la maggioranza, ma i voti postali dei moldavi che vivono all'estero alla fine hanno ribaltato il risultato. La presidente della repubblica e pro-UE Maia Sandu, nelle ultime 48 ore, ha accusato Mosca di aver interferito pesantemente nel voto popolare senza però portare prove concrete di quello che ha definito essere un attacco alla «libertà e alla democrazia del nostro Paese».

Le forze pro-UE della Moldavia, uno dei Paesi più poveri d'Europa, hanno accelerato frettolosamente l'adesione all'UE, da quando la Russia ha invaso l'Ucraina nel febbraio 2022. La presidente Sandu dovrebbe evitare di scambiare i propri insuccessi accampando pressioni straniere sul voto e piuttosto, con l’intera comunità internazionale, valutare con attenzione il risultato elettorale, influenzato certamente dal clima politico dei Paesi occidentali nei quali vivono i moldavi, ed i prossimi passi da compiere per evitare spargimenti di sangue interni e colpi di mano autoritari verso le opposizioni che rappresentano comunque la maggioranza degli abitanti del Paese.

Il Paese si trova tra l'Ucraina e la Romania, ha una popolazione di circa 2,5 milioni di abitanti e ha ottenuto lo status di candidato all'UE nel giugno 2022, mentre l'Unione Europea ha aperto i colloqui di adesione nel giugno di quest'anno. Sandu ha affermato più volte che solo l'adesione all'UE può garantire che la Moldavia non finirà per diventare il prossimo obiettivo della Russia. La Moldavia ha l'obiettivo di aderire entro il 2030, ma la stanchezza di alcuni Stati membri nel continuare l'allargamento dell'UE potrebbe significare che l'adesione richiederà molti altri anni. Tuttavia, nonostante il supporto deciso della diplomazia europea, il raddoppio dei finanziamenti da parte di Bruxelles e le iniezioni di capitali liquidi importanti del Fondo Monetario Internazionale, il Paese ha dimostrato di essere diviso al 50% e, per esser sinceri, una risicata maggioranza di cittadini moldavi preferisce tener buoni rapporti sia con Bruxelles che con Mosca.

Non prendere atto di questa storica opportunità, cioè quella di avere nella Moldavia un Paese ponte tra Mosca e Bruxelles e perseguire invece la strada manichea di approfondire divisioni, incomunicabilità, tensioni e muraglie diplomatiche, provocherà scontri e anche tensioni militari tra le regioni all’interno della stessa Moldavia, con la Transnistria e, in ultima analisi, un nuovo focolaio con la Russia. Una preoccupazione di buon senso che condividiamo anche con gli studiosi dell’Harvard International Review ma che pare non interessare i guerrafondai di Bruxelles. Lo status della Transnistria come repubblica separatista all'interno della Moldavia non è nuovo: dopo la caduta dell'Unione Sovietica, scoppiò una guerra tra la Transnistria e quella che oggi è la Moldavia.
Il conflitto terminò nel 1992 e la Transnistria rivendicò l'indipendenza dallo Stato della Moldavia. La Russia ha sostenuto la Transnistria nella guerra e vi mantiene truppe di stanza per il mantenimento della pace e proteggere i depositi di armi sovietici situati all'interno della Moldavia.

Non si dimentichi che dallo scorso aprile la regione della Gagauzia, con i suoi 160.000 residenti, per lo più di etnia turca che aderiscono al cristianesimo ortodosso, ha aperto un chiaro scontro con il governo centrale di Chisinau, respingendone le riforme giudiziarie, chiedendo uno status speciale per la lingua russa parlata dalla maggioranza dei cittadini, insieme alla lingua nazionale romena. Secondo la Costituzione della Moldavia, il leader della Gagauzia, è automaticamente un membro del governo del Paese ma la presidente Maia Sandu si rifiuta di firmare un decreto di abilitazione, perché l'attuale governatore, Yevghenia Gutul, è del partito politico filo-russo dell'uomo d'affari latitante Ilan Shor, condannato per frode.

Ebbene anche in questo caso l’Europa dell’Alto commissario Borrell si dimostra incapace della minima valutazione politica e accortezza diplomatica, infatti il 14 ottobre scorso, inopinatamente ha sanzionato cinque persone. In primis, Yevghenia Gutul, il governatore della Gagauzia e poi tutti i suoi maggiori collaboratori, eletti dal popolo e rei di non volersi inginocchiare alla omologazione occidentale ma orgogliosamente desiderosi di ritagliarsi un futuro di buoni rapporto con Mosca e Bruxelles, così strategicamente cruciale anche per tutti noi. Purtroppo, però, in un Paese diviso a metà, Bruxelles soffia sul fuoco e cerca un altro scontro all’arma bianca, mostrando totale disprezzo dei popoli, della democrazia e dello Stato di diritto.