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100 ANNI DI CALVINO / 28

Un promemoria per l’uomo odierno: salvare l’immaginazione

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Pensare per immagini, creando associazioni tra ciò che è e ciò che avrebbe potuto essere: è una facoltà fondamentale per lo scrittore che si chiede se troverà ancora spazio nel XXI secolo.

Cultura 15_01_2024

Fu Calvino a scegliere l’argomento delle lezioni che avrebbe tenuto all’università di Harvard nel settembre 1985 su ogni forma di comunicazione poetica, dalla letteratura alla musica fino all’arte figurativa. L’invito gli era giunto più di un anno prima, nel giugno 1984.
Lo scrittore profuse tutto il suo impegno, scrisse cinque lezioni delle sei che avrebbe dovuto tenere in America. Confessò alla moglie di aver raccolto materiale addirittura per otto lezioni. L’ultima (l’ottava) doveva intitolarsi «Sul cominciare e sul finire» (dei romanzi). Calvino fu però colto da un ictus il 5 settembre 1985 e tredici giorni più tardi morì.

Il titolo in inglese era Six Memos for the Next Millennium ovvero «Sei promemoria per il prossimo millennio». Divenne un libro postumo (1988), pubblicato col titolo suggerito dalla moglie Esther Judith Singer: Lezioni americane. Sottotitolo: Sei proposte per il prossimo millennio.
Racconta la vedova:

Se mi sono decisa finalmente per quest’ultimo titolo Lezioni americane è perché in quest’ultima estate di Calvino Pietro Citati veniva a trovarlo spesso al mattino e la prima domanda che faceva era: Come vanno le lezioni americane? E di lezioni americane si parlava.

I cinque capitoli scritti ripercorrono in un certo senso l’itinerario artistico di Calvino e riguardano in ordine la leggerezza, la rapidità, l’esattezza, la visibilità, la molteplicità, riferiti rispettivamente alle opere (o cicli di opere) I nostri antenati, Il sentiero dei nidi di ragno, Le cosmicomiche (e Ti con zero), Se una notte d'inverno un viaggiatore, Le città invisibili.
Calvino presenta quindi alcuni valori da salvare. La visibilità è uno tra questi.

L’uomo contemporaneo corre il rischio di perdere una delle facoltà fondamentali: «il potere di mettere a fuoco visioni a occhi chiusi, di far scaturire colori e forme dall’allineamento di caratteri alfabetici neri su una pagina bianca». In poche parole l’uomo sta perdendo la capacità di pensare per immagini.
Calvino introduce il capitolo attraverso le parole di Dante nel canto XVII del Purgatorio in cui il poeta afferma che l’immaginazione ha il potere di strapparci dal mondo esterno e terreno e di portarci in un mondo interiore tanto che se ci fosse il suono anche di mille trombe non ce ne accorgeremmo.

Da dove proviene questa facoltà immaginativa? Risponde Dante: «Moveti lume che nel ciel s’informa» ovvero «la facoltà è mossa da una luce che prende forma nel Cielo». Per Dante, quindi, le sue visioni (la sua immaginazione) provengono direttamente da Dio.
Per altri scrittori contemporanei la fonte dell’ispirazione e dell’immaginazione, anche se non parte direttamente dal Cielo, proviene comunque da una sorgente che esorbita le nostre intenzioni e il nostro controllo, che sia l’inconscio o il tempo ritrovato nelle sensazioni «che riaffiorano dal tempo perduto» (come in Proust) o l’epifania («concentrazione dell’essere in un singolo punto o istante» come in Joyce).

Calvino si avvale di un metodo che cerca di unificare «la generazione spontanea delle immagini e l’intenzionalità del pensiero discorsivo». L’immaginazione di Calvino viene imbrigliata in un sistema o rete in cui «ragionamento ed espressione verbale impongono anche la loro logica». Soluzioni visive (immagini), «congetture del pensiero» e risorse della lingua sono tre fattori compresenti nella creazione poetica, ovvero fantasia, filosofia, lingua sono ingredienti fondamentali che agiscono e che portano, ciascuno con il suo contributo, a far sì che la torta (metafora dell’opera o romanzo) lieviti e raggiunga la sua forma definitiva.

L’immaginazione è per Calvino «repertorio del potenziale, dell’ipotetico, di ciò […] che avrebbe potuto essere». La mente del poeta, come quella dello scienziato, crea associazioni tra ciò che è e ciò che avrebbe potuto essere.
Per questo l’osservazione della realtà diventa elemento fondamentale nel processo della creazione artistica. Per Calvino la realtà viene prima delle idee. La realtà esiste prima di noi e dei nostri pensieri. La scrittura di Calvino cerca le parole adatte in uno sforzo titanico di trovare l’espressione che possa descrivere la realtà, al contrario di chi tenta di ingabbiarla nei pensieri, negli schemi, nelle ideologie partorite dalla mente umana.

C’è un atteggiamento che Calvino considera fondamentale nel cammino dell’esistenza: «L’unica cosa che vorrei poter insegnare è un modo di guardare, cioè di essere in mezzo al mondo. In fondo la letteratura non può insegnare altro».
L’arte nasce, dunque, da una finestra spalancata sulla realtà con quella potenza efficace che gli fornisce la ragione, da intendersi come un’apertura alla realtà che tenga in debita considerazione tutti i fattori. Per questo l’arte non può prescindere dalla ragione e mai può nascere solo da una delle facoltà umane, sia essa l’immaginazione o il sentimento o l’intuizione.

Anche Manzoni scrive nel saggio Dell’invenzione che l’artista non inventa mai nulla. «Inventare» deriva dal verbo latino «invenire» che vuol dire «trovare», «incontrare». L’artista è come se trovasse nel creato le impronte del Creatore. Esiste, quindi, sempre un rapporto molto stretto tra l’arte e la realtà.
Tanti grandi scrittori e geni del passato, tra cui Dante, Shakespeare, Pirandello, concordano su questo: l’arte sgorga sempre da uno sguardo attento sulla realtà.

L’osservazione e l’immaginazione non sono sufficienti, perché è poeta (cioè creatore di immagini da poesis, «fare, produrre») colui che poi traduce in parole quanto vede con gli occhi o con l’animo.
La scrittura ha una grandissima facoltà, perché permette di dar forma a tutte le realtà e a tutte le fantasie. Le visioni degli occhi e dell’anima possono essere contenute in righe in cui segni alfabetici e punteggiatura susseguendosi lungo le pagine possono dar vita alla fantasia di ciascun singolo lettore. 
In una cultura dominante in cui si assiste al disinteresse per il reale e a un disimpegno nel quotidiano, in cui le persone sono sempre più connesse, ma slegate dal reale, sopravviverà la scrittura? O meglio sopravviverà la lettura?

Si chiede Calvino se continuerà ad esistere l’immaginazione nel XXI secolo «in una crescente inflazione di immagini prefabbricate». Sarà ancora possibile la letteratura fantastica?
Solo chi riscopre il silenzio, l’io, lo spazio delle domande, delle fantasie, dei desideri e dell’attesa, lontano dalla pretesa dell’immediatezza, degli spazi occupati e delle immagini confezionate da altri, può conservare davvero il piacere della scrittura e della lettura, luogo in cui domande e immagini assumono una forma e le risposte iniziano a palesarsi.



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