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IL BELLO DELLA SCUOLA/1

Un luogo dove le domande siano prese sul serio

Iniziamo un cammino che ci accompagnerà nei prossimi mesi alla riscoperta dell’affascinante avventura dell’insegnamento e dell’apprendimento tra i banchi di scuola.

Cultura 30_06_2019

Si è conclusa la scuola ormai da settimane. A breve avranno termine anche gli ultimi colloqui orali dei diplomandi nelle scuole secondarie di secondo grado. Si aprirà allora il tempo della vacanza, per eccellenza il momento in cui l’adulto e il giovane, liberi dalle solite occupazioni, si potranno dedicare ad altro, magari a quelle passioni e a quegli interessi a cui non ci si può dedicare con troppa cura durante l’anno. 

Le vacanze saranno l’occasione per affermare e seguire quanto di bello uno ha incontrato o viceversa per essere provocati dal fatto che non si è ancora incontrato o riconosciuto qualcosa di grande nella vita e allora questa constatazione può diventare provocazione del fatto che vada cercato. Da come si utilizza il proprio tempo libero spesso si comprende che cosa ci interessa e ci sta davvero a cuore.

Per tanti le vacanze saranno un momento di liberazione, di puro svago e divertimento, una volta conclusa l’esperienza scolastica, nove mesi spesso percepiti come un peso, una fatica, un sacrificio da cui evadere non appena possibile, magari nei week end. Una volta uno studente ha scritto: «Noi giovani di oggi sopravviviamo durante la settimana, siamo come in apnea, per poi vivere il sabato sera». 

Credo fermamente che il ragazzo debba poter fare esperienza che la scuola è bella, che sia una grande opportunità per sé, per crescere, per conoscersi, per scoprire la realtà e per scoprire se stessi e i propri talenti. Conoscere è un’esigenza naturale dell’uomo. La possibilità che hanno i giovani di oggi di proseguire gli studi è una grazia, un dono, che i ragazzi non sentono più come tale. 

Immaginiamoci come sarebbe diversa l’avventura scolastica se gli insegnanti si richiamassero a vivere ogni ora di lezione come se fosse la prima, con lo stesso entusiasmo e la stessa carica che spero abbia caratterizzato il loro primo giorno di scuola e gli studenti cogliessero il dono dell’apprendimento come se avessero ottenuto la conquista di andare a scuola per la prima volta.

Circondato da una cultura utilitaristica (per cui conta solo l’interesse economico), materialistica, relativista (non esiste l’amore vero, non c’è una verità, non esiste la bellezza, ecc.), edonistica (importa solo vivere e ricercare l’emozione forte come insegna il film Notte prima degli esami), lo studente deve riscoprire che studiare è bello e interessante. A scuola deve trovare un luogo dove ci siano adulti a cui possa porre le domande: «A che serve studiare? Perché dovrei fare fatica?».

Ci deve essere un luogo (in famiglia, a scuola, ecc.) dove le domande del ragazzo siano prese sul serio e possano trovare una risposta. 

Aveva ragione Leopardi quando osservava nello Zibaldone che la tendenza a procrastinare la felicità al futuro sino a giungere al desiderio di conseguire la felicità dai posteri si accentua sempre più man mano che l’uomo cresce e si fa adulto ed è pressoché assente nel bambino. Questi non pensa che al presente e riesce a concepire il futuro solo come l’attimo immediatamente successivo al presente. 

Quanto più uno è giovane tanto più si muove, invece, per il presente! L’adulto, spesso, non si pasce che della speranza e rinuncia al conseguimento della felicità al presente. Ma è possibile che il presente per lo studente non possa essere altro che il voto? Non c’è altro che possa accenderlo? 

Per questo sarebbe bello aprire le lezioni nelle classi con un augurio per gli insegnanti e per gli studenti: l’augurio che il cammino dell’adulto e del ragazzo possa essere una vera esperienza. E un’esperienza non si misura solo dall’esito, dalle delusioni, dai risultati, ma soprattutto dal fatto che quanto si vive divenga occasione per essere più uomini e più umani, per capire un po’ meglio la propria persona e che cosa abbia a che fare quanto viviamo con il nostro desiderio di felicità. Nella prima ora è già contenuto tutto, perché è lì che si nasconde la domanda con cui noi ricominciamo l’avventura scolastica. Qualche anno fa un ragazzo mi ha confidato che era la prima volta che un insegnante gli augurava un buon anno scolastico. In quell’augurio c’era già tutto, perché l’alunno si era promesso di non deludermi. 

La scuola non è, infatti, un luogo di semplice trasmissione d’informazioni e di cultura, ma una realtà in cui l’io del ragazzo e dell’insegnante si deve sentire fiorire nel desiderio di scoprire i propri talenti e di metterli al servizio di tutti. Perché ciò avvenga è indispensabile che si rimetta al centro la persona, che si viva l’avventura dell’insegnamento come scoperta. Scoperta di sé e scoperta dell’altro, scoperta di un cuore che accomuna il ragazzo di dieci o diciotto anni all’insegnante che si avvicina per la prima volta alla cattedra o, viceversa, che sta per andare in pensione. Scoperta che studiare può essere ancora bello e interessante! 

Non credo che si tratti di scoprire nuovi strumenti per affascinare i ragazzi e per colpire il loro cuore. I giovani di oggi sono uguali a noi venti trent’anni fa. Non concordo con chi si lamenta di quanto siano cambiati gli studenti di oggi. Il cuore dei ragazzi non è cambiato, ma è fatto per scoprire la verità, per trovare un amore vero che gli corrisponda, è affascinato dalla bellezza, vuole scoprire quale sia il proprio compito nella realtà e nella società.  

Chiediamoci: la scuola di oggi si propone come un luogo dove queste esigenze dei ragazzi siano prese sul serio o, al contrario, ostenta relativismo, multiculturalismo, scetticismo che non possono rispondere alle profonde domande dei giovani. Iniziamo un cammino che ci accompagnerà nei prossimi mesi alla riscoperta dell’affascinante avventura dell’insegnamento e dell’apprendimento tra i banchi di scuola.

La prossima volta partiremo con una valutazione dei nuovi Esami di Stato.