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Il regime degli ayatollah

Un cristiano condannato a dieci anni di carcere in Iran

L’accusa è di propaganda del Cristianesimo, collaborazione con governi ostili all’Iran e appartenenza a gruppi anti-regime.

Toomaj Aryan-Kia, un cristiano convertito, è stato condannato in Iran a dieci anni di carcere con l’accusa di propaganda del Cristianesimo, collaborazione con i “governi ostili”di Isarele, Regno Unito e Stati Uniti e appartenenza a “gruppi anti regime”. La sentenza è stata pronunciata il 5 novembre dal giudice Mostafa Narimani, della terza sezione del tribunale di Karaj. A Toomaj è stato inoltre vietato di far parte di qualsiasi gruppo per due anni a partire dal suo rilascio. Il suo ricorso contro la sentenza è stato respinto. Toomaj era stato arrestato nell’ottobre del 2022 quando casa sua era stata perquisita da genti dei servizi segreti che avevano proceduto al sequestro di alcuni oggetti personali, tra i quali delle Bibbie. Era stato tenuto in isolamento per 28 giorni e poi trasferito per 40 giorni nel reparto generale del carcere di Karaj dopo di che era stato rilasciato su cauzione pari a 75.000 dollari. Toomaj è almeno il sesto cristiano condannato a una pena detentiva di almeno dieci anni nel 2024. Lo scorso febbraio quattro cristiani, tra i quali l’armeno Hakop Gochumyan, sono stati condannati a dieci anni di carcere con l’accusa di “attività di proselitismo che violano la sacra legge dell’Islam”. A maggio otto cristiani convertiti sono stati condannati a un totale di 45 anni di prigione. Per uno di loro, Yasin Mousavi,  la condanna è stata a 15 anni: dieci per “appartenenza a un gruppo che mirava a compromettere la sicurezza nazionale” e cinque per “propaganda contro il regime tramite la promozione del Cristianesimo ‘sionista’”. Yasin era accusato di essere uno dei leader di una organizzazione cristiana evangelica e di aver svolto un ruolo attivo nelle proteste anti regime organizzate nel 2022 a Izeh in seguito alla morte di Mahsa Amini (verificatasi mentre era in carcere dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché non portava l’hijab in modo corretto), proteste durante le quali la polizia aveva ucciso un bambino di nove anni, Kian Pirfalak, raggiunto da un proiettile mentre era in auto con i suoi genitori.