Ue più brava a mandare armi che ad aiutare le imprese
Vertice informale di Praga: nessun accordo raggiunto su come fronteggiare la crisi energetica e su come sostenere famiglie e imprese nel duro inverno che ci attende. Unico accordo raggiunto: l'ennesimo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina. Come facciamo ad aiutare Kiev senza aiutare noi stessi?
A termine del vertice informale di Praga il risultato è ‘zero’, altri 10 giorni prima che la Commissione sia in grado di presentare proposte concrete e condivise, sono passati più di 30 giorni dal quel 5 settembre quando il Presidente del Consiglio Michel aveva redarguito la Von der Leyen e la Commissione per il grave ritardo riprovevole e l'inadeguatezza inconcepibile. Tuttavia la Commissione fa spallucce e si affida ai proclami e belle intenzioni senza alcun costrutto davanti al parlamento europeo, dove una massa di tifosi incuranti delle gravissime situazioni di precarietà di famiglie ed imprese, batte le mani senza alcun ritegno.
Incurante dell’urgenza, la Presidente Von der Leyen lo ha fatto ancora una volta il 5 ottobre, cambiando ancora una volta posizione e dichiarandosi favorevole al tetto sul prezzo del gas (temporaneamente), a cercare una intesa per il disallineamento dal mercato di Amsterdam (dove le quotazioni e speculazioni sul gas determinano il prezzo dell'energia elettrica) e promettendo di attivare trattative per allineare prezzi energetici a gas liquido (importato al 100% dall’Europa e proveniente da Canada, Usa e paesi arabi). Un genio! Per preparare il vertice informale di Praga di ieri la Presidente aveva anche inviato una lettera delle sue buone intenzioni a tutti i capi di Stato e governo della UE, un bel testo, ricco di appelli all’unità e alla solidarietà, carico di pathos contro il mostro russo, ma senza una reale e condivisa proposta concreta.
Dunque, l'emergenza energetica che tutti temevamo sin dallo scorso inverno, ora è qui e, sarà il Consiglio europeo del 20 ottobre a prendere le decisioni del caso. Nel suo intervento introduttivo sul dossier energia il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, ha sottolineato tre punti chiave: forniture, quello della riduzione della domanda, e naturalmente l’andamento dei prezzi. Secondo il Sole24Ore, il premier Draghi avrebbe “criticato esplicitamente la presidente Von der Leyen per essere stata reticente per sette mesi sulla definizione di una proposta per fronteggiare il caro energia” e sottolineato che, a causa di questo ritardo, “la Ue si trova di fronte al rischio di una recessione”. Il quotidiano tedesco on line DW riporta che “le discussioni più lunghe hanno riguardato l'opportunità che l’UE applichi un tetto ai prezzi del gas e le modalità per farlo".
Tra le proposte di un tetto ai prezzi ci sarebbero, sempre secondo la stessa fonte, “imporre un gap di prezzo sulle importazioni di gas russo (contraria Austria ed alcuni paesi dell’Est); ridurre il prezzo di altre importazioni di tutto il gas (vedi proposta dei 15 paesi della settimana scorsa); limitare il prezzo del gas per la generazione di elettricità e limitare il prezzo delle transazioni di gas all'interno della UE. Germania, Olanda e Danimarca si opporrebbero a qualunque tetto al prezzo del gas mentre, la proposta di Italia, Polonia, Grecia e Belgio, su un margine di tolleranza (massimo e minimo) di prezzo che si applicherebbe a tutte le transazioni di gas all'ingrosso, con l'obiettivo di ridurre le pressioni inflazionistiche e la speculazione sul mercato del gas, rimane la più ragionevole. L’inverno avanza, la Commissione latita e le divisioni permangono, mentre cresce la difficilotà in tutti i paesi per imprese e famiglie e, con essa, la consapevolezza che gli Stati Uniti e la Norvegia raccolgono profitti senza precedenti dall'impennata dei prezzi dell'energia e dalla semi-interruzione del gas russo all’Europa.
Alla stessa riunione Commissione e paesi EU hanno però trovato un'intesa, l’ennesima, sugli aiuti e finanziamenti da inviare all’Ucraina: È vero che l’Ucraina va aiutata, ma l’Europa non può in questo momento stremarsi sino a piombare nel suicidio. Che il Presidente del Parlamento europeo Metsola invochi più armi e carri armati pagati dall’Europa per l’Ucraina e che l’Alto rappresentante Borrell insista per accrescere la raccolta di fondi europei per pagare nuovi armamenti a Kiev è francamente vergognoso. L’Europa e gli europei hanno sinora speso, direttamente ed indirettamente, più di 12,5 miliardi di euro, senza contare i miliardi di euro spesi in armamenti e aiuti umanitari de singoli governi europei. Ora, diciamolo con franchezza e senza fraintendimenti, a cosa serve aiutare l’Ucraina se poi l’intera Europa non è in grado di aiutarsi e scivola verso una recessione e crisi senza precedenti? Che i nostri leaders europei e la Commissione di euroburocrati si trovino d’accordo solo nelle sanzioni alla Russia (il nemico), approvate ancora giovedì 6 ottobre e comprendenti il commercio del settore tecnologico e il congelamento dei beni ad altri 30 funzionari, e negli aiuti all’Ucraina non è più accettabile.
Dal 5 settembre scorso attendiamo che Ursula Von der Leyen presenti le sue proposte e ancora dobbiamo attenderle sino al 20 ottobre? No va dimenticato che grazie al fallimento di Biden, capace di rompere l’amicizia privilegiata con l’Arabia Saudita, nei giorni scorsi i produttori Opec di petrolio ed idrocarburi hanno tagliato la produzione e così sono aumentati anche i carburanti. Altri costi per famiglie ed imprese. Certo nel frattempo, in Italia è arrivata la stretta che definisce i nuovi limiti temporali di esercizio degli impianti termici di climatizzazione alimentati a gas naturale. Il periodo di accensione degli impianti è ridotto di un’ora al giorno e il periodo di funzionamento della stagione invernale 2022-2023 è accorciato di 15 giorni. Viene da chiedersi, senza alcuna polemica, ma questi politici europei dove vivono?