Tucho, il cardinal prefetto col vizietto della parolaccia
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Non è una novità l'espressione "colorita" pronunciata nella conferenza stampa di venerdì. In omelie e interventi pubblici il custode dell'ortodossia ha sempre fatto un uso disinvolto del turpiloquio.
Una premessa è d'obbligo: questo è un articolo da vietare ai minori, come spesso capita quando ci troviamo a scrivere del cardinale Víctor Manuel Fernández. La magra consolazione è che non riguarda nuove disquisizioni sugli orgasmi o consigli di esercizi di meditazione da fare coi genitali. Lo scorso gennaio, ritrovandosi pubblicati gli stralci più hot dell'ormai celebre La pasión mística. Espiritualidad y sensualidad, Tucho non ha rinnegato quel controverso passato letterario ma al tempo stesso ha ammesso che non lo avrebbe riscritto.
C'è un vizietto, invece, a cui l'attuale prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede sembra proprio non voler rinunciare: la parolaccia. Eh sì, perché la performance nella conferenza stampa di presentazione delle nuove norme sulle apparizioni, con quel «cazzate» dal sen fuggito di fronte agli increduli e divertiti giornalisti in sala, non è un'episodica caduta di stile. Il ricorso al turpiloquio in pubblico, infatti, è un pallino del teologo che Francesco ha voluto prima arcivescovo, poi prefetto e infine cardinale. Un assaggio lo avevamo avuto all'indomani dell'annuncio della sua nomina alla guida dell'ex Sant'Uffizio, quando su Facebook aveva voluto farci sapere che i suoi presunti avversari statunitensi, prendendosela con il libro Sáname con tu boca: El arte de besar (poi rivelatosi molto più soft di La pasión mística. Espiritualidad y sensualidad), «traducono la parola “strega" con “puttana”». Tra le tante critiche ricevute, questa proprio non l'ha mandata giù e così non ha perso l'occasione per utilizzare la parola "puta".
Quattro mesi fa, già membro del sacro collegio nonché custode dell'ortodossia cattolica, Fernández ha ricambiato l'accoglienza della comunità di Alcira Gigena, dove è nato, con un'omelia nella Messa della Vigilia in cui ha definito «una città di merda» il suo comune d'origine (qui). Un espediente, da lui evidentemente giudicato simpatico, per lodarsi mettendo in evidenza coi suoi concittadini che persino un nativo di Alcira Gigena può arrivare molto in alto. Esattamente come è successo a lui. Sempre sotto Natale, per rispondere alle legittime critiche provenienti dai vescovi di tutto il mondo a Fiducia supplicans, il porporato argentino aveva dimostrato la sua concezione di tolleranza dicendo in un'intervista ad Abc che chi discuteva la dichiarazione o non aveva letto il testo o «tiene mala leche». Quest'espressione nasce nell'idioma spagnolo nel Medioevo come un insulto e ancora oggi, se la si rivolge a qualcuno nei barrios di Buenos Aires, c'è da aspettarsi una reazione come quella evocata dal Papa nel 2015 per chi gli offende la mamma.
In ogni caso, non è l'aria trasteverina ad aver "contagiato" il lessico pubblico di Tucho: anche negli anni da arcivescovo di La Plata non si è fatto mancare l'amato turpiloquio. Nel luglio 2022, in una delle tante omelie a difesa del Papa, Tucho utilizzava il poco elegante tonterías per liquidare le calunnie degli odiati macristi nei confronti di Francesco. Un termine che arrivato a Roma ha subito imparato a tradurre con quello utilizzato pochi giorni fa in conferenza stampa. Nell'aprile 2021, invece, in un'intervista televisiva sulle conseguenze della pandemia l'allora arcivescovo si è accalorato per sostenere l'urgenza di un profondo lavoro educativo e spirituale da fare «perché altrimenti questo Paese va a la mierda». Noblesse oblige, quello di "mierda" è un concetto amato dall'attuale principe della Chiesa che nel 2013, da rettore dell'Università cattolica argentina, sentiva la necessità di utilizzarlo in un incontro pubblico sulla cultura citando Jorge Borges che davanti alla salma di Leopoldo Marechal si chiese se non avessero litigato troppo «per una politica di merda».
In conferenza stampa il «cazzate» lanciato lì con nonchalance ha fatto passare inosservate altre due uscite non esattamente eleganti del successore di Alfredo Ottaviani e Joseph Ratzinger: il racconto di una sorta di avance sessuale ricevuta da una sua ex parrocchiana che sosteneva di aver avuto la rivelazione di dover far nascere un nuovo Messia con lui e una risposta sulle novità delle nuove norme che, a suo dire, migliorerebbero la collaborazione tra diocesi e dicastero perché fino ad oggi «alcuni vescovi quasi bestemmiavano» quando si trovavano a dover discernere apparizioni e altri fenomeni soprannaturali. Di fronte al prefetto del dicastero più importante della Curia che descrive i vescovi come quasi bestemmiatori verrebbe quasi da rispolverare il "Come parli, frate?" di manzoniana memoria.
Un tempo si sarebbe detto: non siamo educande. Tuttavia, è innegabile che questo linguaggio da trivio in omelie ed interventi pubblici da parte di un vescovo risulti quanto meno inopportuno, se non sgradevole. Sembra quasi che da parte di Fernández ci sia un'ostentazione della parolaccia. Spontaneità o un tentativo grossolano di volersi presentare come hombre del pueblo a tutti i costi? Se così fosse, anziché teologia del popolo questo eccessivo uso di volgarità potrebbe finire per inaugurare una nuova corrente, la teologia der Monnezza dal nome del protagonista dei b-movies degli anni '70 e '80 con Tomas Milian e Bombolo. Considerata la passione per il cinema che regna in questi anni all'interno delle sacre mura, dopo gli interventi pubblici del cardinale argentino magari qualche produttore potrebbe pensare di rilanciare i moribondi cinepanettoni proponendo un "Natale in Vaticano" con Fernández nel ruolo di guest star al fianco di Massimo Boldi e Christian De Sica. Oppure c'è la via della ristorazione: "Da Tucho la parolaccia", sulle orme del noto locale trasteverino "Cencio". Meglio non dare consigli.
Comunque, sebbene probabilmente Gianfranco Funari avesse ragione a dire che «se uno è str**zo, non je posso dì stupidino, si crea delle illusioni, je devi dì str**zo», quando si ricopre l'incarico di prefetto del dicastero per la dottrina della fede e si deve presentare alla stampa un documento che interessa milioni di fedeli nel mondo sarebbe meglio dire "stupidino".
Apparizioni mariane, nuove norme per negare il soprannaturale
Nel documento targato Fernández sei criteri per accertare tutto, ma guai ad avallare l'eventuale soprannaturalità di fenomeni e apparizioni. Al massimo un nihil obstat, per la serie "male non fa...".
- Stretta sulle apparizioni: solo il Papa decide se un evento è soprannaturale, di Nico Spuntoni
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Orgasmi e genitali: spuntano altri testi hot di Fernández
Non è un errore di gioventù La pasión mística, il libro "nascosto" del prefetto della Dottrina della Fede, che di recente ha destato scalpore. Dopo il 1998 ci sono altri tre libri di "Tucho" che hanno capitoli discutibili.
Dal libro di Tucho: un florilegio di tantrismo teologico
«La grazia di Dio può coesistere con delle fragilità e anche con dei peccati», è uno degli estratti che vi proponiamo da La Pasión Mística, scritto nel 1998 dall'attuale prefetto della Dottrina della Fede.
Orgasmo come paradiso, la porno-teologia di Fernández
Orgasmo come anticipazione del Paradiso. Emerge dall'oblio La Pasión Mística, un libro choc pubblicato nel 1998 dall'attuale Prefetto del Ddf Victor Fernández. Un'attenzione morbosa all'unione sessuale come atto sganciato dalla procreazione e come solo piacere. Con un "patologico" racconto di una esperienza mistico-erotica.
- Dal libro di Tucho: un florilegio di tantrismo teologico
- Da Sarah bordate a Fiducia Supplicans di Nico Spuntoni