Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
ELEZIONI

Trump in testa nei sondaggi e quelle vecchie idee sugli Usa

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Trump risulta in testa in 5 su 6 degli Stati in bilico. Ma soprattutto attira più voti fra giovani, neri e ispanici, solitamente monopolio dei democratici. Vanno seppellite le vecchie categorie di analisi degli Usa.

Editoriali 16_05_2024
Donald Trump (La Presse)

Gli osservatori della politica statunitense devono prepararsi a cambiare le loro mappe, i loro criteri di giudizio, persino le loro stesse lenti. Se è vero che mancano sei mesi alle elezioni presidenziali, che in sei mesi può succedere letteralmente di tutto, però è anche vero che i risultati dell’ultimo sondaggio commissionato dal New York Times, sono così eclatanti che è impossibile ignorarli.

Non solo risulta che Trump vincerebbe (se si votasse oggi), ma che conquisterebbe soprattutto quelle fasce di elettorato che tuttora si attribuiscono all’area progressista democratica, come giovani, immigrati ispanici e afro-americani. Risulta che, nonostante i necrologi politici che vengono scritti sulla presunta fine politica di Trump sin dal 6 gennaio 2021 (giorno della conferma di Biden e dell’assalto al Campidoglio), l’ex presidente repubblicano continua ad essere il favorito. E neppure i processi, gli scandali sessuali, la campagna a media unificati contro di lui, scalfiscono il consenso americano per Trump. Nonostante l’economia vada, tutto sommato, bene (e Clinton diceva che solo l’economia contasse), gli americani non vogliono più Biden.

Quindi tutte le categorie che solitamente funzionavano per prevedere l’elezione di un presidente, devono essere profondamente riviste. E il modo di narrare la campagna elettorale dovrà adeguarsi di conseguenza, per evitare sorprese come quelle del 2016, ma anche quella dello stesso 2020, dove Trump ha perso solo di misura (lui lo nega tuttora e parla di “elezioni rubate”), ma Biden comunque non ha stravinto come si prevedeva.

Secondo il sondaggio New York Times pubblicato il 13 maggio, Trump è in testa a Biden in cinque dei sei Stati in bilico: Arizona, Georgia, Michigan, Nevada, Pennsylvania. Manca solo il Wisconsin, dove Biden è ancora in vantaggio. Si tratta di risultati sempre molto risicati, ma contando il sempre valido effetto “conservatore timido” può darsi che il margine di Trump sia addirittura superiore al previsto. Se così fosse confermato dalle urne, la sua sarebbe una sicura vittoria su Biden.

Però, oltre al “quanto”, quel che interessa veramente è scoprire “perché” e “come” Trump risulti attualmente avanti al presidente in carica. Prima di tutto scopriamo che i risultati di questo sondaggio sono quasi uguali a quelli dell’analogo rilevamento effettuato a novembre 2023, dunque prima dell’inizio del primo processo a Trump. E prima che la campagna di Biden spendesse decine di milioni di dollari in propaganda elettorali nei sei Stati in bilico. E quindi crollano già due certezze.

L’economia non va affatto male, la Borsa ha guadagnato il 25% da novembre, la disoccupazione è ancora praticamente a livelli naturali (3,9%), ma nonostante tutto, più della metà degli elettori ritiene che l’economia sia “povera” e un quarto è preoccupato soprattutto per il caro-vita.

Il 70% degli americani pensa che Trump, nel suo secondo mandato, possa essere il presidente del cambiamento. E di questo 70%, la maggioranza relativa (il 43% contro il 35%) ritiene che possa portare a un cambiamento per il meglio.

Ma soprattutto, ed è questo che indica un cambiamento drastico rispetto al passato, Trump attirerebbe il 23% del voto afro-americano, il più alto dato di preferenza dei neri per il Partito Repubblicano dai tempi del Civil Rights Act del 1964. Gli elettori giovani (18-29 anni) voterebbero a maggioranza per Trump (46% contro il 43% per Biden) e gli immigrati ispanici che, nel 2020, avevano dato a Biden una solida maggioranza, oggi sono quasi equamente divisi fra Trump e il presidente uscente.

Insomma, esistono singole questioni che hanno minato la fiducia in Biden, quali l’immigrazione, la guerra a Gaza (dove Biden è contestato soprattutto da sinistra: dai filo-palestinesi), la criminalità, il caro-vita. Ma non bastano a spiegare come Trump sia riuscito a erodere il consenso di quelli che erano feudi sicuri del progressismo americano. Lo potremo capire solo levandoci dalla testa le classiche categorie con cui viene letta l’America: razzismo e antirazzismo, bianchi contro minoranze, ricchi contro poveri. Forse si capisce qualcosa di più se si tiene presente un'altra contrapposizione: c’è una nuova élite, fortemente secolarizzata e legata al Partito Democratico, che unisce grande Stato e grandi capitali, rivoluzione antropologica e costosi programmi ecologisti. E poi ci sono gli esclusi, che voterebbero Trump come uomo del cambiamento, mentre scartano Biden perché candidato “progressista” della conservazione.