Tre grazie a Zan, il suo Ddl ha tre punti contro l’aborto
Nel Disegno di legge Zan possiamo trovare almeno tre argomentazioni contro l’aborto. Quel che viene scritto sull’identità di genere e la discriminazione della disabilità potrà tornare utile per difendere la vita nascente. Se la logica ha un senso, a legge approvata, il padre avrà infatti di nuovo voce in capitolo e dovrebbe finire in galera buonissima parte del fronte cosiddetto pro-choice. Perciò, grazie onorevole Zan...
- ROCCELLA CHIARISCE: «LEGGE DISASTROSA»
Dobbiamo ringraziare il Disegno di legge Zan perché in esso possiamo trovare almeno tre argomentazioni contro l’aborto. Sì, è proprio così e, come si dice, carta canta. Dunque andiamo a leggere alcuni passaggi del testo di legge che possono tornare utili per difendere la vita nascente.
La lettera d) dell’articolo 1 così recita: «Per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione». Quindi, secondo questo testo unico, ad esempio, un uomo può legittimamente ritenersi donna anche senza essere stato sottoposto ad operazioni chirurgiche né a trattamenti ormonali. È sufficiente l’autopercezione, il credere di appartenere al «genere» femminile.
Ora, sappiamo che un cavallo di battaglia del fronte pro-choice è stato sempre il seguente: voi uomini dovete tacere sul tema aborto perché non siete donne, non avete l’utero, non sapete cosa si prova a portare avanti una gravidanza. Naturalmente non bisogna essere donne per essere contro un assassinio, in specie contro l’assassinio prenatale. Ma ora, volendo comunque tenere valida l’obiezione del fronte abortista, viene in soccorso anche il Ddl Zan perché non serve avere l’utero o essere capaci di rimanere gravide per definirsi donne. Basta pensare di essere donne e il gioco è fatto. Dunque anche noi maschietti, diventati «donne» per il tempo necessario a controbattere alle tesi abortiste, avremo più voce in capitolo nel confutare gli errori dei pro-choice. Ecco che doverosamente dobbiamo dire il nostro primo grazie all’onorevole Zan e a tutti gli altri firmatari del Ddl.
Ma le sorprese non finiscono qui. La 194, come è noto, ignora quasi del tutto la figura del padre, il quale può dire la sua solo se la madre acconsente. Con il Ddl Zan cambia tutto. Il padre che si crede donna evidentemente diventa madre. Anche la giurisprudenza più recente ci dà una mano in tal senso: molte sono le pronunce dei giudici che qualificano la compagna di una coppia lesbica come «madre sociale», ma sempre «madre» è. Ora, se una donna che non ha nessun legame biologico con il bambino può venire considerata dal diritto come madre, a maggior ragione una «donna», ex uomo, che ha contribuito al concepimento. Quindi il padre diventa madre a tutti gli effetti e, così dice la 194, spetta a lei l’ultima parola se abortire o meno. Ci sarà solo da risolvere per vie giudiziali l’eventuale contrasto tra madre gestante e «madre» non gestante. Comunque sia, può essere una bella zeppa da inserire negli ingranaggi della macchina abortiva. Secondo grazie all’on. Zan.
Veniamo ad un altro passaggio interessante del testo unico. L’art. 2 modifica in più punti l’art. 604 bis del Codice Penale. Se venisse approvato il Ddl Zan, la lettera b) del 604 bis suonerebbe così: «Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità». Fissiamo la nostra attenzione su quell’ultima parolina: «disabilità». Il Ddl Zan ci dice che chi commette atti di violenza o anche solo istiga a commettere atti di violenza a danno di una persona disabile, atti motivati dalla disabilità della persona stessa, finisce in carcere.
Ora, se la logica ha un suo valore, se Tizio finisce in carcere per atti di violenza contro persona disabile per la sua disabilità, a maggior ragione dovrebbe finire dietro le sbarre se ne provoca la morte. È il caso dell’aborto compiuto quando si sospetta - la certezza non è necessaria - che il feto sia malformato. In questo caso ci troveremmo di fronte ad un omicidio prenatale compiuto per motivi legati alla disabilità del nascituro. E non solo finirebbe dietro le sbarre chi ha provocato la morte del bambino, ma, rispettando sempre la lettera del Ddl Zan, stessa sorte toccherebbe a tutti coloro i quali sono favorevoli all’aborto eugenetico. Dunque buonissima parte del fronte pro-choice. Che dire? Grazie, grazie e ancora grazie on. Zan.