Temperanza e prudenza: sapersi regolare nel mercato
La temperanza e la prudenza servono non solo ad auto-regolare le nostre passioni, ma anche ad auto-regolare l’economia per la produzione, la giusta distribuzione e il prezzo equo. Assieme, queste due virtù cardinali ci aiutano a crescere spiritualmente e a cercare un bene maggiore, senza rinunciare al piacere corporale
Mentre la parola “prudenza” è di uso comune, la “temperanza” è un vocabolo antiquato. Talvolta le nostre parole passano di moda, perché certe circostanze o il comportamento che descrivono non sono più testimoniate o praticate molto nella cultura corrente. Ciò è vero, in particolare, quando in economie tanto prospere quanto consumistiche, raramente poniamo dei freni ai nostri desideri personali.
Da una parte, porsi dei limiti non è una virtù molto popolare, quando il nostro potere di acquisto è alto. Dall’altra, un giudizio scaltro è ancora molto utile, specialmente di fronte al pericolo e all’azzardo morale. Gli investitori devono essere prudenti, quanto i pompieri e i poliziotti.
Pensateci: non siamo naturalmente temperati quando godiamo di un buon benessere economico. È perfettamente naturale considerare il “perché non un'altra” cosa o piacere. Così, credendoci in buona fede, pensiamo: “Ehi amici, perché non un altro bicchiere, che ho la carta di credito piena? Perché non un’altra Fiorentina, costa solo 50 euro e non mi sento ancora del tutto pieno? Perché non un’altra moto Guzzi, ho appena avuto un aumento e ho appena distrutto quella vecchia?”. Se mi posso permettere di comprare cose con il mio reddito residuale, sono spese giustificate. Se c’è una tentazione, ci arrendiamo ad essa. Così ci concediamo di comprare quel che desideriamo nell’immediato.
Tuttavia, quando la temperanza, assieme alla prudenza, entra nelle nostre vite di consumatori virtuosi, non c’è più un’“apertura dei cordoni della borsa” per “spese facili” che tenga, su qualsiasi cosa per chiunque. In questo caso, la nostra resistenza (per esempio dire “No, non un’altra Fiorentina!”) deve essersi sposata con una prudenza pedante (pensando “Non dimenticare che i 50 euro extra è meglio spenderli per la bolletta del gas dell’inverno!”). Temperanza e prudenza si relazionano in un legame dinamico che anima i nostri sacrifici quaresimali che, in ultima istanza, ci portano a moderare il nostro uso e godimento di beni inferiori, così da concentrarci, anima e corpo, su beni superiori. Schiariscono la nostra lente idolatrica così da farci dedicare più tempo all’Adorazione Eucaristica e nella contemplazione in preghiera. Riducono la nostra sete per il Whiskey e aumentano quella per il vino sacramentale. Frenano la nostra smania di shopping e ci spingono a fare pulizie primaverili, donando parte del nostro guardaroba extra ai poveri. Diventiamo più pii, preghiamo di più e facciamo più carità.
Delle due virtù, la temperanza in particolare non viene praticata oggigiorno, dato che è anche molto fraintesa. Ci concentriamo troppo sui freni, sulla potente volontà di fermare e ridurre. A nessuno piace subire la coercizione. Però, la temperanza non è un divieto radicale di qualsiasi cosa sia piacevole. Quando agisce in coppia con la prudenza, è la verifica che “questa cosa piacevole è eccelsa”, ma solo fino a un certo punto o fino a una certa quantità, o per uno uso o uno scopo specifici. Quando accettiamo una logica di rifiuto di tutti i piaceri corporali, trasformiamo la nostra fede in puritanesimo e in gnosticismo. Queste sono eresie e, ancor peggio, hanno un’influenza molto negativa sul mercato di molti beni e servizi, da cui dipende la vita di molta gente.
Quando la temperanza è applicata con eccesso di zelo, essa rifiuta la creazione di Dio e la nostra economia cooperativa e creativa che è parte di essa. Se rifiutassimo il piacere di goderci le nostre montagne innevate, rigetteremmo anche le stazioni sciistiche, i locali, gli alberghi e i ristoranti che vi costruiamo in cima. Se rifiutiamo il piacere di goderci il nostro mare, allora derideremmo gli yacht e le navi da crociera che produciamo per navigarlo. Se rifiutassimo la viticoltura, getteremmo al macero vini sontuosi in pregiate bottiglie.
E questo è un altro tassello importante per spiegare l’economia. La temperanza e la prudenza ci informano del fatto che il mondo materiale è in sé eccelso (in quanto viene da Dio), ma non lo è quando lo usiamo smodatamente o per fini falsi (che vengono dal vizio). Di conseguenza, i beni materiali sono grossolanamente interpretati come intrinsecamente malvagi e rimossi dal mercato. È quanto avviene quando gli alcolici non vengono venduti in alcune contee e comuni “astemi” in America, poiché l’ubriachezza e l’alcolismo provocavano la violenza ed era un profondo problema culturale e di sicurezza. Questa reazione sproporzionata è stata alla base del Proibizionismo, negli anni ’20, quando gli alcolici vennero vietati su scala nazionale. Qualche prodotto materiale è intrinsecamente un male, come la pornografia, e dovrebbe essere vietato. Ma certamente non tutti i beni materiali sono un male.
Infine, in una crisi, come quella che stiamo attualmente patendo, vediamo perché la temperanza e la prudenza ci aiutano a plasmare la nostra cultura morale ed economica, in particolare quando cerchiamo di ridurre l’accaparramento ed evitiamo di far gravitare i prezzi artificialmente. Quando la temperanza procede assieme alla prudenza, la nostra potente volontà ci induce a non arraffare pacchi su pacchi di carta igienica, fra le cose più essenziali, perché la nostra intelligenza prudente respinge la tendenza a chiederci “perché non un altro ancora?”. Realizziamo che, benché noi non siamo poveri, altri lo possono essere. Così smettiamo di arraffare e riempire il nostro carrello della spesa. In questo modo, beni di prima necessità molto ricercati, come la carta igienica, il latte, il formaggio, la carne, l’alcool etilico, i guanti e le mascherine, possono essere a disposizione anche di altri. Noi facciamo la nostra piccola parte nell’applicazione della giustizia distributiva.
L’altro beneficio indiretto nel non saccheggiare, è l’aiuto a mantenere i prezzi relativamente bassi, quando i beni diventano molto scarsi nel momento in cui la domanda è ancora molto alta. Quando le bottigliette di disinfettante o le mascherine sono comprate tutte in una volta sola, migliaia di rivenditori locali esauriscono le scorte e fanno ordinazioni massicce sempre tutte in una volta, al di sopra della capacità dei produttori. Spesso il prodotto arriva di nuovo con un prezzo scioccante. Perché? Pensiamoci. I venditori vendono a prezzi aumentati perché la fornitura rapida di beni dai produttori arriva spesso con costi di produzione aumentati, ma in quantità molto inferiori. Questo è un doppio fattore negativo.
Fabbriche in crisi economica non possono attendere spedizioni più a buon mercato delle materie prime dall’estero, quando gli ordini dei prodotti sono così urgenti. Così comprano le stesse materie prime da fornitori locali (ma molto più cari) o pagano di più per la spedizione aerea. Le fabbriche non possono risparmiare sull’energia quando le loro catene di montaggio funzionano 24 ore su 24. Talvolta, improvvise fermate e ripartenze creano danni meccanici agli impianti, e sono costi ancora più cari, dunque non possono rischiare. Una forza lavoro tutelata dai sindacati non può essere licenziata così facilmente, o pagata meno, così la quota di costi per il lavoro manuale resta invariata. In più, i magazzini e i camion, anche se le fabbriche li riempiono a metà, hanno sempre lo stesso prezzo di affitto per ogni mese e lo stesso costo per ogni viaggio. Ora capiamo perché l’accaparramento è un vero peccato economico: accaparratori egoisti mettono eccessivamente sotto pressione le fabbriche impendendo loro di essere efficienti e di produrre in modo abbondante e con profitto. Di conseguenza, l’effetto a cascata dai produttori ai grossisti, ai venditori al dettaglio e infine ai consumatori in impaziente attesa, è una forte inflazione. Nelle economie in crisi, si paga un prezzo alto a causa della nostra intemperanza irrazionale.
Chiaro il concetto? Non possiamo pretendere che se accaparriamo tutto, le fabbriche riempiano gli scaffali dei supermercati il giorno dopo con la stessa abbondanza di prodotti e allo stesso costo di produzione e dunque con lo stesso prezzo di prima. Nel frattempo, ho comprato 20 bottigliette di detergente per le mani (abbastanza per farmelo durare un anno o due) mentre i miei 19 vicini di casa ne hanno in tutto una sola. E tutti soffrono nel mercato.
In sintesi, la temperanza e la prudenza servono non solo ad auto-regolare le nostre passioni, ma anche ad auto-regolare l’economia per la produzione, la giusta distribuzione e il prezzo equo. Assieme, queste due virtù cardinali ci aiutano a crescere spiritualmente e a cercare un bene maggiore, ma non ci fanno respingere del tutto il piacere corporale. Anzi, ci risparmiano le liste nere dei beni di piacere, aiutano ad evitare bolle economiche, i prezzi politici e i razionamenti da parte dei governi. La temperanza e la prudenza preservano sia le persone che le economia dall’implosione e dall’auto-distruzione. Proprio ora, sono più importanti che mai.