Tanto tuonò che piovve, un 25 aprile di violenza e odio
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Si aspettavano tutti la rissa attorno alla partecipazione della Brigata Ebraica, nel lungo corteo del 25 aprile. E la rissa, puntualmente, c’è stata.
Tanto tuonò che piovve, si potrebbe dire di questo 25 aprile, caratterizzato da un bel cielo limpido, per altro, ma oscurato da nubi di guerra che arrivano direttamente dal Medio Oriente. Si aspettavano tutti la rissa attorno alla partecipazione della Brigata Ebraica, nel lungo corteo del 25 aprile. E la rissa, puntualmente, c’è stata. Merito delle polemiche che sono durate per tutto il mese (ne avevamo parlato qui) e che all’inizio di marzo avevano portato alle dimissioni del presidente dell'Anpi Milano, Roberto Cenati, in polemica con l'accusa di "genocidio" che la sua associazione rivolge a Israele.
Niente gonfalone della comunità ebraica milanese, sono andati in testa al corteo i deportati, con i cartelli neri dei campi di sterminio. Nonostante la loro presenza, già all’inizio della manifestazione, in Porta Venezia, sono partiti fischi e bordate di insulti. “Assassini! Assassini!” gridavano i comunisti dei Carc (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo) di fronte a chi reggeva i cartelli di Auschwitz, Birkenau e Bergen Belsen. “Ficcateli in c… quei numeri!” urlavano a chi portava i numeri tatuati sulle braccia dei nonni internati. E questo era solo l’antipasto. Alle spalle di questo primo segmento del corteo c’era lo striscione per le Democrazie, retto da Calenda, la Gelmini, Scalfarotto, Della Vedova insomma tutto il vertice dei partiti centristi (Azione, Italia Viva, +Europa), poi c’era la Brigata Ebraica, infine gli ucraini, che ricordano la loro presenza anche storica nelle file dei liberatori (inquadrati nel II Corpo Polacco). Insomma, il luogo più pericoloso del corteo. Lo abbiamo seguito, passo dopo passo. E non abbiamo mai preso così tanti insulti, in così poco tempo.
Ad ogni curva, ad ogni strettoia, piccoli gruppi assiepati sui marciapiede, sventolavano provocatoriamente bandiere palestinesi e gridavano insulti. La fantasia era poca: fascisti, nazisti, assassini, genocidi, vergogna. “Ma non mi dire che il 25 aprile c’è pure una bandiera americana??” si chiede sbalordito un ragazzo con la stella rossa sulla maglietta. Forse non voleva ricordare che gli americani sono fra i liberatori, mentre i sovietici non lo sono. Quasi un programma di politica estera lo striscione dei Carc: “Dal Donbass alla Palestina, liberazione dalla Nato assassina”. Qualcuno dica loro, però, che almeno in Medio Oriente la Nato non c’è.
La manifestazione avrebbe potuto fermarsi a questo livello di ostilità, sarebbe stato tutto folklore, ma nessun pericolo. E invece, proprio in piazza Duomo, la violenza è scoppiata per davvero. La si sentiva nell’aria. Gli insulti erano più pesanti del solito. Un facinoroso, di mezza età, con occhiali scuri, si è infilato nella manifestazione, ha prima insultato, poi si è innervosito perché i partecipanti al corteo rispondevano con battute e allora ha iniziato a spintonare, insultare, sputare, come preso da raptus. Non era l’unico. La collera si percepiva, i dimostranti di sinistra, giovani e meno giovani, parevano posseduti.
Poche decine di metri più in là, all’altezza del McDonald di piazza Duomo e nella piccola galleria Passaggio Duomo, volavano già le botte. Un’imboscata in piena regola. Giovani, quasi tutti arabi, chi a torso nudo, chi con abiti griffati come usa fra i “maranza” (Marocco zanza, ladruncoli di periferia che sfoggiano ricchezza appena possono) hanno aggredito la parte più pacifica del corteo, quella della sinistra per Israele che portava lo striscione “Due popoli in due Stati”. Come in una metafora del Medio Oriente, rappresentata dal vivo, gli estremisti non vogliono questa soluzione diplomatica, cercano lo scontro. Hanno strappato le aste delle bandiere dalle mani dei manifestanti e le hanno usate come armi. Lia Quartapelle (del Pd) per poco non veniva centrata da una bastonata. I minuti che sono passati, fra l’aggressione e l’intervento della polizia, sono parsi interminabili. Nel frattempo sono stati i Guardian Angels, i volontari rosso-vestiti, che hanno formato una catena umana per proteggere il corteo. Anche uno dei ragazzi ha fatto da paciere, cercando di frenare, almeno per un po’, i più scatenati. In serata si saprà anche la sua identità: Rocco di nome, un egiziano di Lorenteggio. Ma intanto un altro ragazzino ha sfoderato un coltello e prima di essere sommerso da poliziotti in borghese che lo hanno bloccato ha fatto in tempo a ferire leggermente un manifestante al braccio. Una donna pareva fuori di sé: una sedia volante l’aveva presa in pieno. Anche un cane è stato preso a calci dai teppisti. Indignato, scosso, con gli occhiali ancora bagnati, incontriamo Klaus Davi, giornalista e sondaggista. «Sono volate sedie, ci hanno sputato addosso. E ci hanno detto di abbassare la bandiera di Israele. Ma io mi rifiuto!».
E di teppisti si trattava, anche se muniti di bandiera palestinese. Non erano riconoscibili sotto alcuna sigla o organizzazione politica, non avevano altro scopo che menare le mani. Erano quasi tutti giovani, giovanissimi. Dieci sono stati fermati e portati in questura. È la rappresentazione, in piccolo, di quel che sono le seconde generazioni di immigrati musulmani in tutte le periferie d’Europa. Violente, anti-sioniste, se sventoli un simbolo ebraico di fronte a loro fa l’effetto di un drappo rosso con un toro.
Non c’è pace nemmeno sotto il palco dei relatori, una gigantesca bandiera palestinese è stata stesa sul basamento del monumento equestre di Vittorio Emanuele II. Anche qui, i manifestanti pro-Pal provano a sfondare le transenne, parte anche un fumogeno, la polizia deve intervenire per sedare la sommossa. I palestinesi e i loro sostenitori rubano la scena a Scurati, che legge il suo monologo. E al padre di Ilaria Salis, che dice che sua figlia è stata incarcerata “dai nazisti” in Ungheria e deve essere liberata.