Un 25 aprile contro i "fascisti" e contro le loro vittime (gli ebrei)
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Il 25 aprile è la festa di molti ma non di tutti. Una Liberazione di fuoco. Gli organizzatori accusano la Meloni di fascismo e non rispondono all'odio dei palestinesi contro Israele.
Il 25 aprile sarà la festa della Liberazione, ma alcuni sono più liberatori di altri. E così abbiamo assistito a un mese filato di polemiche, iniziate già prima di Pasqua e destinate a creare un clima infame per quando il corteo sfilerà a Milano e a Roma.
Prima di tutto l’esecutivo regolarmente eletto che attualmente governa la Repubblica è considerato illegittimo da buona parte degli organizzatori. Basti leggere il comunicato dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani italiani) che recita: «Tutte e tutti in piazza (...), uniti per contrastare il rischio, sempre più incalzante, di una deriva autoritaria nel nostro paese». Nel manifesto di convocazione del 25 aprile si legge quale sia lo spirito della giornata: «Contro gli attacchi alla Costituzione che l’attuale governo di estrema destra sta attuando attraverso l’introduzione del premierato e dell’autonomia differenziata, occorrerà mobilitarsi...».
Già questi toni fanno capire che c’è spazio, in piazza, solo per i partiti di sinistra, dell’opposizione. Non per le forze della maggioranza. «Da molti anni, e come ogni osservatore onesto riconosce, i partiti che rappresentano la destra in Parlamento hanno dichiarato la loro incompatibilità con qualsiasi nostalgia del fascismo – scriveva Giorgia Meloni, l’anno scorso, al Corriere della Sera - Il 25 aprile 1945 segna evidentemente uno spartiacque per l’Italia: la fine della Seconda guerra mondiale, dell’occupazione nazista, del Ventennio fascista, delle persecuzioni antiebraiche, dei bombardamenti e di molti altri lutti e privazioni che hanno afflitto per lungo tempo la nostra comunità nazionale». Ma per la sinistra non basta, come diceva lo scrittore Antonio Scurati, questa settimana, nel suo monologo mai recitato: «Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via».
Se si va in corteo il 25 aprile con l’idea fissa di combattere i fascisti, come se fossimo ancora sotto il regime, il paradosso peggiore è che le principali vittime del fascismo e del nazismo siano a loro volta le più contestate. L’odio contro Israele, infatti, è talmente traboccante da sfociare in antisemitismo. Basti sentire le parole di Mohammed Hannoun (Associazione Palestinesi in Italia): «La senatrice Liliana Segre dubita che (quello di Gaza, ndr) si possa chiamare genocidio, perché c’è una esclusiva riservata alla loro lobby».
A Roma, la comunità ebraica per il 25 aprile è solita incontrarsi alle 8 del mattino a Porta San Paolo. Ma quest’anno è stata letteralmente minacciata. Maya Issa, Presidente dei Giovani Palestinesi, ha rilasciato questa dichiarazione: «Il 25 Aprile saremo in piazza alle 8 a Porta San Paolo. Quest’anno la liberazione non può essere all’insegna di una sfilata ipocrita. E’ in corso un genocidio in Palestina, quindi non permetteremo che sia esposto e associato alla resistenza nessun simbolo sionista».
«Non ci faremo dire da nessuno che noi siamo i nuovi fascisti. Abbiamo combattuto per la Liberazione con i nostri partigiani e con la Brigata ebraica, nonostante le persecuzioni e il tradimento nei nostri confronti con le leggi razziali» ha dichiarato Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche Italiane. A Milano, in polemica con l’Anpi, il presidente della comunità ebraica Walker Meghnagi ha annunciato che non ci sarà il suo gonfalone: «Il presidente provinciale Primo Minelli ci aveva promesso delle cose che poi si è rimangiato» - aveva dichiarato Meghnagi. Nello slogan di apertura del corteo c’è una richiesta del “cessate il fuoco ovunque”, ma nessun cenno alla liberazione degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas. La Brigata Ebraica ci sarà, ma protetta sia dai City Angels che dalla Polizia di Stato.
Lo slogan scelto dall’Anpi, “cessate il fuoco, ovunque” è solo apparentemente unificante, ma è risultato quanto mai divisivo. Davide Romano, direttore del museo della Brigata Ebraica, aveva risposto a Minelli, in questi termini: «Per un 25 Aprile sereno è necessario chiarire subito che non c’è spazio nel corteo per chi attacca ex deportati e nega pagine della Resistenza ebraica. E non dimentichi anche di chiedere la liberazione degli ostaggi quando parla di “cessate” il fuoco, perché noi non ci stiamo ad abbandonare bambini e adulti nelle mani dei torturatori di Hamas. Questi erano gli accordi che abbiamo preso con lui quando abbiamo incontrato l’Anpi in vista della Festa della Liberazione». Ma il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, si è di fatto schierato con Minelli: «L’Anpi cercherà di enfatizzare il valore repubblicano e antifascista del 25 aprile. Da lì si parte. Poi un po’ di controversia c’è su questo striscione (“cessate il fuoco, ovunque”, ndr), che però è una dichiarazione che fanno tutti, anche il Papa. Per questo ho invitato la Brigata Ebraica a non contestare la cosa».
Due mesi fa il predecessore di Primo Minelli, l’ex presidente dell’Anpi Milano, Roberto Cenati, aveva rassegnato le dimissioni dopo 13 anni alla guida dell’associazione provinciale: «Non sono più d’accordo con la linea dell’Anpi nazionale, non mi riconosco nell’uso del termine “genocidio” per la tragedia umanitaria che sta avvenendo a Gaza», aveva dichiarato a La Repubblica.