Tacito e le prime fonti storiche pagane sui cristiani
Ai tempi di Tacito, l’ignoranza popolare non conosceva e non comprendeva i riti cristiani, come quello battesimale ed eucaristico. È facile comprendere come la comunione venisse intesa come antropofagia. Lo storico latino, nei suoi Annales, sembra farsi promotore di queste accuse infamanti.
Negli Annales Tacito apre differenti ipotesi sui motivi dell’incendio di Roma, la più insistente delle quali chiama in causa l’imperatore stesso, Nerone, accusato di voler costruire una nuova città e uno splendido palazzo: la Domus aurea. Per questa ragione, "per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani" (Annales XV, 44).
Le nefandezze di cui scrive Tacito, in latino indicate con flagitia ovvero crimini, misfatti, scelleratezze, riguardano l’accusa di infanticidio, di cannibalismo, di promiscuità sessuale. L’ignoranza popolare non conosceva e non comprendeva i riti cristiani, come quello battesimale ed eucaristico. È facile comprendere come la comunione venisse intesa come antropofagia. Tacito sembra farsi promotore di queste accuse infamanti, non verificate e non esplicitate expressis verbis nel testo.
Il capitolo 44 del XV libro degli Annales diventa un’importantissima fonte storica per documentare la diffusione del cristianesimo, una fonte pagana, di un autore chiaramente ostile alla nuova religione, che attesta che negli anni Sessanta del I secolo d. C. il cristianesimo era già molto diffuso a Roma. Tacito spiega anche l’origine di quella nuova superstitio chiarendo la sua diffusione con precisione storica e geografica:
Origine di questo nome (ovvero cristiani) era Cristo, il quale sotto l'impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma, dove da ogni parte confluisce e viene tenuto in onore tutto ciò che vi è di turpe e di vergognoso (Annales XV, 44).
Il cristianesimo è definito exitiabilis superstitio, perché considerato mortifero e pernicioso per il mos maiorum romano, per le tradizioni, per i culti, i sacrifici, il pantheon politeistico. A Roma approdavano tutti i nuovi culti orientali, esoterici e misterici. Superstitio è oramai un termine che si oppone alla religio e che indica quei culti stranieri che non hanno ottenuto un riconoscimento pubblico a Roma. Scrive, infatti, Cicerone nel De legibus, rifacendosi a prescrizioni antiche attribuite addirittura all’età monarchica:
Si accostino castamente agli dei, facciano uso della pietà, allontanino lo sfarzo. Se qualcuno agisse in maniera diversa, dio stesso lo punirà. - Nessuno abbia dei particolari, né nuovi né forestieri, se non pubblicamente riconosciuti; in privato coltivino i [culti che ricevettero] secondo il rito dei loro padri. - Vi siano templi [nelle città]; vi siano boschi sacri nelle campagne e sedi dei Lari. - Conservino i riti della famiglia e dei padri. - Onorino gli dei, sia quelli da sempre ritenuti celesti, sia quelli che i loro meriti abbiano posti in cielo, Ercole, Libero, Esculapio, Castoro, Polluce, Quirino, cosi quelle Virtù, per cui è concesso all'uomo l’ascesa al cielo, Mente, Valore, Pietà filiale, Fede, e di queste virtù vi siano templi, nemmeno un’ombra dei vizi. - Celebrino solenni sacrifici.
Per questo il cristianesimo è accomunato ad altre religioni orientali, smodate ed esagerate. L’imperatore Nerone decide di infierire contro i cristiani additandoli come colpevoli e sottoponendoli a pene crudeli e ricercatissime:
Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell'incendio, quanto per odio del genere umano. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio (Annales XV, 44).
I cristiani presenti a Roma e condannati rappresentavano già un’ingens multitudo. Il risultato ottenuto dall’imperatore con le persecuzioni fu, però, opposto, perché la crudeltà e l’esasperazione dei castighi suscitarono la compassione del popolo:
Benché si trattasse di rei, meritevoli di pene severissime, nasceva un senso di pietà, in quanto venivano uccisi non per il bene comune, ma per la ferocia di un solo uomo (Annales XV, 44).
Nel contempo, la testimonianza di molti cristiani che andavano incontro alla morte certi dell’eternità e della misericordia divina divenne strumento di conversione di un numero sempre crescente di Romani. Come avrebbe scritto più tardi Tertulliano nell’Apologeticum: «Il sangue (dei martiri) è il seme dei cristiani».
Tacito espresse un giudizio negativo sui cristiani, accomunati agli Ebrei: entrambi, cristiani ed Ebrei, erano così attaccati ai loro ideali, ai loro principi e alla loro fede che non potevano essere romanizzati. Vedremo nelle Historiae l’ostilità che proprio per questa ragione Tacito riservò alla terra di Giudea e agli Ebrei. Ebrei e cristiani credevano in un Dio unico. Per Tacito erano popolazioni o gruppi difficilmente distinguibili, nocivi per la cultura romana e per la religione, non assimilabili al popolo romano.