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La proposta di legge

Suicidio assistito, Toscana al bivio tra cura e abbandono dei malati

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Per l’11 febbraio, Giornata Mondiale del Malato, è in calendario al Consiglio regionale il voto sulla proposta di legge sul suicidio assistito promossa dai radicali. I vescovi: «Non c’è un “diritto di morire” ma di essere curati». Divisioni nella maggioranza PD tra cattolici e non.

Vita e bioetica 08_02_2025

Diventare la prima regione italiana con una legge sul suicidio assistito in nome di un presunto progresso o cercare di preservare i malati – a partire dai più fragili – da una “soluzione” normativa che mina la dignità della persona e la sacralità della vita umana? È su questo dilemma che la Toscana si sta interrogando e dividendo in questi giorni, in attesa che il Consiglio regionale si esprima sulla proposta di legge in materia, la cui votazione è in calendario per martedì 11 febbraio, preceduta da una discussione generale il giorno prima. Ma facciamo un passo indietro, vedendo le origini più prossime del dilemma.

Come già avvenuto in diverse altre regioni, anche in quella guidata dal piddino Eugenio Giani è stata presentata una proposta di legge di iniziativa popolare, promossa dall’Associazione Luca Coscioni e intitolata “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019”. La proposta dei radicali, meglio nota con il titolo-slogan di “Liberi subito”, è già passata al vaglio della Commissione Sanità, con emendamenti a tutti i suoi sei articoli originari, nonché al preambolo della legge e al suo stesso titolo, modificato come segue: “Modalità organizzative per l’attuazione delle sentenze della Corte costituzionale 242/2019 e 135/2024”.

Facciamo un rapido richiamo alle due suddette sentenze. Con la prima, la Consulta ha stabilito la non punibilità dell’aiuto al suicidio quando ricorrono quattro requisiti, ossia quando la persona è tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, ha una patologia irreversibile, ritiene intollerabili le sofferenze fisiche o psicologiche conseguenti a tale patologia e, infine, sviluppa in modo libero il proposito di suicidarsi. Con la seconda, la Corte costituzionale ha specificato meglio come intendere il requisito dei trattamenti di sostegno vitale. Per approfondire, rimandiamo alle analisi fatte a suo tempo da Tommaso Scandroglio su questo quotidiano (vedi qui per la sentenza del 2019 e qui per quella del 2024).

Con gli emendamenti alla proposta dei radicali, secondo il presidente della Commissione Sanità, Enrico Sostegni (PD), «pensiamo di aver superato i rilievi di costituzionalità e di legittimità del testo originario». Non la pensa così, tra gli altri, il consigliere regionale di Forza Italia, Marco Stella, che ha presentato una questione pregiudiziale di costituzionalità e ribadito, in settimana, che in apertura dei lavori ci sarà il voto sulla pregiudiziale stessa. Già l’Avvocatura generale dello Stato, pronunciandosi nel novembre 2023 su un’analoga proposta sul suicidio assistito presentata in Friuli Venezia Giulia, aveva spiegato che «l’eventuale approvazione della proposta in questione potrebbe esporsi a rilievi di non conformità al quadro costituzionale di riparto delle competenze legislative tra Stato e Regioni». La stessa Corte costituzionale, infatti, nella sentenza 242/2019 si è rivolta al Parlamento italiano e non alle Regioni, perché la competenza di normare eventualmente la materia è del primo e non delle seconde.

Tornando agli emendamenti votati in Commissione Sanità, essi sono stati approvati con i soli voti dei membri del PD (a parte il primo, di modifica del titolo della legge, votato anche dal leghista Andrea Ulmi) e il parere favorevole – 9 volte su 11 – del Comitato promotore; nei due casi in cui quest’ultimo ha mosso dei rilievi, lo ha fatto per chiedere delle modalità di attuazione del suicidio assistito più rapide. Un fatto, questo, che fa il paio con la “considerazione” che la proposta di legge dei radicali dedica alle cure palliative: mai menzionate nel loro testo.

Nel frattempo, a difesa della vita e della dignità dei malati sono intervenuti sia i vescovi toscani sia diverse realtà dell’associazionismo, specie cattolico. I vescovi hanno espresso la loro posizione in una nota del 28 gennaio, invitando la classe politica a superare le logiche di “schieramento” e riflettere su quale concezione si ha del progresso e della dignità della persona. Più in particolare i vescovi, oltre a rinviare alla lettura di Dignitas infinita (il recente documento del Dicastero per la Dottrina della Fede, su cui la Bussola ha già riferito), hanno esortato a orientare le proprie scelte in base a quella che «è proprio la storia della nostra Regione. Nella cura delle persone in condizione di fragilità la Toscana è stata esempio per tutti: la nascita dei primi ospedali, dei primi orfanotrofi, delle associazioni dedicate alla cura dei malati e dei moribondi, come le Misericordie, e poi tutto il movimento del volontariato, sono un’eredità che continua viva. Ci sembra che in un momento di crisi del sistema sanitario regionale, più che alla redazione di “leggi simbolo”, i legislatori debbano dare la precedenza al progresso possibile anche nel presente quadro legislativo, in un rinnovato impegno riguardo alle cure palliative, alla valorizzazione di ogni sforzo di accompagnamento e di sostegno alla fragilità». I vescovi hanno poi aggiunto: «La vita umana è un valore assoluto, tutelato anche dalla Costituzione: non c’è un “diritto di morire” ma il diritto di essere curati e il Sistema sanitario esiste per migliorare le condizioni della vita e non per dare la morte».

Le parole dei vescovi, a quanto è emerso, hanno incoraggiato in qualche modo i cattolici del PD toscano nel dibattito con le altre anime del partito, ma bisognerà vedere se ci saranno la volontà e i numeri (la maggioranza conta su 25 consiglieri, contro 16 dell’opposizione, di cui 2 del Movimento Cinque Stelle propensi a votare la proposta di legge) per respingere un testo che è sbagliato in sé, visto che vorrebbe normalizzare una pratica che è gravemente contraria – come ricorda il Catechismo – «al giusto amore di sé», del prossimo e di Dio (CCC, 2281).

Salvo rinvii, che pure nelle ultime ore sono stati ventilati, il testo sul suicidio assistito verrà votato appunto l’11 febbraio. Più associazioni, dal Family Day a Pro Vita & Famiglia, hanno fatto notare la singolare, macabra, coincidenza con la data in cui la Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Malato. Giornata che fu istituita 33 anni fa da san Giovanni Paolo II, il quale volle che la si celebrasse per la festa della Madonna di Lourdes con il preciso intento di «sottolineare l’indole salvifica dell’offerta della sofferenza, che, vissuta in comunione con Cristo, appartiene all’essenza stessa della redenzione» (Lettera del 13 maggio 1992). Al di là delle speculazioni sulla coincidenza, voluta o no, del voto all’11 febbraio, quel che è certo è che siamo di fronte a due opposte visioni della persona umana e della vita. I consiglieri toscani dovranno decidere se favorire l’aiuto al suicidio, oppure una prospettiva di cura e speranza, con lo sguardo all’eternità.



ddl bazoli

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- Finché eutanasia non ci separi, in Olanda baratro senza finedi Ermes Dovico
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APPELLO CONTRO L’EUTANASIA

«Io, con la sclerosi multipla, dico a Zaia e Fedriga: fermatevi»

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LA SENTENZA

Suicidio, la Consulta apre all’obiezione di coscienza. Che non reggerà

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