Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Beata Vergine Maria del Monte Carmelo a cura di Ermes Dovico
LEGGI INGIUSTE

Suicidio assistito, sulla verità non ci può essere dibattito

Ascolta la versione audio dell'articolo

La scelta di alcune testate cattoliche di aprire un dibattito sul disegno di legge sul suicidio assistito genera solo confusione perché il magistero è chiaro. Peggio ancora il ruolo dei vescovi che cercano il compromesso politico invece di annunciare la Verità.

Editoriali 16_07_2025

Alcune recenti uscite su alcune testate cattoliche a proposito del disegno di legge sul suicidio assistito – vedi Il Timone e Tempi – spinge a riaffermare con forza un principio fondamentale: non c’è opinabilità in materie dove il Magistero si è espresso in modo chiaro e definitivo. E quindi aprire dibattiti su questi temi è fuorviante. Seppure autorevoli voci cattoliche si sentono in diritto di esprimere personali interpretazioni per conciliare il Magistero con le ideologie del mondo, ciò non significa che allora la materia diventa opinabile.

Su questioni così decisive non si può fare il giochino del “pro e contro”, del “perché sì-perché no” con la scusa che siamo giornalisti. In realtà il messaggio che si manda è che non si sa bene che giudizio dare e che in fondo ogni opzione è lecita. Si dirà: ma come giornalisti abbiamo il dovere di dare conto di una discussione o di una polemica in corso. Giustissimo, ma dare conto di una discussione che riguarda il Magistero della Chiesa senza spiegare cosa il Magistero afferma con chiarezza è nascondere un pezzo decisivo di informazione, ovvero significa seminare confusione e dubbio laddove c’è certezza. E che ci sia certezza, in questi giorni lo hanno ben spiegato sulla Bussola Tommaso Scandroglio (qui e qui) e Stefano Fontana (qui e qui).

Purtroppo a provocare questo tipo di incertezze sono le stesse autorità ecclesiastiche. Sulla necessità di una legge italiana sul suicidio assistito hanno infatti concordato il neo presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Renzo Pegoraro, il vertice della  Conferenza Episcopale Italiana (CEI), anche attraverso il suo quotidiano Avvenire; perfino il segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin; né va dimenticato che Domenico Menorello, autore dei discussi articoli pubblicati da Avvenire e Il Timone, è vicepresidente del Movimento per la Vita Italiano.

Come è dunque possibile – è ovvio chiedersi - che le maggiori autorità ecclesiastiche italiane aprano alla possibilità di una legge sul suicidio assistito che contraddice il Magistero? Non sarà forse la Bussola a peccare di presunzione e interpretare in modo errato ciò che Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno stabilito?

A questa seconda domanda, la risposta è chiaramente “no”: abbiamo offerto abbondante documentazione su quanto il Magistero della Chiesa ha definito; e bisognerebbe aggiungere che due grandi esperti di bioetica come i cardinali Elio Sgreccia e Carlo Caffarra negli anni passati, in situazioni analoghe, hanno contribuito ad approfondire ulteriormente quale atteggiamento i cattolici sono tenuti ad avere davanti alla proposta di leggi ingiuste.

Resta dunque la prima domanda, e qui bisogna dire che i motivi che spiegano questo atteggiamento delle autorità ecclesiastiche sono almeno due.

Anzitutto una profonda debolezza culturale. Ovvero la riduzione della verità a un fatto confessionale. In altre parole: c’è l’idea che noi siamo contro il suicidio assistito perché siamo cattolici, ma dobbiamo tenere conto che oggi nella società ci sono diverse anime, diverse culture, diverse ideologie. E quindi bisogna dialogare per trovare un terreno comune, una possibilità di convivere senza provocare lacerazioni sociali. Stesso discorso è stato fatto per il divorzio, per l’aborto, per la fecondazione assistita, per le unioni omosessuali e così via. Quello che manca è la consapevolezza che la posizione cattolica sul diritto alla vita – così come sulla famiglia - è semplicemente vera, cioè rende ragione alla verità di ogni uomo; ed è vera per la società intera, in ogni tempo e ad ogni latitudine. È il fondamento di una società sana, è la base per una civiltà che sia davvero umana. In altre parole, si tratta della legge naturale.

Se di questo si fosse consapevoli si capirebbe facilmente perché non ci si può rassegnare o addirittura auspicare una legge che regoli il suicidio assistito. Sulla verità non ci possono essere compromessi. E compito della Chiesa, e dei singoli cattolici, è annunciare la Verità, non trovare il compromesso possibile. Il dialogo, in questo caso, va inteso unicamente come la possibilità di rendere ragione di questa verità, non come un estenuante dibattito per arrivare a una posizione comune intermedia.

A questa debolezza culturale si associa poi un altro fattore, la riduzione della Chiesa a soggetto politico: i vescovi più che preoccuparsi della salvezza delle anime e dell’annuncio della Verità pensano a trovare soluzioni politiche per risolvere i problemi della società. Così, nell’ottica del dialogo e del compromesso, fanno da suggeritori ai politici “amici” o intervengono direttamente dettando la linea, come apparve drammaticamente chiaro ai tempi della Legge 40 sulla fecondazione assistita e del relativo referendum (2005), quando la CEI era guidata dal cardinale Camillo Ruini. Con il risultato che i compromessi politici raggiunti con la benedizione dei vertici della CEI diventano nell’immaginario collettivo “leggi cattoliche”, anche quando contraddicono clamorosamente il Magistero della Chiesa. Così fu appunto proprio per la Legge 40, quando il “successo” politico convinse molti cattolici, preti compresi, che la fecondazione omologa prevista dalla legge fosse lecita anche dal punto di vista cattolico. E così sarà inevitabilmente per la legge sul suicidio assistito se passerà la proposta messa a punto dal centro-destra, con il suggerimento e la benedizione della CEI e della Pontificia Accademia per la Vita.

È abbastanza ovvio che una tale posizione delle gerarchie ecclesiastiche confonde e porta sulla strada sbagliata anche i laici impegnati nella società e in politica, e metterebbe in difficoltà quanti – ammesso che ce ne siano – volessero difendere la posizione cattolica, cioè vera. Un parlamentare oggi che si alzasse in piedi per dire, in nome della verità sull’uomo, che nessuna legge sul suicidio assistito va fatta, verrebbe impallinato da destra, da sinistra e anche dall’alto (della CEI).

C’è dunque bisogno che la Chiesa ritrovi anzitutto se stessa, che riscopra la sua missione nel mondo, e che gli stessi vescovi siano richiamati a questo. Possiamo almeno sperare che una sterzata in questo senso venga proprio da papa Leone XIV, che già nel discorso loro rivolto lo scorso 17 giugno invitava i vescovi italiani a focalizzarsi sull’evangelizzazione, ad avere come «primo grande impegno (…) portare Cristo “nelle vene” dell’umanità».

 



FINE VITA

Suicidio assistito, la strategia perdente del "palettismo"

23_06_2025 Riccardo Cascioli

Un convegno a Milano domani sera, organizzato da Bussola Quotidiana e ProVita&Famiglia, chiarirà gli inganni delle proposte di legge sul suicidio assistito e la vera posta in gioco in questa battaglia.