Stupri, un veicolo per il gender a scuola? Il rischio c’è
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Problema stupri: il governo risponde con un piano per le scuole e corsi sulla “parità di genere” contro il “machismo”. Ma c’è il rischio concreto che i gruppi Lgbt approfittino della situazione. E si ignora la vera educazione che serve.
L’emersione di casi di stupro sempre più raccapriccianti, spesso con al centro branchi di giovani e giovanissimi come a Palermo e a Caivano, sta inducendo la politica a cercare di correre ai ripari. Un’intenzione in sé buona, anche se bisogna stare attenti a non creare un boomerang, cercando di risolvere un problema con un altro problema, come sarebbe l’incentivare a scuola l’«educazione sessuale» classicamente intesa, che al giorno d’oggi ha tra i suoi pericolosi corollari pure la teoria del gender.
Durante la visita a Caivano del 31 agosto - fatta insieme alla premier Giorgia Meloni e ai ministri Matteo Piantedosi (Interno) e Andrea Abodi (Sport) - il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha presentato le misure del decreto ministeriale Agenda Sud, firmato il giorno prima. Un decreto molto ampio, finanziato con 265,5 milioni di euro, e che riguarderà oltre duemila scuole del Mezzogiorno, con lo scopo generale – si legge sul sito del Ministero – della «riduzione dei divari territoriali e negli apprendimenti». Più nello specifico, quei soldi serviranno ad esempio a finanziare la retribuzione per le ore aggiuntive del personale scolastico «impegnato nell’attuazione dei progetti didattici» e a svolgere «attività laboratoriali (sport, teatro, musica, educazione alla cittadinanza e al rispetto, ecc.) per l’apertura delle scuole oltre l’orario scolastico». Particolare attenzione sarà rivolta a 245 scuole (tra cui 4 di Caivano) individuate dall’Invalsi, con misure aggiuntive quali la previsione di nuovi docenti, il coinvolgimento delle famiglie, il potenziamento delle attività sportive.
Tra le altre novità, pare per l’intero Paese, Valditara spiega che «verrà messa in atto un’azione di sensibilizzazione sui temi della parità di genere, anche attraverso l’adozione di una specifica circolare ministeriale». In un videomessaggio trasmesso pochi giorni prima della visita a Caivano, il ministro dell’Istruzione aveva inoltre detto che «dobbiamo sradicare i residui di una cultura maschilista, machista, nella società italiana», aggiungendo che «dobbiamo affermare a partire dalla scuola la cultura del rispetto», cosicché i ragazzi capiscano che «la parità e il rispetto sono il bene e invece la sopraffazione, la discriminazione, l’offesa alla dignità sono il male». I dettagli non sono noti, ma questi corsi, riporta La Nazione, dovrebbero partire nelle scuole superiori già a fine settembre e durare fino al 25 novembre. A tenerli saranno chiamati, da quanto emerge, psicologi, rappresentanti di associazioni a difesa delle vittime di violenza, avvocati; e si punterà anche all’educazione tra pari, con studenti che catechizzeranno altri studenti (liquefacendo ancora di più il rapporto docente-discente).
Al di là del metodo, sorge qualche domanda: possibile che tutto si spieghi con il “machismo”? E, ancora, come verranno declinati i suddetti propositi del governo? Se l’è chiesto in un comunicato Pro Vita & Famiglia, che attraverso il portavoce Jacopo Coghe, pur apprezzando l’idea che a scuola si ribadisca «il rispetto sacro di ogni persona», sottolinea un primo punto centrale: «Sarebbe importante che nelle scuole si aprissero seriamente gli occhi dei giovani sui danni enormi causati dalla pornografia, che alimenta una sessualità immatura, distorta, possessiva e in definitiva predatoria».
È un fatto che la pornografia sia ormai ampiamente sdoganata nel Paese, tanto che celebri pornostar vengono incensate e considerate come opinion leader perfino da rappresentanti delle istituzioni (vedi qui e qui). La pornografia, con la masturbazione, è considerata benefica o al più neutra dai programmi di educazione sessuale promossi dalla cultura mainstream, Oms inclusa. Programmi evidentemente irresponsabili, che veicolano una concezione meccanicistica del sesso (con contraccezione, aborto, fluidità di genere, ecc.), slegando il significato unitivo da quello procreativo e svilendo il senso del pudore, che oggi più che mai sarebbe invece indispensabile valorizzare.
Il perché lo spiega bene il Catechismo: «Il pudore custodisce il mistero delle persone e del loro amore. Suggerisce la pazienza e la moderazione nella relazione amorosa; richiede che siano rispettate le condizioni del dono e dell’impegno definitivo dell’uomo e della donna tra loro. Il pudore è modestia. Ispira la scelta dell’abbigliamento. Conserva il silenzio o il riserbo là dove traspare il rischio di una curiosità morbosa. Diventa discrezione» (CCC 2521). Il pudore si ricollega alla purezza – che lo «esige», insegna ancora il Catechismo – e «ci consente di percepire il corpo umano, il nostro e quello del prossimo, come un tempio dello Spirito Santo, una manifestazione della bellezza divina» (CCC 2519).
In questi semplici insegnamenti di morale naturale - che richiamano l’essere umano al disegno eterno che il Creatore ha su di lui - stanno tutte le risposte non solo al problema della violenza sessuale sulle donne, ma al più generale imbarbarimento che ha interessato le nostre società a seguito del dilagare della cultura sessantottina, ormai integrata nel “sistema” in molteplici forme (musica commerciale, film, leggi dello Stato, programmi Tv, pubblicità, romanzi, ecc.). Una cultura che sbandierando una falsa libertà, deresponsabilizzata, ha reso paradigma l’idea del corpo-oggetto: e questo sia per l’universo maschile che per quello femminile, seppur con le diversità dei due sessi. Purtroppo non sembra affatto, dalle dichiarazioni del ministro e da quanto riporta la stampa, che si sia capito che la soluzione ai problemi di una sessualità distorta va cercata nella riscoperta della morale naturale. Anzi, si rema nella direzione opposta.
Come sottolinea giustamente Pro Vita, «sui territori, la stragrande maggioranza di enti, associazioni o cosiddetti “esperti” che trattano questi temi nelle scuole lo fanno in base ad approcci ideologici e politici, diffondendo pericolose sciocchezze sulla fluidità sessuale o attacchi indiscriminati contro gli uomini in quanto tali, agenti di un inesistente “patriarcato”». Si rischia quindi di aggravare il disordine spianando, magari involontariamente, la strada alla teoria del gender, un esito che «sarebbe paradossale», come afferma Coghe, per un governo di centrodestra. Oltre a chiedere all’esecutivo di garantire che le famiglie vengano tutelate con l’obbligo del consenso informato preventivo (il minimo sindacale), Pro Vita fa presente che «non è un buon segnale il fatto che nella fase preparatoria di queste linee il Ministero dell’Istruzione non stia minimamente coinvolgendo le associazioni familiari e di genitori».
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