Strasburgo e Turchia, la scommessa del Papa
Nel discorso di oggi al Parlamento europeo si attende l'indicazione di una strada per una Unione che ha smarrito il senso del suo ruolo. E nel fine settimana, nei luoghi della prima evangelizzazione di San Paolo, farà i conti con un paese cruciale nei rapporti tra cristianesimo e islam, tra Oriente e Occidente.
Due viaggi papali saranno certamente al centro delle cronache di questa settimana: quello di oggi a Strasburgo e quello in Turchia dei prossimi venerdì-domenica 28-30 novembre.
Questa mattina Papa Francesco prende la parola al Parlamento europeo riunito a Strasburgo in seduta solenne. A tale visita il presidente del Parlamento, Martin Schulz, venuto a Roma a incontrarlo, l’aveva invitato l’11 ottobre 2013. Al termine di quell’incontro Schulz, parlando ai microfoni della Radio Vaticana, aveva così spiegato le ragioni del suo invito: «Oggi, viviamo in un mondo globalizzato in cui l’Unione Europea dovrebbe svolgere un ruolo di stimolo per ottenere maggiore giustizia, maggiore cooperazione; dovrebbe essere strumento per la creazione di un mondo più giusto e più equo. E il luogo in cui si discute di tutto questo è il Parlamento europeo. La Santa Sede e il Papa hanno un impatto enorme sul dibattito mondiale sui cambiamenti di cui abbiamo bisogno. Per questo, un uomo con un tale impatto e una tale importanza, dovrebbe prendere la parola proprio in quel contesto in cui si discute del ruolo dell’Europa nel mondo». Sono parole sorprendenti (a anche in certo senso ammirevoli) se si tiene conto di quanto diversamente la pensi il presidente del Parlamento su questioni di importanza-chiave agli occhi della Chiesa e dei cristiani, e di quanta parte degli europarlamentari sia sulla sua stessa linea.
In un articolo a sua firma apparso martedì scorso su L’Osservatore Romano Schulz ha ulteriormente dato testimonianza di grande apertura al riguardo. «Sono passati ventisei anni dal discorso di Giovanni Paolo II al Parlamento europeo», ricorda innanzitutto nel suo articolo il presidente del Parlamento Europeo e così continua: «Era l’11 ottobre 1988. La visita del Papa fu un preludio all’annus mirabilis dell’Europa: il 1989. Giovanni Paolo II e tutta la Chiesa ebbero un ruolo fondamentale nel processo che mise fine al giogo sovietico, nel sostenere la domanda di libertà, emancipazione e indipendenza di milioni di cittadini dell’Europa centro-orientale».
«Nel 1988 Giovanni Paolo II parlava a deputati di dodici Paesi, eletti in rappresentanza di 330 milioni di cittadini. Papa Francesco parlerà a eurodeputati provenienti da ventotto Paesi, che rappresentano più di mezzo miliardo di persone. La speranza che Giovanni Paolo II ha contribuito a realizzare è oggi compiuta. La Chiesa ha sempre sostenuto l’Europa nella sua crescita, ma ha anche contribuito in maniera cruciale alla sua riunificazione. Ma quale missione deve accompagnare l’Europa nel suo futuro? La visita di Papa Francesco aiuterà a rispondere a questa domanda, a spingere tutti gli europei a interrogarsi sul senso più profondo della nostra unione. Vogliamo un’Europa che sia solo un mercato unico per la libera circolazione di merci e capitali? O vogliamo un’Europa che rinnovi i valori di solidarietà, tolleranza, rispetto della persona e uguaglianza, che hanno ispirato i padri fondatori?».
Schulz continua poi affermando che «la visita di Papa Francesco non è un attacco alla laicità delle istituzioni europee. Laicità non vuol dire mancanza di dialogo. Laicità non vuol dire negare il pluralismo su cui l’Europa si fonda. Laicità significa autonomia, imparzialità, garanzia e libertà, non introspezione. Gli obiettivi e i valori che ci uniscono sono molto più forti degli elementi di divisione. Spesso ce ne dimentichiamo. Come sindaco, nel portare aiuto ai senzatetto o nell’accogliere gli immigrati, ho sempre potuto contare sull’aiuto della mia diocesi. Come presidente del Parlamento europeo, non posso che riconoscere il ruolo di primo piano della Chiesa nel limitare i danni, materiali e immateriali, della crisi economica. La presenza a Strasburgo di Papa Francesco, il Papa che è venuto dalla «fine del mondo», può servire a scuotere l’Unione dal preoccupante senso di smarrimento che, negli ultimi anni, ha condotto gli europei a cercare colpevoli più che a individuare soluzioni. Abbiamo un’agenda da condividere e una strada comune da percorrere. Questa strada deve condurre l’Europa verso le sue periferie, materiali e immateriali, geografiche e spirituali. (…) Abbiamo abbracciato l’Europa, non per difendere le nostre conquiste dietro un muro, ma perché sempre più persone possano godere dei nostri stessi diritti. Ringrazio Papa Francesco per la sua visita al Parlamento europeo e al Consiglio d’Europa, sono sicuro che contribuirà a risvegliare la vecchia Europa dal suo torpore e farla tornare tra la gente e nelle sue periferie».
Al di là della filosofia politica in cui si riconosce, Schulz dà con queste parole un segno di buona volontà che merita una cordiale anche se attenta verifica, anche alla luce sia del discorso di Giovanni Paolo II da lui stesso citato, sia di quello che Benedetto XVI rivolse a Berlino al Reichstag il 22 settembre 2011. Un discorso che non a caso si conclude con un preciso riferimento all’Europa e alle sue radici.
Tanto più in tale prospettiva assume specifica importanza la visita che papa Francesco farà in Turchia alla fine di questa settimana. Con la sua storica e controversa gravitazione verso l’Europa la Turchia fa caso a sé nella storia delle relazioni non solo tra Occidente e Oriente ma anche fra cristianesimo e islam. Paese oggi quasi esclusivamente musulmano, si estende tra l’altro sui luoghi della prima evangelizzazione di San Paolo.
In una città oggi turca, il cui primo nome è Nicea, si riunì nel 325 il Concilio in cui venne approvato il Credo. A Istambul (Costantinopoli) continua ad avere la propria sede il Patriarca ecumenico, prima autorità spirituale della Chiesa ortodossa. Nella Turchia di oggi i cristiani sono tuttavia un’esigua minoranza sospetta e discriminata, dove anche in anni recenti dei sacerdoti e un vescovo cattolici sono stati uccisi in odio alla loro fede e al loro essere tali. Sono questi in estrema sintesi tutti gli elementi che fanno dell’imminente visita papale un’occasione tanto importante quanto delicata.
Papa Francesco trascorrerà la prima giornata della sua visita ad Ankara, la capitale della Turchia, dove incontrerà le autorità politiche e visiterà il mausoleo di Mustafà Kemal Atatűrk, il fondatore della Turchia moderna. Sabato si sposterà a Istanbul, dove visiterà il Museo di Santa Sofia, ossia l’antica cattedrale bizantina divenuta poi grande moschea e infine appunto museo; e quindi la maggiore moschea attuale della città. Celebrerà la messa nella cattedrale cattolica, parteciperà a un momento di preghiera ecumenica nella cattedrale patriarcale e quindi si incontrerà con il patriarca Bartolomeo I. Con lui si incontrerà di nuovo il giorno seguente, domenica, prima di rientrare a Roma. Ogni fase e ogni momento di questa complessa visita papale meritano di venire seguiti attentamente.