Sposo e prete, non è più solo un'ipotesi
Dal Brasile alla Germania prende forza il partito dei viri probati, per rispondere alla mancanza di preti. E intanto si scoraggiano le vocazioni sacerdotali non progressiste.
La lunga marcia del cardinale Hummes per giungere all’ordinazione dei Viri Probati sta per arrivare in porto? In questi ultimi giorni c’è stato un intensificarsi di notizie, accenni, mezze indiscrezioni che indicano che il problema potrebbe essere messo in agenda nel Sinodo sull’Amazzonia, previsto a Roma nel 2019.
Del Sinodo si era parlato nei mesi scorsi; l’impressione ricevuta in quella fase era che potesse svolgersi – ma in una qualche località della regione amazzonica – entro quest’anno. Posto che non c’è mai stata una dichiarazione ufficiale non è possibile dire con certezza se la scelta del 2019 sia una forma di dilazione; così come non è possibile affermare con sicurezza se la scelta di Roma come location dell’evento sia dovuta a un desiderio di maggior controllo, o per dare un palcoscenico più nobile a quello che comunque resta un sinodo regionale.
Da molti anni il cardinale Hummes, già Prefetto del Clero, e gran regista dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio, spinge per l’ordinazione di uomini sposati maturi e di solida fede nelle zone e nelle comunità che per distanza e scarsità di sacerdoti vivono con difficoltà la vita sacramentale. Il porporato ha visitato molte delle diocesi della zona amazzonica, per convincere i vescovi a scrivere al Papa, chiedendo che la questione dei viri probati sia presa in esame. Qualche serio problema di salute, di cui soffre da alcuni mesi, gli ha impedito di portare a termine il suo lavoro in poco più di una decina di diocesi. Ma qualche tempo fa, nell’ambiente della Conferenza Episcopale brasiliana, si diceva sicuro che per Natale da Roma sarebbe arrivato il permesso di ordinare “ad experimentum” uomini sposati per sopperire alla carenza di sacerdoti.
Un sito ispanofono nei giorni scorsi ha pubblicato un articolo molto interessante, perché riporta il risultato dei lavori della Plenaria della Congregazione per il Clero di qualche mese fa. Come sapete, Prefetto della Congregazione per il Clero – una delle prime nomine compiute dal Pontefice, sostituendo senza motivazione il cardinale Mauro Piacenza – è Beniamino Stella, diplomatico di carriera, e, secondo alcuni, una delle eminenze grigie del clan pontificio. Scrive il blog “Germinans Germinabit”: “La Congregazione per il Clero ha inviato un riassunto delle questioni dibattute nella riunione-assemblea ordinaria che ha avuto luogo dal 30 di maggio al 1 giugno del 2017. Fra molte altre questioni trattate emerge principalmente il tema dei diaconi permanenti rimasti vedovi che potrebbero essere ammessi al sacerdozio ministeriale, così come la questione dei viri probati, laici sposati che a causa della mancanza di sacerdoti in alcune regioni potrebbero essere ammessi al ministero presbiterale conservando senza dubbio i legami more uxorio con la propria sposa”.
Il sito offriva poi un altro brano del riassunto: “Come complemento ai vari aspetti della formazione già trattati in relazione alla Ratio, desidero sottolineare anche la situazione dei seminaristi ‘tradizionalisti’ che ci creano non poche difficoltà, in primo luogo ai Formatori, e poi, dopo l’ordinazione, ai Vescovi. Un tema che dovrebbe essere oggetto di attento discernimento è quello della ‘rigidezza’ di cui il Santo Padre ci ha parlato questa mattina, della filiazione in un’immagine della Chiesa passata, e anche nelle apparenze e nell’esteriorità, spesso visibile in ambito liturgico; questo non raramente può rivelare personalità narcisiste e vanitose, così come propense a fuggire dalle implicazioni pastorali reali, per rifugiarsi nelle forme di un passato che non hanno vissuto e che non appartiene alla loro vita”.
Questo brano, se autentico come pensiamo, è una fotografia della situazione attuale, e di cui ci sono conferme peraltro in molti luoghi. I responsabili della Chiesa non vogliono vocazioni di persone che non diano garanzie di progressismo, e di non amore per la tradizione della Chiesa; ovviamente si trovano senza vocazioni, o quasi; e cercano di supplire ai vuoti crescenti con altre soluzioni. Che però, come è evidente, non hanno lo stesso valore.
Non a caso qualche giorno fa il Movimento Internazionale dei sacerdoti lavoratori sposati commentava criticamente le dichiarazioni dell’arcivescovo di Miano, mons. Delpini, riportate da “Il Giornale”. “Incoraggiare uomini che si ritengono adatti” a diventare diacono permanente, scriveva l’arcivescovo in una lettera alla Diocesi. E cioè “una persona adulta che ha già definito il suo stato di vita, nel matrimonio o nella scelta di vita celibe, ma nel suo modo di essere sposato o celibe rivela i segni di una vocazione a uno specifico servizio ecclesiale inserendosi nel clero”. “Sono tesi classiche che non risolvono la crisi dei preti nelle parrocchie, che si sta sviluppando a livello mondiale. Il rimedio? Riaccogliere nella Chiesa i preti sposati”, commentava l’associazione.
Come è noto, anche altri vescovi – in Germania, per esempio, e probabilmente in Belgio e Olanda, sono favorevoli all’ipotesi dei viri probati; e certo non favoriscono vocazioni che potrebbero rivelarsi troppo legate alla Tradizione della Chiesa. Resta il dubbio su che cosa deciderà di fare il Pontefice. Secondo il vescovo Krautler, dalla lunga esperienza in Brasile e uno dei fautori dell’ipotesi sponsorizzata da Hummes, il Papa gli avrebbe detto – ma un anno fa – che vorrebbe non decidere da solo su questo tema. Il Sinodo sull’Amazzonia sarebbe allora il luogo ideale per affrontare la questione. Certo il 2019 non è una data vicina. Certo non così vicina come desidererebbe il partito dei viri probati. È ipotizzabile un’accelerazione imprevista, un atto di imperio papale?