Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni d’Avila a cura di Ermes Dovico
il papa

«Sparire perché rimanga Cristo»: l'esordio di Leone XIV

Ieri la prima omelia del Pontefice neoeletto durante la Messa con i cardinali nella Cappella Sistina. Un'omelia cristocentrica e una celebrazione che conferma l'intenzione di pacificare la Chiesa, superando le polarizzazioni.
- Nel nome del Papa: quando Leone XIII salvò gli agostinianidi Stefano Chiappalone
- Habemus Papam, speciale conclave, di Stefano Magni

Ecclesia 10_05_2025
Foto Vatican Media/LaPresse

«Sparire perché rimanga Cristo». Parole d'impatto, fortemente cristocentriche. Le ha pronunciate ieri, tra le altre, Leone XIV che ha celebrato la sua prima messa con i cardinali. Prevost è arrivato in Sistina indossando i paramenti liturgici che confermavano l'intenzione di pacificare la Chiesa, evitando le polarizzazioni del passato e non rinunciando ai simboli dell'ufficio. Il nuovo Pontefice, aveva una ferula che sembra quella regalata a Pio IX nel 1877 dal Circolo San Pietro e ripresa tra il 2008 e il 2009 da Benedetto XVI. Al tempo stesso ha scelto una casula più semplice che pare ricordare lo stile dell'immediato predecessore. 

L'esordio di Leone è stato positivo non solo nelle esteriorità. Ne è una prova lampante il testo dell'omelia. Una dichiarazione d'amore per la Chiesa, «arca di salvezza che naviga attraverso i flutti della storia, faro che illumina le notti del mondo». A renderla tale non è «la magnificenza delle sue strutture o per la grandiosità delle sue costruzioni» che pure c'è e non va rinnegata o nascosta, ma «la santità dei suoi membri, di quel "popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere ammirevoli di lui, che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua luce meravigliosa"». Prevost si è soffermato sulla tiepidità della fede di oggi e sulla storicizzazione della figura di Cristo. Due tendenze pericolose e su cui da tanto non si sentiva predicare.

Leone ha denunciato apertamente i non pochi contesti «in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere» dove è difficile testimoniare e annunciare il Vangelo e «dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito». Per Prevost proprio per questo «sono luoghi in cui urge la missione, perché la mancanza di fede porta spesso con sé drammi quali la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco».

Il nuovo Papa dimostra di aver inquadrato alla perfezione i veri problemi che la Chiesa deve affrontare nel mondo di oggi e che non sono l'ecologia o l'immigrazione. La crisi di fede, rimettere Dio al centro. Ecco le priorità del manifesto programmatico di questo nuovo pontificato. Un Papa missionario per una società divenuta un terreno impervio per la diffusione del Vangelo. Un'omelia che qualcuno ha definito apertamente "ratzingeriana".

Prevost respinge le lusinghe di chi vorrebbe ridurre il cristianesimo ad un ammasso di buoni sentimenti e Cristo in una specie di guru. Lo ha espresso apertamente in un passaggio intenso dell'omelia. «Anche oggi – ha detto – non mancano poi i contesti in cui Gesù, pur apprezzato come uomo, è ridotto solamente a una specie di leader carismatico o di superuomo, e ciò non solo tra i non credenti, ma anche tra molti battezzati, che finiscono così col vivere, a questo livello, in un ateismo di fatto». Ecco che non basta il cristianesimo culturale e nemmeno la pratica religiosa offuscata dall'ignoranza sulle verità di fede.

Un testo da ammirare e su cui riflettere, concluso con un passaggio che parte dalla citazione della Lettera ai Romani di Sant’Ignazio di Antiochia. Ha detto il Papa: «Egli, condotto in catene verso questa città, luogo del suo imminente sacrificio, scriveva ai cristiani che vi si trovavano: "Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo". Si riferiva all’essere divorato dalle belve nel circo – e così avvenne –, ma le sue parole richiamano in senso più generale un impegno irrinunciabile per chiunque nella Chiesa eserciti un ministero di autorità: sparire perché rimanga Cristo, farsi piccolo perché Lui sia conosciuto e glorificato, spendersi fino in fondo perché a nessuno manchi l’opportunità di conoscerlo e amarlo». C'è poco da aggiungere.

Intanto ieri sono arrivate le comunicazioni sugli appuntamenti più importanti. La Messa per l'inizio del Pontificato sarà domenica 18 maggio alle ore 10. Domani la recita del Regina Coeli in piazza San Pietro e dopodomani l'incontro con la stampa mondiale in cui, chissà, Prevost potrebbe spiegare le ragioni della scelta del suo nome pontificale.