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IMMIGRAZIONE

Sotto la bandiera dell'ONU i rimpatri funzionano

Dall'inizio dell'anno l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni ha rimpatriato dalla Libia 12.500 persone, grazie ad accordi con i singoli paesi di origine. Intanto in Italia il blocco dei porti dà i suoi effetti: il flusso di immigrati illegali è crollato. Facendo i conti, in 5 anni, il business dell'accoglienza è costato allo Stato oltre 17 miliardi di euro, l'equivalente di una manovra per finanziare il reddito di cittadinanza e l'abrogazione della Legge Fornero.
-LA LETTERA: SU RIACE POLEMICHE IDEOLOGICHE di Carlo Giovanardi

Attualità 10_10_2018
Il rimpatrio dalla Libia

Sembra ormai archiviato come una bufala il programma tedesco annunciato da alcuni media in base al quale sarebbero stati trasferiti presto in Italia con voli charter 40 mila immigrati illegali sbarcati nella Penisola e poi sconfinati oltre il Brennero. E’ stato lo stesso ministro dell'Interno tedesco, il bavarese Horst Seehofer a smentire tutto: «La notizia data da alcuni media semplicemente non esiste, non è mai stata programmata una cosa del genere», si legge in una nota.

Come ha precisato il sottosegretario agli Interni, Nicola Molteni, senza accordi specifici (che Roma non ha mai firmato) la Germania può rimandare in Italia non più di 50 migranti al mese tra quelli fermati in Germania dopo essere stati registrati in Italia come paese d’accesso alla Ue in base al contestato accordo di Dublino.

in un'intervista al Messaggero, Molteni conferma che sono 40 mila migranti quelli che sono riusciti ad attraversare le frontiere e ad arrivare in Germania dopo essere approdati in Italia, e in base al trattato di Dublino continueranno a rientrare, ma con voli di linea: «Se la Germania vuole ipotizzare un numero superiore a quello previsto, un massimo di 50 migranti al mese, deve firmare un accordo che apra sul fronte della cooperazione nell' accoglienza».
La richiesta deve essere inviata all’Italia entro sei mesi dall' arrivo del migrante in territorio tedesco e ci devono essere le prove che l'Italia fosse il Paese di primo approdo.

Se la politica del governo italiano sembra restare determinata a impedire massicci ingressi di ulteriori clandestini, dalla Libia come dagli altri paesi europei, più complesso è riuscire a stabilire accordi diretti con i paesi di provenienza per provvedere al rimpatrio degli almeno 500 mila immigrati illegali presenti in Italia, il cui costo di permanenza a carico del contribuente italiano è alla lunga ben più elevato dei costi di rimpatrio.
Accordi che invece i singoli Paesi africani sembrano aver trovato con le agenzie delle Nazioni Unite e in particolare con l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) che dall' inizio dell’anno ha rimpatriato dalla Libia 12.544 migranti che salgono a 31.915 persone dall’inizio del 2017.

Si tratta di clandestini provenienti per lo più da Nigeria, Niger, Mali e Guinea, stati africani che faticano invece ad accettare il rimpatrio dei connazionali che sono riusciti a raggiungere illegalmente l’Europa.

La ragione è tutta economica: a differenza di chi è rimasto in Libia, coloro che sono riusciti a raggiungere l’Europa mandano in qualche modo (lecito o meno) a casa denaro. Valuta pregiata che finisce nelle casse degli stati africani che provvedono a cambiarla in valuta locale ai parenti dei migranti. Inoltre negoziare il loro rimpatrio permette ai governi africani di poter negoziare sostanziosi aiuti economici

Tra gli aspetti incontrovertibili dell’attuale trend migratorio due emergono con prepotenza. Innanzitutto i tanti che avevano sempre sostenuto che l’immigrazione è un fatto epocale che può essere governato ma non fermato sono stati smentiti dall’iniziativa del ministro Matteo Salvini che ha di fatto bloccato i flussi dalla Libia chiudendo i porti, cacciando le ong e aiutando le forze navali libiche a presidiare attivamente le proprie acque.
Certo giungono sporadicamente qualche decina di tunisini in Sicilia e di algerini in Sardegna, oppure iracheni e altri asiatici raggiungono la Calabria ionica con grandi imbarcazioni salpate dalla Libia, ma da gennaio sono appena 21 mila i clandestini giunti in Italia e di questi meno di un quarto è sbarcato dopo l’insediamento dell’attuale governo.

Il secondo aspetto riguarda la Guardia Costiera libica che con le sue motovedette (in parte donate da Roma) soccorre e riporta in Libia migranti illegali che vengono accolti e poi rimpatriati dall’OIM.
Al tempo stesso Tripoli coopera strettamente con l’Italia anche nel rintuzzare attacchi e critiche operati dalle Ong e dai tanti fans non disinteressati dell’immigrazionismo selvaggio.

Il portavoce della Marina libica, il contrammiraglio Ayub Amr Ghasem, ha negato nei giorni scorsi che le sue unità navali non rispondano alle chiamate di soccorso come lasciato intendere da alcune ong e associazioni.

«E' stata formata un'unità di crisi congiunta italo-libica e questa é incaricata di ricevere le chiamate di soccorso lanciate dalle imbarcazioni in difficoltà», ha detto Ghasem all'ANSA commentando un affermazione del “Progetto Mediterranea”, che ha accusato i libici di lasciare i migranti in mezzo al mare ma anche di riconsegnarli dopo il soccorso ai trafficanti.

«Queste Ong non sono credibili», ha detto il portavoce della Marina di Tripoli negando anche che trafficanti di esseri umani siano in grado di ricattare, maltrattare e tornare a far salpare i migranti riportati in Libia dalla Guardia costiera libica.

Dopo le polemiche con Roma delle scorse settimane anche Malta sembra ora intervenire nell’area marittima di ricerca e soccorso di sua competenza. Circa 220 migranti sono stati soccorsi dalle forze armate maltesi durante il weekend, in due distinte operazioni di salvataggio.

Se i gruppi di interesse che dal 2013 si sono spartiti solo in Italia oltre 17 miliardi di euro per l’accoglienza di immigrati illegali (per intenderci, una cifra sufficiente a finanziare il reddito di cittadinanza e l’abrogazione della Legge Fornero), sono impegnati a cercare in tutti i modi di far riaprire la rotta libica e i porti italiani, i trafficanti sembrano rispondere alla politica dei “porti chiusi” dell’Italia aumentando i flussi verso Spagna e Grecia.

Da gennaio a settembre sono stati 40.623 i migranti approdati sulle coste spagnole mentre in Grecia sono arrivati dalla Turchia in 35.346.

Tra questi ultimi è più che raddoppiato rispetto all' intero 2017 il numero dei clandestini entrati in Grecia dalla Turchia dopo aver attraversato il fiume Evros (Meric in turco), che separa i due Paesi. Lo hanno reso noto le autorità di Atene che stimano circa 12 mila attraversamenti da gennaio a settembre, in maggioranza di cittadini iracheni, afghani, pachistani e di Paesi africani.

Le autorità della Turchia hanno peraltro rafforzato gli sforzi per fermare i flussi fermando solo nell'ultima settimana 7.303 persone con l'accusa di aver tentato di attraversare le frontiere con la Ue o di entrare nel Paese senza regolari documenti. Tra queste, 575 sono stati intercettati in mare. Lo ha reso noto il ministero dell'Interno turco aggiungendo che nello stesso periodo sono stati anche arrestati 101 sospetti trafficanti.

Ad Ankara non tutti però operano per fermare i flussi migratori illeciti. Il presidente della Mezzaluna turca, Kerem Kinik, che è anche vicepresidente con delega per l'Europa della Federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa ha offerto alla nave Acquarius, che secondo alcune stime negli ultimi anni ha sbarcato in Italia quasi 30 mila clandestini, di battere bandiera turca.

La Aquarius è stata cancellata dai registri navali di Gibilterra mentre Panama, che in un primo momento ne aveva accettato l'iscrizione, ha rifiutato la richiesta della nave, secondo le Ong su pressioni del governo italiano.
"Abbiamo proposto all'Aquarius di continuare le proprie attività di salvataggio battendo bandiera turca", ha riferito Kinik.