Solo la confessione e la domanda di Misericordia liberano dal peccato che inquina i cuori e il mondo
Il peccato che inquina il cuore dell’uomo e il mondo, la Confessione che cu riconcilia con Dio e il Giubileo della Misericordia, un anno straordinario che mette al centro proprio il confessionale, indetto da Papa Francesco. In occasione del Santo Natale il Penitenziere Maggiore, cardinale Mauro Piacenza, ha scritto una bella lettera ai confessori. La Nuova Bussola lo ha intervistato.
In occasione del Santo Natale il Penitenziere Maggiore, cardinale Mauro Piacenza, ha scritto una bella lettera ai confessori (clicca qui). Quest’anno la lettera ha un sapore particolare, visto che da pochi giorni siamo entrati nel Giubileo della Misericordia, un anno straordinario che mette al centro proprio il confessionale.
Eminenza, in occasione del Santo Natale ha scritto una lettera ai confessori anche per ringraziarli del «generoso ministero»che svolgono. Tra l'altro, dal suo scritto emerge che quello della confessione è il luogo privilegiato per la difesa ecologica. Perché salva «dal più letale degli smog». In che modo?
«L’inquinamento, causa ultima di tutti gli inquinamenti è il peccato. È il peccato che de-ordina dal fine, è il peccato che scatena quegli elementi egoistici che, a vasto raggio, determinano i vari tipi di inquinamento dell’ambiente. É il peccato che porta l’uomo a sfidare la natura, a sostituire Dio con l’Io. La società, in genere, quando si parla di inquinamento è portata a pensare immediatamente al surriscaldamento dell’atmosfera, allo scioglimento di ghiacciai, al disboscamento selvaggio e così via. Allora, rispondendo talvolta anche a orientamenti politici, si organizzano incontri, tavole rotonde, programmi di sensibilizzazione dei diversi ambienti. Tutte cose positive e magari anche doverose, sì! Ma poiché non si va al cuore dell’uomo, si tratta di porre dei cerotti anziché di lavorare direttamente sulla malattia e di seguire, conseguentemente, il trattamento terapeutico adeguato. Si è talmente fuori strada che si fanno magari campagne perché talune specie animali rischiano l’estinzione e poi non si batte ciglio sui milioni di bambini abortiti ogni anno, una vera ecatombe, da rabbrividire. E gli esempi si potrebbero moltiplicare. Allora si comprende perché il confessionale diventa il luogo di difesa dell’ecologia integrale e autentica. Lì, a seguito di un onesto esame di coscienza, di un autentico pentimento, di un sincero desiderio di cambiare vita, con la grazia di Dio e la gioia che deriva dal sentirsi riconciliati con Dio e con il prossimo, nasce un uomo rinnovato, pulito, in comunione con tutti, anche con il creato. Allora si guarda con occhi nuovi. Se onestamente rileggiamo i dieci Comandamenti e le otto Beatitudini, allora ci accorgiamo che l’osservanza di essi garantirebbe un mondo migliore nel quale si vivrebbe come un mottetto polifonico. Rendiamoci conto che i doveri che abbiamo nei confronti dell’ambiente sono correlati ai doveri che abbiamo verso la persona considerata in se stessa e in relazione con gli altri. Non si possono esigere gli uni e disattendere gli altri. Questa è una gravissima antinomia della mentalità corrente che avvilisce la persona, sconvolge l’ambiente e danneggia la società. Tutte le nobili questioni legate all’ambiente e alla sua salvaguardia sono intimamente connesse con il tema dello sviluppo umano armonico e integrale. Sono tutti concetti sempre portati avanti dal Magistero autentico e perenne della Chiesa, anche di recente ribaditi dall’Enciclica Laudato sì di Papa Francesco».
Il sacramento della Confessione sembra essere in crisi. Il cardinale Martini, ad esempio, in un itinerario quaresimale segnalava la differenza tra un “pentito giudiziario”, che non purifica il cuore, e il riconoscimento della colpa davanti a “Colui che cambia il cuore”. É il senso del peccato ad essere in crisi?
«Le crisi di questo genere hanno come radice una crisi di fede. Quando diminuisce la fede diminuisce la pratica della Confessione in quanto alla diminuzione di fede fa riscontro consequenziale la diminuzione, fino alla perdita, del senso del peccato. Anche la diminuzione del senso della santità e della maestà di Dio inducono alla diminuzione del senso del peccato. Se ripensiamo a quello che leggiamo sui quotidiani, quello che vediamo in televisione, quello che cogliamo nei discorsi di molta gente, ci rendiamo poi conto che si verifica un dissociamento comportamentale: da una parte c’è un duro rigorismo pubblico in forza del quale ci si scandalizza di tutti e di tutto, anche acriticamente o con toni sbilanciati e cattivi, da un altro lato vige un estremo permissivismo individuale in base al quale si perdona tutto a se stessi. Talvolta si “divinizzano” persone che poi, col tempo, magari cadono miseramente e talvolta si “demonizzano” persone che poi, col tempo, magari si rivelano innocenti perseguitati da livide malevolenze pregiudiziali. Ma dobbiamo ricordare che la legge di Dio è una e indivisibile e va rispettata in tutti i suoi aspetti e le sue rifrazioni. Vale in tutti i campi: quelli dell’economia e della finanza, come quelli dell’informazione e della politica, quelli del comportamento personale, familiare, civico ed ecclesiale. Innanzi alla legge di Dio non ci sono privilegi: nessuno può infangarla impunemente, nemmeno i personaggi più autorevoli per ruolo, neppure i più famosi e i più idolatrati, neppure gli “intoccabili”. Talvolta, poi, si pensa che determinati peccati fossero ritenuti tali in un periodo storico, ma in un altro no, per uno strano concetto di “evoluzione”. Certamente tutto ciò che è secondario può mutare e, talvolta, addirittura deve mutare, ma come dice il Salmo «la Parola di Dio rimane in eterno»; essa è sempre identica a sé e non muta in nulla con il mutare delle instabili leggi umane e con le mode transeunti».
Dunque il nostro tempo ha perso il senso del peccato?
«In parte mi pare di aver risposto ma, soprattutto per l’esperienza che ho come confessore – ed ho sempre confessato molto, come pure continuo a fare con gioia- in un certo senso c’è pure un pungente senso del peccato ma, purtroppo, del peccato degli altri e non del proprio. Non è bello, né tanto meno giusto, battere il petto degli altri anziché il proprio. É uno sport molto praticato, salvo magari frasi manieristiche di mielosa umiltà. Quanta intransigenza per gli altri e quanta indulgenza con se stessi! Bisogna tener vivo il senso del nostro peccato personale. Dobbiamo lasciarci convertire dall’azione dello Spirito Santo e riversare sugli altri quello stesso torrente di misericordia rigenerante che il Signore riversa su di noi al momento in cui il nostro Redentore, per il tramite del Sacerdote Confessore, pronuncia la formula dell’assoluzione sacramentale».
In questi giorni festeggiamo il Santo Natale, l'Avvenimento che ha cambiato le sorti della storia e di ogni uomo. Nell'Anno della Misericordia, in particolare, cosa può significare celebrare il mistero dell'Incarnazione del Figlio di Dio?
«Ma il Natale è, in se stesso, Avvenimento di Misericordia! La Misericordia è la ragione dell’azione creatrice e dell’azione salvifica di Dio. La Misericordia è il senso ultimo dell’universo. Come ricorda sant’Ambrogio, Dio ha plasmato l’uomo come capolavoro finale, come apice della creazione perché in lui ha trovato qualcuno al quale poter perdonare i peccati (cf S.Ambr., Exameron IX,76); è un Dio che dall’eternità ha deciso di donarci il suo Unico Figlio come grande sacramento della divina pietà (cf Timoteo,3,16), perché egli diventasse per noi “sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1 Cor 1,30). Il nostro Dio è “buono e pietoso, lento all’ira e grande nell’amore” (salmo 102,8). Il Natale è capolavoro di Misericordia. Di qui la gioia come tema dominante delle festività natalizie. É la gioia di essere stati raggiunti dalla verità; di essere stati raggiunti dalla grazia; di essere stati redenti e conquistati dalla “gloria dell’Unigenito del Padre”, che è venuto a noi “pieno di grazia e di verità” (cf Gv 1,14). La celebrazione del mistero dell’Incarnazione salvifica nell’Anno della Misericordia ci stimola a una sincera revisione di vita davanti alla grotta di Betlemme nel presepe per gettarci poi, con l’umiltà insegnataci dal Santo Bambino, fra le braccia del Padre delle Misericordie in una confessione rigenerante e varcare poi la Porta Santa, passare al di là di un vecchio modo di agire e poter ricevere il dono dell’Indulgenza plenaria, ovvero anche la remissione di tutti i residui di pena da scontare come purificazione dalle scorie del peccato. Che gioia passare quella Porta, puliti come dopo il Battesimo. Sì “quoniam in aeternum misericordia eius”, perché in eterno è la sua misericordia!».