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il dibattito

Smartphone proibiti ai minori? Rischio deriva da Stato etico

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Una petizione vuole proibire per legge gli smartphone sotto i 14 anni. Una deriva da Stato etico, che entra in campo perché i genitori hanno smesso di educare e resistere al contesto in cui la digitalizzazione è ormai un bombardamento. 

Editoriali 12_09_2024

Sta facendo discutere in questi giorni il vivace dibattito sollevato dal pedagogista Daniele Novara e dallo psicoterapeuta Alberto Pellai di vietare gli smartphone prima dei 14 anni e l’uso dei social network prima del 16. All’appello è seguita una petizione firmata da pedagogisti ed esponenti del mondo dello spettacolo. Hanno già firmato attori del calibro di Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino, Sonia Bergamasco, Paola Cortellesi, Anna Foglietta e molti altri.

Nel testo si chiede al Governo «di impegnarsi per far sì che nessuno dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze possa possedere uno smartphone personale prima dei 14 anni e che non si possa avere un profilo sui social media prima dei 16. Aiutiamo le nuove generazioni». 

Le motivazioni che stanno alla base dell’appello fanno leva su due possibili danni: «Uno diretto, legato alla dipendenza e uno indiretto, perché l’interazione con gli schermi impedisce di vivere nella vita reale le esperienze fondamentali per un corretto allenamento alla vita». Non è chiaro se l’appello voglia portare il governo a scrivere una vera e propria legge e poi il Parlamento ad approvarla, che vieti l’uso degli smartphone – sembra di sì -, in ogni caso è significativo che la proposta sia stata raccolta da un vasto pubblico e stia generando un discreto dibattito.

È sicuramente positivo il fatto che ci si accorga che il telefonino nelle mani dei più piccoli sia uno strumento invasivo che può provocare molti danni, alcuni certificati anche dalle neuroscienze. E questo trova il favore di numerosi genitori che sono alle prese con la concessione del telefono nelle mani dei loro figli. Ma siamo sicuri che vietare per legge sia una misura giusta dal punto di vista educativo?

Su questo ci permettiamo di nutrire qualche dubbio. Vediamo perché.

Oggi l’asticella di ingresso dei minori nel mondo degli smartphone si è notevolmente abbassata. Dai 14-15 anni di appena dieci anni fa, si è già scesi, grosso modo, eccezioni a parte, intorno ai 10-11 anni come soglia di entrata. Si tratta di bambini che frequentano la 3^ o la 4^ elementare, i quali hanno già il loro smartphone personale. Giusto che scatti un allarme sociale, perché, evidentemente, se ci sono dei bambini che possono usare un dispositivo liberamente, è perché ci sono dei genitori che glielo hanno permesso. E qui veniamo alle dolenti note. I genitori.

La gran parte dei genitori consegna il primo cellulare o per “sfinimento”, perché il contesto in cui vive il figlio, gli amici, la squadra di calcio, la compagnia impongono certi standard (del resto, che colpa ne hanno: tutto intorno a loro parla di digitalizzazione, che è ormai una parola sacra) o per entusiastica adesione, perché evidentemente credono che dotarlo di un telefono quando è fuori con gli amici lo renda rintracciabile e al sicuro. Ma si tratta di, in ogni caso, sconfitte educative.

Chi scrive ha attraversato tutte le fasi di gestione del cellulare con i minori e può confermare che l’unica strada è quella di resistere, resistere, resistere. Resistere almeno fino a 14 anni, età della fine delle medie o della Cresima oggi è notevolmente impopolare. Tra i genitori e tra i ragazzi. Prima bisogna affrontare le forche caudine di una insistenza snervante dei propri figli, sottoposti e bombardati dal contesto a chiedere un giorno sì e l’altro pure, il sospirato smartphone. 

Ecco, questo è il momento educativo più difficile, più ingrato, ma l’unico che può portare quella consapevolezza nei ragazzi senza la quale nessun uso può essere al riparo da rischi. E poi, una volta consegnato, c’è una seconda fatica da fare: quella del controllo. Controllare l’attività di un figlio sul cellulare non può essere un’attività da demandare al parental control perché questo o ha maglie troppo larghe o troppo strette e ciò costringe i genitori ad approvare o rifiutare continuamente ogni tipo di download, che poi porta i genitori esasperati a liberare la stalla con tutti i buoi.

Il vero parental control è quello che mamma e papà esercitano sul loro figlio anzitutto guardandolo nel corso della giornata, fermandolo quando si rendono conto che il telefono è diventata un’appendice della mano e vietandogli di girare per casa con lo smartphone sempre in tasca.

Ma anche controllandogli le chat di Whatsapp che non sono coperte da privacy quando il genitore pretende di leggere con chi – e soprattutto come – trascorre il tempo in chat. Tutto questo costa fatica, urla in casa, scontri, tensioni e punizioni (“ti tolgo il cellulare” è l’espressione più usata dei tempi moderni, come un tempo era “ti mando a letto senza cena”), in poche parole: l’educazione costa sudore e non è un pranzo di gala.

Ora, considerate queste dinamiche, è giusto che, visto che i genitori non sono più in grado di esercitare quel controllo educativo, ad essi debba sostituirsi lo Stato che col braccio violento della legge imponga un divieto a tutti, pena ovviamente una ricaduta sui genitori inosservanti? È la strada dello Stato etico, che si sostituisce ai genitori per moralizzare i loro figli. Se non ci si riesce, allora, scatta il proibizionismo per legge. Se un domani dovesse essere approvata una legge siffatta, forse avremo meno genitori nevrotici alle prese tutti i giorni con questa sfida, ma avremo anche dei genitori molto più deresponsabilizzati perché a certe scocciature ci ha già pensato lo Stato.

La strada per un uso consapevole di un device non può mai prescindere dal primato educativo dei genitori. Se questi non sanno educare, bisogna trovare il modo di insegnarglielo. Ad esempio incominciando a dire quando un genitore sbaglia, in modo che si crei attorno a lui quella riprovazione sociale che oggi è assente. Una sfida titanica, lo sappiamo, ma almeno non è la comoda scappattoia di uno Stato etico che si sostituisca a loro.