Siria, per i cristiani un futuro pieno di incognite
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Dopo la caduta di Bashar al-Assad, le minoranze cristiane, profondamente radicate in Siria, vivono ore tra paure di abusi e speranze di pace, dopo un primo incontro positivo con i responsabili di Hayat Tahrir al-Sham. Le testimonianze di padre Michel e padre Danny alla Bussola.
Siria, 9 dicembre. Il giorno dopo la caduta di Bashar al-Assad si prospetta denso di incognite. Mentre scriviamo Israele, Turchia e Stati Uniti stanno conducendo operazioni militari in varie aree del territorio siriano per proteggere i loro interessi nel Paese. L'amministrazione Biden ha comunicato di aver già attaccato più di 75 obiettivi dell'Isis nella Siria centrale per impedire che i gruppi armati «si ricostituiscano e approfittino» della caduta del regime di Assad; la Turchia sta colpendo i curdi, fiancheggiati dagli Stati Uniti, bombardando e occupando territori nel nord della Siria, mentre carri armati israeliani hanno invaso il sud oltrepassando le alture del Golan, sottratte dallo stesso Israele alla Siria nel 1967. Lo Stato ebraico ha inoltre dichiarato che continuerà a lanciare raid contro centri di stoccaggio iraniani e siriani di missili e armi chimiche e contro le infrastrutture del regime appena caduto.
Frattanto i nuovi padroni della Siria stanno liberando a marce forzate migliaia di detenuti dalle carceri di Assad, forse temendo che i citati attori internazionali possano mettere uno stop alla liberazione in massa di prigionieri non solo politici. Abu Mohammed al-Julani, leader di Hayat Tahrir al-Sham, ha descritto la caduta di Assad come un’opportunità per trasformare la Siria in un «faro per la nazione islamica». La dichiarazione non suona rassicurante, in particolare per le minoranze cristiane profondamente radicate nel Paese. Sono cattolici latini, greco-cattolici, greco-ortodossi, cattolici-siriaci, armeni ortodossi e armeni cattolici: comunità millenarie, molte delle quali abitano la Siria dall'inizio della cristianità.
In un'intervista al sito web americano Catholic Vote, Jeff King, presidente dell'International Christian Concern (ICC), ente che monitora le persecuzioni dei cristiani nel mondo, sottolinea la situazione di grave emergenza e la precarietà che i cristiani stanno affrontando in Siria: «I prossimi giorni e le prossime settimane saranno cruciali: capiremo come le fazioni consolideranno il loro potere e se riusciranno a mantenere la stabilità nel Paese. Anche le mosse di America, Israele e Turchia saranno determinanti per il futuro della nuova Siria e il destino delle minoranze cristiane. A mio parere quella dei cristiani in Siria non è una tragedia isolata, ma riflette una tendenza più ampia: colpire e disperdere le comunità cristiane in tutto il Medioriente».
Mar Kirillos, a Damasco, è una chiesa greco-cattolica situata nel quartiere cristiano di Al-Qassaa, adiacente alle mura della città vecchia. Raggiungo telefonicamente padre Michel, ex collaboratore parrocchiale tuttora in contatto con i sacerdoti che attualmente vi prestano servizio. Gli chiedo com'è la situazione a Mar Kirillos: «Al momento non c'è stata nessuna offesa nei nostri confronti, anzi ci sono state fatte rassicurazioni. I rappresentanti delle Chiese cristiane di Damasco si sono incontrati ieri [8 dicembre, ndr] all'hotel Four Season con i responsabili di Hayat Tahrir al-Sham [vedi foto in alto; nella foto in basso, uomini di HTS a colloquio con il vescovo armeno-cattolico di Damasco]: questi ultimi li hanno rassicurati che avrebbero protetto i cristiani da furti, saccheggi e sparatorie, i nostri superiori ci hanno detto che il clima era buono e disteso. D'altro canto, i padri stessi di Mar Kirillos si nascondono in stanze senza finestre per paura dei proiettili vaganti che stanno continuando a piovere incessantemente. Agli spari di giubilo se ne alternano altri, frutto di veri e propri conflitti a fuoco tra fazioni nemiche. Le strade sono piene di ladri che stanno bruciando e rubando ovunque. Prevedo una lunga fase, appena iniziata, di scontri interni, rappresaglie, tensioni, vendette e abusi nei confronti delle minoranze e di coloro che hanno sostenuto il regime precedente, forse più per necessità che per scelta».
Chiedo a padre Michel come si vivesse a Mar Kirillos negli anni che ha trascorso lì. «Non sono stati giorni facili, ma posso affermare che la situazione delle minoranze religiose che non avevano alcun desiderio di partecipare alla vita politica siriana era accettabile. Non eravamo soggetti ad abusi e godevamo di una buona dose di libertà. Il problema sempre ricorrente in Siria era che i sunniti volevano prendere il potere, essendo la maggioranza della popolazione. Si spera che adesso che hanno raggiunto il loro scopo, cacciando l'alawita Bashar al-Assad, rafforzeranno la democrazia, si impegneranno a favore della giustizia e rispetteranno i diritti umani».
Padre Danny, sacerdote salesiano, è nato nel nord-est della Siria, nella zona attualmente sotto occupazione curda, da padre di rito siro-occidentale e da madre greco-ortodossa. Formatosi a Damasco, ha prestato servizio per molti anni in Egitto, poi di nuovo a Damasco dove ha passato gli ultimi sei anni. Al telefono mi dice che in Siria ci sono due comunità salesiane, ad Aleppo e Damasco, e alcune altre presenze «vicino a Homs, nella montagna a nord-ovest, e vicino a Damasco, a Maarat, Saydnaya e Jaramana». Qui i salesiani si occupano, come da carisma di san Giovanni Bosco, di ragazzi e di giovani: dispongono di oratori dove offrono doposcuola, catechismo, ritiri, formazione, sport.
Padre Danny è arrivato in Italia per sei mesi di esperienza monastica proprio il giorno della presa di Aleppo. Incuriosita da questa coincidenza, gli chiedo se a Damasco nei giorni o mesi precedenti avessero avuto sentore dell'imminente attacco. «No, perché pensavamo che i russi e gli iraniani, che stanno facendo quello che vogliono in Siria, ci avrebbero protetto. Ma poi abbiamo scoperto che c'è stato un accordo, che il Paese è stato consegnato agli uomini di Jolani». Replico incredula: mi sta dicendo che gli stessi russi e iraniani hanno consegnato la Siria nelle mani di Hayat Tahrir al-Sham? «Sì, perché è vero che Assad era appoggiato dalla Russia, ma abbiamo scoperto che i russi stessi hanno chiesto ad Assad di lasciare la Siria e andarsene, e di ordinare al Paese di consegnarsi senza combattere. In effetti, era da giorni che c'eravamo accorti che poliziotti e militari si stavano ritirando e abbiamo capito che la Siria era stata consegnata».
Chiedo allora a padre Danny di allontanarsi dall'attualità e di tornare alla Siria del passato: come si viveva fino al 2011, anche in termini di libertà religiosa, e cos'è cambiato dopo l'inizio della guerra civile? «Si viveva molto bene: a livello religioso non abbiamo mai avuto problemi tra cristiani e musulmani, o tra cattolici e ortodossi. A livello sociale c'erano feste ogni sera, ristoranti e negozi sempre pieni, mai sentiti casi di rapimento o violenza. A livello economico, un impiegato medio prendeva circa 500 dollari al mese e per vivere ne spendeva circa 200-250. Oggi lo stipendio medio è 20 dollari al mese e per vivere se ne spendono 250. Prima della guerra civile la maggioranza della gente aveva due case, una per l’inverno e una per l’estate, oggi quasi tutti hanno venduto le loro proprietà e sono in affitto. Prima della guerra c'erano sempre turisti, esportavamo elettricità e petrolio e gas, oggi mancano gasolio, benzina, elettricità. Negli ultimi anni il Paese si è tanto impoverito e la gente era davvero stufa del regime di Assad».
Che futuro vede per le comunità cristiane in Siria? «Al momento gli uomini di al-Jolani si mostrano persone aperte, di dialogo e di riconciliazione... Sembrano aperti a collaborare e questo mi fa ben sperare in un futuro di pace possibile». Onestamente, ci crede davvero, padre? «Dobbiamo credere! La paura ci paralizza, la fede e la speranza ci danno libertà di andare avanti. Ben inteso, non la speranza negli uomini di Hayat Tahrir al-Sham e nemmeno nei nostri vescovi e superiori, ma la speranza in Dio. Visto che siamo in tempo di Avvento, è come privilegiare l'attesa rispetto all'aspettativa. L'aspettativa genera ansia, l'attesa genera pace; l'aspettativa genera delusione, l'attesa sorpresa; l'aspettativa desidera che l'altro cambi, l'attesa espone i suoi desideri ma poi accetta il volere di Dio che tutto salva, anche le ingiustizie della Storia».
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