Siria, Isis in rotta e i vincitori se le danno fra loro
L'Isis, in Siria, è alle corde: braccato a Raqqa dalle forze curde e rivoluzionarie siriane appoggiate dalla Coalizione, quasi battuto a Deir Ezzor per mano di regolari siriani e russi. Ma non c'è tempo per festeggiare: le forze curde stanno stornando truppe verso Deir Ezzor. Si rischia uno scontro fra curdi e regolari, per conto delle grandi potenze: Usa contro Russia.
I combattenti curdo-arabi siriani delle Forze Siriane Democratiche (SDF) sostenuti dagli Stati Uniti avanzano nella provincia di Deir Ezzor a est del fiume Eufrate, non tanto per sconfiggere l’Isis messo in rotta dalle truppe di Assad e dai suoi alleati Hezbollah e russi, quanto per impedire alle forze di Damasco di riprendere il controllo delle regioni orientali siriane.
Da una settimana i governativi siriani hanno raggiunto le guarnigioni assediate da oltre due anni dai miliziani del Califfato a Deir Ezzor liberando l’aeroporto e metà del centro urbano e preparandosi ad attraversare l’Eufrate per completare la liberazione della città. Le SDF sono appoggiate dai bombardamenti della Coalizione internazionale a guida Usa e finora avevano combattuto l’IS nel nord della Siria impegnandosi nell’ardua battaglia per conquistare Raqqa, capitale del Califfato, di cui hanno occupato circa il 60%. Una parte delle forze sono state spostate nella battaglia di Deir Ezzor non tanto per interesse dei curdi siriani (l’area non è abitata dalla loro etnia) ma per soddisfare l'esigenza degli Stati Uniti di impedire alle forze di Assad e ai loro alleati russi e iraniani di riconquistare tutti i territori della Siria orientale in mano allo Stato Islamico sottraendo così a Damasco quanto più possibile territorio in questa provincia ricca di petrolio e gas che si estende fino al confine con l'Iraq.
L'offensiva delle SDF sarebbe stata decisa durante una riunione nella parte meridionale della provincia di al-Hasaka in cui erano presenti "ufficiali dell'esercito americano, comandanti delle SDF e rappresentanti del Consiglio militare di Deir Ezzor" ha riferito un portavoce delle SDF. La Coalizione ha poi ammonito le truppe governative siriane a non oltrepassare il fiume Eufrate, in base agli accordi informali raggiunti nel luglio scorso da Russia e USA ma tradendo così il verso senso di un’operazione che non è rivolta a sgominare l’IS ma a colpirne i veri nemici, cioè iraniani, russi e siriani. Del resto nei giorni scorsi diverse fonti hanno rivelato che proprio le forze speciali USA avrebbero evacuato dall’area di Deir Ezzor una ventina di comandanti dell’IS con e loro famiglie. Evacuazioni ambigue che potrebbero riguardare spie e informatori degli americani ma pure confermare le intese tra Usa e Isis in funzione anti-sciiti che spiegherebbero tanto sulla blanda guerra condotta dagli USA contro i jihadisti in Siria.
Del resto se l’Isis non avesse esteso il suo raggio d’azione in Iraq, invadendone le regioni settentrionali nel 2014, non sarebbe mai stata costituita nessuna Coalizione a guida USA per combatterlo in Siria dove, contribuiva al jihad contro il regime di Bashar Assad sostenuto da arabi e occidentali. Sul piano militare l’operazione delle SDF, già limitate dallo scarso numero di combattenti, voluta dagli USA comporta non pochi rischi. Sottrarre forze alla battaglia di Raqqa per deviarle verso Deir Ezzor è un azzardo e infatti in città le operazioni procedono a rilento anche a causa, come hanno spiegato alcuni combattenti delle SDF, "della necessità di inviare più combattenti possibili al nuovo fronte di Deir Ezzor". Le forze dell’Isis a Raqqa potrebbero quindi approfittarne per condurre contrattacchi se ne hanno ancora la capacità.
Inoltre i curdi stanno esponendosi in modo forse eccessivo operando fuori dall’area in cui possono contare su una base etnica di supporto. Le SDF, depositarie delle istanze curde nel futuro assetto della Siria, rischiano ora di apparire come pure pedine di Washington di cui rappresentano i “boots on the ground”, per ostacolare l’asse siriano-russo-iraniano. Uno scenario che comporta seri rischi.
In prospettiva, una volta sconfitto definitivamente lo Stato Islamico non è certo che gli USA mantengono nell’area una forza sufficiente a proteggere le SDF e i territori sotto il loro controllo. Non sarebbe la prima volta che Washington tradisce le aspirazioni curde dopo averle alimentate. Del resto un’eccessiva estensione dei territori in mano ai curdi siriani vedrebbe convergere gli interessi degli acerrimi nemici Bashar Assad e Recep Tayyp Erdogan, con un’intesa politico militare che potrebbe vedere nella Russia il mediatore ideale, tesa a sconfiggere le forze curde (piuttosto deboli senza il supporto aereo USA) e a riconsegnare alla sovranità di Damasco tutto il nord della Siria a est dell’Eufrate mettendo così in sicurezza i confini turchi. Ankara ha sempre detto di non poter tollerare un’entità territoriale curda guidata dalle Unità di Difesa del Popolo curdo (YPG), gemelle del PKK e considerato un gruppo terroristico. Uno scenario che vedrebbe Washington ai ferri corti anche con i turchi e priva della possibilità di influenzare in modo determinante gli eventi bellici a causa delle poche forze schierate sul terreno.
Gli USA si giocano molta della loro residua credibilità in Medio Oriente puntando a impedire la saldatura tra le diverse forze sciite. La provincia di Deir Ezzor è attraversata dall'autostrada che collega Baghdad a Damasco ed è essenziale per garantire la continuità territoriale della “Mezzaluna scita che si estende dall'Iran, principale alleato di Assad e del premier iracheno Haider al-Abadi, fino a Beirut, ai territori al confine con Israele controllati da Hezbollah e al Mar Mediterraneo.
Una continuità che USA, Israele e le monarchie sunnite del Golfo vogliono scongiurare anche se le forze siriane che il 9 settembre hanno ripreso il controllo del giacimento di al-Taim e delle zone circostanti hanno liberato anche l’ultimo tratto dell’autostrada Baghdad-Damasco ancora controllata dall’IS.