Sinodo tedesco, Bätzing continua la linea delle eresie
Malgrado il cambio alla guida della Conferenza episcopale, si conferma la deriva suicida della Chiesa in Germania. Il neo presidente, monsignor Georg Bätzing, è intenzionato a rilanciare i temi già emersi a febbraio: ordinazione femminile (magari per strappare il diaconato), benedizione delle coppie omosessuali e delle unioni irregolari, intercomunione. Intanto, mons. Schwaderlapp si ritira dal forum sulla sessualità. Il motivo? Il sinodo vorrebbe imporre una «sessualità polivalente».
Pare che il coronavirus provochi seri danni al cervello. E pare anche che fosse in giro già dall’autunno del 2019. In entrambi i casi, si potrebbero spiegare almeno parzialmente i recenti deliri della Chiesa tedesca. Sottolineo “parzialmente”, perché i problemi hanno radici ben più antiche.
Comunque sia, il cambio della guardia alla presidenza della Conferenza episcopale tedesca, dopo le dimissioni del cardinale Marx, conferma in sostanza la deriva suicida della Chiesa in Germania. Anzi, il neo eletto monsignor Georg Bätzing, vescovo di Limburgo, che in qualità di presidente della DBK è anche presidente, insieme al professor Sternberg, del “cammino sinodale”, pare dare nuova vita alle follie già emerse a febbraio (vedi qui).
In un’intervista rilasciata il 29 maggio scorso al periodico Publik-Forum (vedi qui e qui), Bätzing si è detto «molto favorevole di portare a Roma le conoscenze e le decisioni che stiamo raccogliendo nel corso del Cammino sinodale, anche in relazione ai temi donne e ministero». Già, perché nel frattempo a Roma c’è una commissione che, per l’ennesima volta, si deve occupare delle diaconesse. E così i tedeschi vanno a dare manforte, puntando a cento per ottenere cinquanta: puntare al sacerdozio per avere il diaconato.
Una volta si chiamavano eresie, oggi invece si preferisce chiamarle provocazioni, suggestioni, spunti per la riflessione. «Diversi papi hanno sottolineato che la questione dell’ammissione delle donne al sacerdozio è una questione chiusa. Papa Francesco non fa eccezione» spiega il vescovo di Limburgo. Dal che si dovrebbe dedurre che se una questione è chiusa è inutile stare a parlarne in continuazione. Ma non per lui: «Nella Chiesa cattolica esiste un’autorità decisionale, con il collegio dei vescovi “cum Petro e sub Petro”. Ma ciò non significa che non si possa continuare a discutere la questione dell’ordinazione femminile».
Bätzing afferma poi che «la questione è presente, nel bel mezzo della Chiesa», e che «tra il popolo di Dio, gli argomenti per il ‘no’ all’ordinazione femminile spesso non sono più accettati. Per questo sono molto favorevole a trasportare le intuizioni e le decisioni che raccogliamo nel cammino sinodale - anche per quanto riguarda le donne e gli uffici - a Roma, al livello della Chiesa universale». In sintesi, la questione è chiusa: perché non riaprirla?
Se dunque la linea è di rimettere in discussione cose che sono state definitivamente risolte anche nel presente pontificato, figuriamoci per le altre. Per il secondo round del cammino sinodale, il cui inizio è previsto per il prossimo 4 settembre, il presidente della DBK mette sul tavolo anche benedizione delle unioni omosessuali e delle unioni irregolari, intercomunione e sessualità.
Sul primo tema, proprio la Diocesi di Limburgo aveva già aperto la strada (vedi qui). Ma se monsignor Bätzing rassicura che non si sta cercando una soluzione “alla Limburgo”, d’altra parte fa capire che qualcosa, da questo sinodo, bisognerà portare a casa: «Abbiamo parlato con la gente. Non pochi soffrono per il fatto che la loro relazione non riceva il pieno riconoscimento ecclesiale, per esempio perché sono persone civilmente divorziate e risposate o perché vivono in un rapporto di convivenza tra persone dello stesso sesso. Aspettano dei segni».
Sull’intercomunione, il neo presidente della DBK sembra molto sicuro di sé: «Sono co-firmatario della dichiarazione del Gruppo di lavoro ecumenico dei teologi protestanti e cattolici, e ne sono convinto: i cristiani possono decidere, con buoni argomenti e secondo la propria coscienza, di partecipare alla celebrazione dell’Eucaristia - o dell’Ultima Cena - dell’altra confessione. Perché c’è ormai tanta corrispondenza rispetto a ciò in cui crediamo e a ciò che celebriamo». Sarà, però è bene ricordare che “tanta” corrispondenza non equivale a “tutta”. Ed evidentemente la frenata del cardinal Ladaria Ferrer prima e del Papa poi (vedi qui) nell’estate del 2018 non sembravano lasciar intendere che tutti i problemi fossero risolti.
Anche sull’ambito della sessualità ci dev’essere qualche problemino se il vescovo ausiliare di Colonia, monsignor Dominikus Schwaderlapp, lo scorso 28 maggio (vedi qui), ha deciso di non partecipare più al forum sinodale sulla sessualità. È il secondo illustre ritiro, dopo quella della teologa Marianne Schlosser (vedi qui). La ragione? All’interno del sinodo si vuole imporre l’idea di una «sessualità polivalente», facendo spallucce all’insegnamento di tutte le Scritture e di tutta la Tradizione: «Un ulteriore sviluppo non può mai significare la distruzione di ciò che c’è, ma dovrebbe piuttosto costruirci sopra. In particolare, i Santi Papi Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno affermato in modo vincolante che la sessualità, dal punto di vista della creazione, comprende due significati che sono indissolubilmente legati: la trasmissione della vita e la comunicazione dell’amore». Non c’è polivalenza di sorta che possa prescindere da ciò. «Il crescente divario tra l’insegnamento della Chiesa e la vita dei fedeli - ha precisato ancora Schwaderlapp - ci dice anche che l’impegnativa comprensione della sessualità come dono di Dio è stata negli ultimi anni, almeno in Germania, criminalmente trascurata. Questo deve cambiare, e con urgenza».
Anche monsignor Rudolf Voderholzer, vescovo di Ratisbona, ha manifestato il proprio disappunto per quella che egli definisce una «fuga in avanti autoritaria»: «Sono convinto che non si concilia con lo spirito del Cammino sinodale, se i suoi vertici, senza consultazione generale, praticano fughe in avanti autoritarie, mettendo tutti gli altri davanti al fatto compiuto».