Sinodo, Casarini fa il suo show. Ma il Vaticano ne esce male
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Ieri, in conferenza stampa al Sinodo, l’intervento dell’ex leader no global. Una scelta assurda della comunicazione vaticana. Tanto più che Casarini non ha dato prova di pentimento per le condotte del passato, azioni anti-Israele incluse.
«Possono accadere cose pazzesche, come che io sia qui al Sinodo: è pazzesco». Non ha torto Luca Casarini (nella foto, di Vatican News), lo storico ex leader della sinistra antagonista voluto dal Papa come invitato speciale al Sinodo sulla sinodalità. L'uomo che l'Italia ha imparato a conoscere nei giorni drammatici del G8 di Genova del 2001 ha pronunciato queste parole piene di sincero stupore nella sede (temporanea) della Sala Stampa della Santa Sede durante il briefing di ieri sui lavori sinodali. Qualcuno deve aver ritenuto non sufficiente avere in quello che san Paolo VI istituì come Sinodo dei Vescovi la partecipazione (sia pure da non votante) di chi non molto tempo fa disse di un ministro del governo italiano che «se ci sarà una Norimberga per l'Olocausto del Mediterraneo, di sicuro il signor Piantedosi sarà uno di quelli alla sbarra». Di 464 partecipanti, infatti, si è ritenuto opportuno dare a Casarini anche la vetrina del briefing in cui la Commissione per l'Informazione passa alla stampa - col contagocce in nome del «digiuno della parola pubblica» - i resoconti sulla giornata di lavori.
Nell'intervento in Sala Stampa, Casarini ha rivendicato il suo ruolo di capo missione della Mediterranea Saving Humans lodandosi perché «in un mondo in cui si fa la gara a chi uccide più gente, dominato dall'odio, soccorrere un fratello è un dono infinito che cambia la vita ed ha cambiato la mia». Questa nuova attività è costata all'ex leader no global un'indagine per immigrazione clandestina che però ieri ha detto di non comprendere perché per lui «nessun essere umano è clandestino», arrivando a chiosare beffardo: «Ho fatto un reato? Arrestatemi, sono contento di averlo fatto». Non si vuole entrare in questa sede nella questione del fenomeno migratorio, anche perché 28 anni prima dell'autoelogio di Casarini era stato san Giovanni Paolo II a ricordarci che «la Chiesa è il luogo in cui anche gli immigrati illegali sono riconosciuti ed accolti come fratelli», tuttavia restano evidenti le perplessità di dare una tribuna ufficiale come quella di ieri per la rivendicazione di una violazione della legge di uno Stato sovrano come l'Italia. Circostanze che in altri tempi avrebbero potuto portare persino all'apertura di un incidente diplomatico.
Non si può dare la colpa a Casarini di aver fatto Casarini, anche con coerenza. Così come appare sterile rinfacciargli la fedina penale. L'ex leader dell'estrema sinistra ha raccontato del suo incontro con Cristo grazie alla sua esperienza in mare sulla nave della Ong sostenendo di aver imparato a «trasformare rancore e risentimento in pietà». Non è il caso di giudicare un cammino di fede privato, ma quella fatta in pubblico ieri non è stata la testimonianza di un «reale rinnovamento che ha cambiato tutti i suoi parametri» (Benedetto XVI, La "conversione" di San Paolo, udienza generale del 3 settembre 2008) perché non c'è stata traccia di un pentimento o di un capovolgimento di prospettiva sulle condotte del passato, rispetto a cui, anzi, ha rivendicato l'assoluzione penale (Genova e le proteste dei movimenti popolari) e la legittimità morale (reato di immigrazione clandestina).
Ma Casarini è colui che paradossalmente ne esce meglio dal briefing di ieri. La scelta discutibile è della comunicazione vaticana che ha selezionato il partecipante probabilmente più polarizzato per una conferenza in cui si sosteneva che il Sinodo è privo di qualsiasi polarizzazione. Casarini, d'altra parte, è noto all'opinione pubblica per la lunga militanza nell'estrema sinistra e dunque scegliere lui per parlare del Sinodo alla stampa non può che trasmettere un determinato messaggio dell'evento.
C'è, poi, un fattore di opportunità legato all'attualità: a poche ore dagli attacchi terroristici di Hamas e dalla dura presa di posizione dell'Ambasciata d'Israele presso la Santa Sede che ha giudicato «deludente e frustrante» il testo sulla crisi in corso pubblicato dal Patriarcato di Gerusalemme ed ha "punto" (ingiustamente) il Vaticano su Pio XII, era proprio il caso di mettere in mostra l'ex estremista di sinistra che nel 2002, all'indomani dell'inizio dell'operazione Scudo Difensivo lanciata da Israele per reazione ad un attentato suicida di Hamas a Netanya, si precipitò a Ramallah violando con una delegazione di antagonisti il divieto loro imposto dalle autorità israeliane per fare da scudo umano a Yasser Arafat? Risulta, infatti, che Casarini fu poi espulso dallo Stato mediorientale e nel corso degli anni ha mantenuto la sua polemica anti-israeliana, ad esempio unendosi al boicottaggio (ma non alle manifestazioni) della Fiera del Libro di Torino 2008 per la partecipazione di Israele come Ospite d'Onore.
Se Casarini era una carta per sollevare un po' di interesse su un Sinodo che continua ad essere trascurato dall'opinione pubblica, però, non ha funzionato perché la diretta streaming su Vatican News non è andata oltre i 70 spettatori. Il «digiuno della parola pubblica» - a cui anche il disobbediente per antonomasia Casarini ha ammesso candidamente di aver «obbedito» - non aiuta a migliorare l'attrattività del Sinodo ed è tutt'altro che un surrogato la trasmissione giornaliera delle informazioni sulle complesse procedure di svolgimento che rischia piuttosto di comunicare l'immagine di una burocratizzazione dei processi vivi della Chiesa. Il risultato è quello che potremmo chiamare un digiuno dell'opinione pubblica che, a prescindere dalla visione positiva o negativa su questo Sinodo, appare evidente sotto gli occhi di tutti nel momento in cui le dirette streaming dei pochi momenti pubblici attirano al massimo 70 spettatori a fronte di più di un miliardo di cattolici. Una tendenza che l'invito di Casarini in conferenza stampa non sembra aver contribuito a ribaltare.
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