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IL DECRETO

"Sì a cremazione ma è preferibile la sepoltura"

Il documento della Congregazione per la Fede: «La Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo». Ma la sepoltura resta preferibile per una questione di speranza. Condanna della diamantificazione delle ceneri. 

Ecclesia 26_10_2016

I dati statistici sulla pratica della cremazione danno ragione al cardinale Ludwig Muller, prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, che ieri ha presentato alla stampa l'Istruzione “Ad resurgendum cum Christo”, circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione. Infatti, ha detto il porporato, «si può ragionevolmente ritenere che nel prossimo futuro in tanti Paesi la cremazione sarà considerata come la pratica ordinaria».

Le stime indicano che al 2050 circa il 30% dei defunti italiani sarà cremato; ora siamo intorno al 20% (circa 125.000 cremazioni nel 2015, che erano appena 3.000 nel 1987), con Lombardia, Piemonte e Emilia-Romagna in testa alla classifica delle regioni in cui la pratica è più sviluppata. La Svizzera, al top delle nazioni europee in quanto a cremazione, ha una percentuale di defunti cremati dell'87%, Danimarca e Svezia dell'80%, Inghilterra 70%, Germania circa il 55%. Negli Usa siamo intorno al 50%. La diffusione della pratica ha portato con sé altre consuetudini, come la conservazione delle ceneri in ambienti domestici, la loro conservazione in ricordi commemorativi o la loro dispersione in natura.

Questo quadro non poteva non interrogare la Chiesa di Cristo, Colui che è risorto dai morti con quello stesso corpo, ora glorificato, con cui era inchiodato sulla croce. L'istruzione presentata ieri, infatti, ribadisce che «seguendo l’antichissima tradizione cristiana, la Chiesa raccomanda insistentemente che i corpi dei defunti vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro. Nel ricordo della morte, sepoltura e risurrezione del Signore, mistero alla luce del quale si manifesta il senso cristiano della morte, l’inumazione è innanzitutto la forma più idonea per esprimere la fede e la speranza nella risurrezione corporale».

La Chiesa non impedisce la cremazione - «a meno che questa non sia stata scelta per ragioni contrarie alla dottrina cristiana» - tuttavia chiarisce in modo netto che «per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti (cfr la "moda" della diamantificazione delle ceneri), tenendo presente che per tali modi di procedere non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione».

Quindi, pur continuando a preferire la sepoltura dei cadaveri, «la Chiesa non scorge ragioni dottrinali per impedire tale prassi, poiché la cremazione del cadavere non tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo e quindi non contiene l’oggettiva negazione della dottrina cristiana sull’immortalità dell’anima e la risurrezione dei corpi». Ma non è sempre stato così. Per molto tempo la Chiesa si è opposta alla cremazione e bisogna risalire al 1963 per trovare il primo documento (“De cadaverum crematione: Piam et constantem”) in cui vi è una certa legittimazione della cremazione, questo cambiamento è stato poi recepito nel Codice di Diritto Canonico (1983) e anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica (1997).

Ma, dicevamo, non sempre è stato così. La condanna della cremazione riguardava soprattutto una preoccupazione, che emerge anche dal documento presentato ieri: la necessità di conservare una certa riverenza per il corpo, in quanto parte essenziale della natura umana, indelebilmente legato all'anima santificata dalla grazia e dalla vita divina. Il corpo inumato è seme di risurrezione.

La Chiesa, si legge nel nuovo documento, «non può permettere, quindi, atteggiamenti e riti che coinvolgono concezioni errate della morte, ritenuta sia come l’annullamento definitivo della persona, sia come il momento della sua fusione con la Madre natura o con l’universo, sia come una tappa nel processo della re–incarnazione, sia come la liberazione definitiva della “prigione” del corpo. Inoltre, la sepoltura nei cimiteri o in altri luoghi sacri risponde adeguatamente alla pietà e al rispetto dovuti ai corpi dei fedeli defunti, che mediante il Battesimo sono diventati tempio dello Spirito Santo (...)».

Quello che è in ballo è il senso cristiano della morte, che a leggere certe statistiche vien da chiedersi dove sia finito. La questione della morte, per quanto il mondo attuale tenti di marginalizzarla o spettacolarizzarla, è la svolta fondamentale per l'uomo di ogni tempo. Da sempre (e per sempre) l'uomo tenta di sporgersi oltre il baratro, sente un desiderio insopprimibile di andare oltre. In fondo è una questione di speranza. Si potrebbe dire che lo sguardo che si pone sulla morte misura il grado di speranza che anima un uomo e una civiltà.

A questo proposito può essere utile ricordare una catechesi che papa Benedetto XVI tenne nel novembre 2011. «Solamente», disse, «chi può riconoscere una grande speranza nella morte, può anche vivere una vita a partire dalla speranza». In qualsiasi modo si disumanizza la morte significa disumanizzare la vita, disincarnarla e così renderla meno vivibile.