Senza prescrizione siamo tutti colpevoli a prescindere
Lo stop alla prescrizione che metà governo vuole è proprio dei regimi totalitari per i quali tu non sei innocente fino a prova contraria, ma colpevole fino a prova contraria. Siamo tutti potenzialmente colpevoli, imputati a tempo indeterminato e ostaggi perenni della giustiza.
Parliamo di prescrizione. Se l’istituto della prescrizione venisse riformato, dal primo gennaio 2020 il decorso dei tempi di prescrizione verrebbe bloccato dopo la sentenza di primo grado, sentenza sia di condanna che di assoluzione. Ma nella maggioranza ci sono molti mal di pancia a riguardo e quindi è possibile che la disciplina normativa sarà differente da quella che abbiamo qui appena indicato.
Un nota bene. Il tema è controverso e assai complesso. In questa sede quindi non possiamo dare conto di tutte le tesi sia a favore che contro la riforma. Ci limiteremo quindi a tracciare qualche spunto di riflessione evitando toni assertivi proprio perché materia assai opinabile.
Ordinariamente si indica la prescrizione del reato come manifestazione della rinuncia dello Stato a far valere la propria pretesa punitiva a motivo del tempo trascorso dall’azione qualificata come illecito. In genere si indicano come motivi legittimi per non perseguire più un autore di un reato i seguenti:
Il risparmio di risorse economiche della macchina giudiziaria. Il motivo ha i piedi di argilla: non bisogna andare a risparmio nel perseguire i reati, ovviamente nel rispetto dell’esigenza di usare al meglio le risorse economiche della giustizia.
In secondo luogo si fa riferimento al fatto che condotte illecite compiute molto tempo addietro sarebbero sostanzialmente condonate dal percepito collettivo. A noi pare invece che il popolino veda di buon occhio il fatto di mettere dietro le sbarre il trafficante di droga e il sequestratore, anche se ciò avvenisse dopo molti anni da quando è avvenuto il fatto. Meglio tardi che mai, si potrebbe dire. Inoltre, anche se il percepito collettivo fosse così indulgente, le esigenze della giustizia non hanno impresso la data di scadenza sul fondo.
Altra motivazione a favore della prescrizione è quella che fa riferimento alla funzione rieducativa della pena: punire una persona a distanza di molto tempo da quando ha compiuto l’illecito sarebbe inutile. E chi lo dice? Il reo potrebbe essersi anche emendato, ma non è certo, senza poi contare che occorrerebbe soddisfare anche le altre due funzioni della pena, quella retributiva e quella dissuasiva.
Un altro motivo indicato, che a parer nostro è quello più solido, che legittima la prescrizione è da individuarsi nel diritto di ogni cittadino a potersi difendere. Essere chiamati in causa a distanza di molti anni dai fatti contestati può non permettere all’imputato di esercitare una efficace difesa: dove ero in quel giorno? Cosa facevo? I documenti che potrebbero scagionarmi potrebbero essere andati perduti. I testimoni a mio favore potrebbero essere morti o non ricordare più in modo affidabile. Questo motivo, che quindi interpreta la prescrizione come mezzo di tutela dei cittadini, produce poi un effetto assai positivo: è di stimolo alla macchina della giustizia affinchè i processi siano celebrati in fretta e altrettanto rapidamente si chiudano. Ciò detto la gravità di alcuni reati che meritano l’ergastolo devono escludere qualsiasi termine prescrittivo. La difficoltà nell’esercitare la propria difesa, difficolta nata per le ragioni prima indicate, viene giustificata dalla gravità dell’illecito a motivo del quale si è chiamati in giudizio.
Va da sé poi che un mezzo buono come quello della prescrizione possa essere usato per fini iniqui. Ad esempio l’avvocato difensore di un imputato che egli sa essere colpevole ha tutto l’interesse di dilazionare i tempi processuali per arrivare a prescrizione tramite impugnazioni meramente strumentali.
Detto tutto ciò però c’è chi giustamente articola alcuni distinguo interessanti. Il procuratore aggiunto di Catania Ignazio Fonzo, che si occupa di lotta al crimine organizzato, ha rilasciato un'intervista all’agenzia di stampa Adnkronos in cui afferma che qualora l’iter processuale sia iniziato e si arrivi in primo grado all’assoluzione, il blocco della prescrizione sarebbe irragionevole. Questo perché, aggiungiamo noi, la prescrizione marcia nella stessa direzione della presunta innocenza dell’imputato. Insomma la prescrizione è conforme al principio del favor rei a cui si ispira il nostro ordinamento giuridico: innocente fino a prova contraria. Di contro, aggiunge Fonzo, se l’imputato venisse condannato in primo grado, la prescrizione andrebbe contro il senso di questa sentenza.
In breve potrebbe essere uno strumento utile al condannato, seppur non in via definitiva, per farla franca. Detto ciò rimane però in piedi, dal nostro punto di vista, la riserva prima indicata: se il processo dopo il primo grado proseguisse e i tempi diventassero biblici, gli anni trascorsi dal fatto considerato delittuoso smusserebbero le armi della difesa, anche nel caso in cui l’imputato fosse realmente colpevole ma il quantum della pena prevista dal primo grado fosse ingiusta. In altri termini, non avendo esperito tutti i gradi di giudizio non potremmo dire di avere la certezza processuale che Tizio sia colpevole o, se colpevole, che quella pena sia realmente giusta. Ne consegue che fino alla Cassazione a Tizio deve essere permessa una difesa la più efficace possibile. Tempi troppo lunghi, per i motivi prima esposti, potrebbero minare questo diritto costituzionalmente garantito.
Contro la riforma proposta dal governo, l’Unione delle Camere Penali ha lanciato l’iniziativa Maratona oratoria per la verità sulla prescrizione: dal 2 al 7 dicembre moltissimi avvocati penalisti hanno preso la parola e la prenderanno, dalle 9 alle 22.00 di ogni giorno in piazza Cavour a Roma, «per raccontare all’opinione pubblica la verità sulle cause della durata irragionevole dei processi e su come diventeremo tutti ostaggi a vita dello Stato con l’abolizione della prescrizione», come si legge sul sito dell’Unione.
Tra i molti interventi citiamo quello di Roberto Alabiso, presidente della Camera penale di Viterbo, che ha ricordato che le lungaggini dei processi non dipendono tanto dalle astuzie dilatorie degli avvocati (sarà!), ma soprattutto dalla disorganizzazione degli uffici giudiziari. Inoltre Alabisio pone in evidenza alcune ripercussioni gravi dei futuri processi che si protrarranno sine die: «Essere sotto processo significa l’iscrizione a carico pendente». Ciò vuol dire che, finchè il processo non si sarà concluso, tu industriale, tu imprenditore, tu commerciante, ad esempio, non potrai partecipare alle gare di appalto, non potrai rinnovare il passaporto a meno che il giudice non acconsenta.
Detto tutto ciò chiudiamo con una considerazione che potrebbe articolare un filosofo politico. Perché il Movimento 5 Stelle vuole ridurre ai minimi termini l’istituto della prescrizione? Da un lato perché asseconda la pancia dei suoi elettori che vedono tutti gli imputati come colpevoli ben prima del giudizio definitivo. Il solo sospetto è già una condanna. Se sono tutti colpevoli, così si argomenta, la prescrizione potrebbe essere la lima consegnata al reo per segare le sbarre della prigione e così non scontare la pena. In breve si asseconda un sentimento forcaiolo assai istintivo nel popolino.
In secondo luogo la prescrizione in formato bonsai è proprio dei regimi totalitari per i quali tu non sei innocente fino a prova contraria, bensì sei colpevole fino a prova contraria. In breve siamo tutti potenzialmente colpevoli e quindi è corretto, secondo questa impostazione di carattere persecutorio, essere considerati come imputati a tempo indeterminato e dunque condannarci, ben prima della pena in carcere, alla pena processuale, ossia a trascinarci per sempre da udienza ad udienza. Ciò anche al fine, forse, di piegarci e farci confessare colpe mai commesse, piuttosto che patire un accanimento processuale vitalizio.
Si tranquillizzi poi chi vede nella prescrizione un nemico della giustizia, perché molti malviventi sono sfuggiti e sfuggiranno alla sua spada a causa del decorso dei termini. La giustizia umana è imperfetta ed è quindi in equilibrio tra le esigenze retributive della pena e quella dei poveri tapini che si devono difendere al meglio. Ma la giustizia divina è perfetta e nessuna nostra colpa ai suoi occhi andrà mai in prescrizione. Se qui sulla terra alcuni o molti furbetti potranno schivare la residenza coatta nelle patrie galere grazie alla prescrizione, nell’aldilà, state pur certi, questo non avverrà.