Se in nome dell'unità si fa regnare colui che divide
Ai nemici del Vangelo piace distorcere la parola di Dio per farle dire l’esatto opposto di ciò che dice. L’obiettivo è la totale separazione e autonomia reciproca di fede e politica, vero dogma modernista. I cattolici, invece, hanno un altro dogma, esattamente contrario a quello modernista: la regalità (anche) sociale di Cristo.
Ai nemici del Vangelo piace distorcere la parola di Dio per farle dire l’esatto opposto di ciò che dice. Del resto, sono i discepoli di colui che ingannò i progenitori distorcendo le parole di Dio (Gn 3, 1); di colui che osò utilizzare la parole di Dio per tentare Suo Figlio (Lc 4, 3-9). Da diverso tempo va di moda questo brano: «Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà» (Mt 6, 5-6).
Questo brano deve, ovviamente, essere letto insieme a Mt 5, 13-16 (il sale della terra, la luce del mondo); ricordiamo, infatti che non c’è alcuna contraddizione nel Vangelo, né è possibile. Leggendo insieme i due brani si capisce benissimo che Gesù ci sta invitando a non essere ipocriti: a non assumere atteggiamenti religiosi solo per farsi vedere dagli altri, senza fede. La lettura moderna di questo brano, invece, è un invito aperto ad abbandonare la piazza e ad assumere atteggiamenti religiosi solo «nel segreto della tua camera»; altrimenti – lo dice il Vangelo – sei un ipocrita. Si usa il Vangelo per ridurre i cattolici al silenzio e all’irrilevanza pubblica. Diabolico, appunto. Il bello è che molti ci cascano.
L’obiettivo è la totale separazione e autonomia reciproca di fede e politica, dogma modernista condannato da quel gigante di Leone XIII nell’enciclica Immortale Dei (1885). I cattolici, invece, hanno un altro dogma, esattamente contrario a quello modernista: la regalità (anche) sociale di Cristo, definita nell’enciclica Quas primas, promulgata da Pio XI. La regalità di Cristo deriva direttamente dalle Sue parole: «Mi è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28, 18-20).
La cacciata della religione nel segreto della propria camera non riguarda solo la politica. Riguarda, tanto per fare un esempio che mi riguarda direttamente, anche la nostra professione; la psicologia, nel mio caso. Uno psicologo, per la mentalità corrente, può anche essere credente; ma deve assolutamente esserlo esclusivamente nel proprio privato. La sua pratica professionale e il suo pensiero devono essere assolutamente liberi da ogni minima traccia di religione (soprattutto quella più aborrita dal mondo moderno, il cattolicesimo). Da questa constatazione è partito il mio lavoro, ormai pluridecennale: non «costruire ponti» tra il cattolicesimo e psicologie fondate su presupposti antropologici anti-cattolici; bensì restituire a Cristo lo scettro del comando della psicologia. Non si tratta di lavorare per la Chiesa, ma per l’intero mondo, per l’intera terra; perché essi sono già di Cristo.
Non è, tuttavia, una questione solamente dogmatica. Come spiega bene il nostro Stefano Fontana (https://www.youtube.com/watch?v=wA993zunj44), la dottrina della partecipazione di san Tommaso stabilisce che è Dio a dare l’esistenza alle varie essenze (compresa la società e i vari corpi dei quali essa si compone), donando loro l’essere, cioè Se stesso. Dio è, infatti, l’Essere (Es 3, 14; Gv 8, 58). Se davvero si realizzasse il desiderio dei modernisti, la completa separazione di Dio dalla società, la società smetterebbe di esistere.
Questo è esattamente il terreno di scontro attuale tra il Logos e il mondo: la separazione tra la Chiesa e il mondo.
Questo è il motivo per cui Giovanni Paolo II, nella sua enciclica dedicata alla difesa della vita (Evangelium vitae), ha allargato l’orizzonte allo scontro tra bene e male: «[...] ci troviamo di fronte ad uno scontro immane e drammatico tra il male e il bene, la morte e la vita, la “cultura della morte” e la “cultura della vita”. Ci troviamo non solo “di fronte”, ma necessariamente “in mezzo” a tale conflitto: tutti siamo coinvolti e partecipi, con l'ineludibile responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita» (§ 28). Che c’entra – si obietterà – una questione politica come l’aborto con lo scontro tra bene e male? C’entra, perché non si tratta «solo» dell’aborto: si tratta dello scontro eterno tra il Logos e i suoi nemici.
È questo (probabilmente) il motivo per cui monsignor Viganò, nella sua lettera del 4 novembre scorso, ha usato toni apolcalittici per parlare delle elezioni statunitensi: «Da mesi, in verità, assistiamo ad un continuo stillicidio di notizie sfalsate, di informazioni manipolate o censurate, di crimini taciuti o nascosti dinanzi a prove eclatanti e a testimonianze inoppugnabili. Abbiamo visto il deep state organizzarsi, con largo anticipo, per portare a termine la più colossale frode elettorale, per fare in modo che venisse sconfitto colui che negli Stati Uniti d’America si oppone strenuamente all’instaurazione del Nuovo Ordine Mondiale voluto dai figli delle tenebre. In questa battaglia voi non avete rinunciato, com’è vostro sacro dovere, a dare il vostro contributo schierandovi dalla parte del Bene. Altri, schiavi dei vizi o accecati dall’odio infernale contro Nostro Signore, si sono schierati dalla parte del Male. Non pensate che i figli delle tenebre agiscano con onestà, e non scandalizzatevi se operano con l’inganno. Credete forse che i seguaci di Satana siano onesti, sinceri e leali? Il Signore ci ha messi in guardia contro il diavolo: «Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna» (Gv 8, 44)» (https://www.marcotosatti.com/2020/11/05/appello-di-mons-vigano-agli-americani-cattolici-e-non/). Che c’entra Nostro Signore con le elezioni statunitensi? Non è questa una plateale ingerenza della Chiesa nella politica? Certo che lo è: è l’affermazione della regalità sociale e politica di Cristo.
Ora: un’ultima riflessione.
Diavolo deriva dal greco diàbolos, colui che divide. Detto questo, potremmo rimboccarci le maniche e metterci a unire: costruire ponti, abbattere muri [https://www.lanuovabq.it/it/il-vangelo-non-ammette-neutralita]. Poi, guarda un pò, si scopre che anche Gesù divide. «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa» (Mt 10, 34-36). Dove sta, dunque, la differenza?
La differenza è questa: mentre Cristo separa i Suoi dai figli delle tenebre, il diavolo vuole separare i discepoli di Cristo dal mondo, perché crede sia suo. È o non è il principe di questo mondo? Il principe, appunto: il primo tra pari. Non il Re.