DIRITTI UMANI
Scoperta Onu: i ribelli cattivi come Gheddafi
Lo afferma il rapporto stilato dalla speciale Commissione internazionale d’inchiesta presentato il 2 giugno al Consiglio dei diritti umani dell'Onu.
Attualità
03_06_2011
In Libia l’esercito governativo di Muhammar Gheddafi compie crimini contro l’umanità mentre le forze ribelli che a Bengasi hanno istituito il Consiglio nazionale transitorio si macchiano di crimini di guerra.
Questa raffinata differenza da intenditori è la conclusione cui perviene il rapporto della speciale Commissione internazionale d’inchiesta istituita in febbraio per il Paese maghrebino, presentato il 2 giugno al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite che quella Commissione ha creato. Composta da tre esperti plurititolati - l’egiziano Cherif Bassiouni, la giordana Asma Khader e il canadese Philippe Kirsch -, la Commissione ha operato sul campo conducendo centinaia d’interviste dirette e raccogliendo una gran mole di materiale fotografico e video allo scopo di verificare ed eventualmente documentare in modo indipendente le numerose denunce di violenze, violazioni della dignità della persona, infrazioni del diritto internazionale e crimini di guerra giunte in sede internazionale sin dall’inizio del conflitto.
Numerose le aree di indagine criminale evocate dalle denunce: dalle angherie sulla popolazione civile alle esecuzioni capitali extragiudiziarie, dallo stupro all’impiego militare dei bambini, dall’uso di armi vietate dalle convenzioni internazionali alla tortura, dalla repressione violenta delle manifestazioni pubbliche al diniego della libertà di stampa. Ebbene, a conti fatti, il rapporto trova equamente colpevoli sia il regime di Tripoli sia i ribelli di Bengasi di mancanze definite «gravi» e li accusa di crimini di guerra, con l’aggravante per i primi di avere commesso pure crimini contro l’umanità.
La differenza tra crimini contro l’umanità e crimini di guerra è del resto più concettuale che reale (i secondi comprendono certamente i primi, con semmai l’aggiunta della violazione dei trattati internazionali sulle regole di conduzione della guerra), e l’istituzione anche giuridica delle seconda locuzione serve soprattutto a impedire che lo stato di belligeranza “assolva” atti che in tempo di pace - sempre - sono stigmatizzati come palesemente criminali.
Nelle 93 pagine del rapporto Onu si legge: «Violando gli obblighi stabiliti sia dalla legge internazionale sui diritti umani sia dal diritto internazionale umanitario, tanto il governo quanto le forze di opposizione si sono rese responsabili di torture così come di altre forme di trattamento crudele, disumano e degradante».
I ribelli hanno inoltre riservato maltrattamenti particolari, comprese violenze fisiche, ai «lavoratori migranti, specialmente quelli provenienti dall’Africa subsahariana», sospettando che potessero essere effettivi mercenari al soldo di Tripoli. Idem è accaduto a detenuti nelle carceri. «In base allo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale», conclude il rapporto, «le violazioni di questo tipo che si verificano durante un conflitto armato costituiscono crimini di guerra. Saranno del resto necessarie indagini ulteriori per stabilire la veridicità delle accuse sia di stupro sia d’impiego militare di bambini minori di 15 anni».
Insomma, a norma di legge internazionale sui diritti umani quanto stabilisce il rapporto d’inchiesta Onu è che sia le forze di Gheddafi sia quelle ribelli hanno compiuto i propri crimini entrambe nel momento in cui hanno avuto la possibilità materiale di farlo: Gheddafi anche prima della guerra, cioè pure quando faceva parte - fino al 1° marzo - dello stesso Consiglio Onu per i diritti umani che ha istituito la speciale Commisione produttrice del rapporto, e invece i ribelli solo durante il conflitto. Ossia da quando hanno potuto disporre di un territorio su cui esercitare “sovranità”. In pratica da che esistono.
Il rapporto della Commissione internazionale d’inchiesta verrà discusso in sede Onu lunedì 6 giugno. Cosa sarà dopo della guerra, proprio adesso che la Nato ha deciso di allungare di 90 giorni la propria “premura umanitaria”?