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L’ANNIVERSARIO

Schütz, un campione di musica sacra

Il 6 novembre di 350 anni fa moriva Heinrich Schütz, il più importante compositore tedesco prima di Bach. Tra le sue opere, pervase di gusto italiano, spiccano quelle di musica sacra, compreso un Requiem tra i più toccanti di tutti i tempi.

Cultura 05_11_2022

Trecentocinquanta anni fa, il 6 novembre 1672, moriva a Dresda, nella Germania orientale, il più importante compositore tedesco prima di Johann Sebastian Bach († 1750): Heinrich Schütz. «Attraverso gli esempi offerti dalle sue composizioni e il suo insegnamento, Schütz ebbe un ruolo fondamentale per lo stabilirsi di quella tradizione di alto artigianato unito a una solida profondità intellettuale che sarà poi il segno della musica tedesca per due secoli e mezzo dopo la sua morte» (J. Rifkin, Heinrich Schütz in The New Grove Dictionary of Music and Musicians, vol. 17, Londra 1980, p. 6).

Il padre della musica tedesca, e non soltanto quella Protestante, era nato 87 anni prima, l'8 ottobre 1585, a Köstritz, nella Germania centro-orientale. Dopo la prima formazione nella sua terra, tra il 1609 e il 1612 studia a Venezia con Giovanni Gabrieli († 1612). «Diventato quasi cittadino di Venezia dove era chiamato Sagittarius, lasciò scritte le parole seguenti, le quali dimostrano, seicentisticamente anzi che no, quale e quanto fosse il valore artistico di G. Gabrieli: “Passai i primi anni del mio tirocinio musicale presso il grande Giovanni Gabrieli. O dei immortali! che uomo fu il Gabrieli! Se l’antichità, così ricca di espressioni, l’avesse conosciuto, l’avrebbe posto al di sopra degli Anfioni, e se le muse bramassero l’imeneo, Melpomene non avrebbe al certo voluto un altro sposo fuori di lui, tanto grande egli è nell’arte del canto!”» (G. Roberti, La musica italiana a Lipsia, Firenze 1877, p. 36).

Grazie all’esperienza veneziana, le composizioni di Schütz saranno pervase di gusto italiano. Si dedicò alle Passioni, le narrazioni evangeliche circa il martirio e la morte di Gesù poste in musica che, dal secolo XVII in poi, in Germania si svilupparono in risposta all'oratorio. Dal 1617 fino alla morte Schütz fu Kapellmeister (ossia responsabile dei servizi musicali, sia religiosi sia civili) alla corte di Dresda. È un compositore rigoroso, che tuttavia non disdegna la sperimentazione eclettica (raccogliendo la pratica luterana, l’estrema polifonia fiamminga e l’insegnamento italiano), fatta sempre con eleganza e profondità. La sua vasta produzione include musica sacra sia cantata sia strumentale; meritano rilievo Le sette parole di Cristo in croce, i tre libri di Simphoniæ Sacræ, molti Salmi e Concerti Spirituali.

Singolarissima è la partitura intitolata Musicalische Exequienmit 6, 8 und mehr Stimmen zu gebrauchen, Esequie musicali per sei, otto o più voci miste accompagnate dal basso continuo (forma di accompagnamento improvvisato propria dei secoli XVII e XVIII). È il primo Requiem tedesco e fu scritto da Sagittarius nel 1636 per il funerale del suo nobile amico, il conte Hans Heinrich von Reuss. Alla morte del conte, i suoi parenti chiesero a Schütz di mettere in musica i 13 versetti biblici e gli 8 canti sacri incisi attorno al sarcofago funerario che il conte si era fatto costruire. Non fu facile per il compositore combinare elementi così diversi per stile e contenuto; ciononostante ne nacque una complessa partitura, divisa in tre parti, da eseguirsi durante tre diversi momenti del servizio funebre.

Nella prima parte, la più ampia, in forma di grande Concerto spirituale, per soli e coro, troviamo anche il Kyrie, tipico della Messa breve luterana. Più semplici sono la seconda e la terza parte, che includono un bel mottetto per doppio coro, con alternanza di voci soliste, su due versetti (25-26) del Salmo 73 e il Cantico di Simeone (Lc 2,29-32), per coro a 5 voci, a cui si aggiungono pochi versetti tratti dai libri dell’Apocalisse e della Sapienza: «Chi altri avrò per me in cielo? / Fuori di te nulla bramo sulla terra. / Vengono meno la mia carne e il mio cuore; / ma la roccia del mio cuore è Dio, è Dio la mia sorte per sempre». «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo / vada in pace secondo la tua parola; / perché i miei occhi han visto la tua salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli, / luce per illuminare le genti / e gloria del tuo popolo Israele».

Possa questa composizione, senza dubbio una delle più toccanti del Seicento, o forse di tutti i tempi, nell’esprimere il dolore per la perdita di persone care, avvalorare il clima spirituale del mese di novembre, che la pietà cristiana dedica al ricordo dei fedeli defunti.